Prince dal vivo a Montreux: sogno di una notte d'estate
di: Jacopo Meille; Fonte: Il Popolo Del Blues
In esclusiva per Musical News il resoconto dell'unica data a sorpresa nell'Europa Continentale dell'alchimista sonoro di Minnneapolis a firma di Ernesto de Pascale. In esclusiva per Musical News il resoconto dell'unica data a sorpresa nell'Europa Continentale dell'alchimista sonoro di Minnneapolis a firma di Ernesto de Pascale.
Ciliegina sulla torta della 41esima edizione del Montreux Jazz Festival, Prince e la sua band hanno fatto le cose in grande per questa esibizione a sorpresa annunciata dal patron del festival Claude Nobs con grande soddisfazione, solo 7 giorni prima, e subito esaurita. In un lunghissimo set dai toni spesso stravaganti e inusuali il mago di Minneapolis ha offerto un saggio del suo personale gusto armonico e del suo senso del jazz in una prima ora che è spaziata da citazioni colte come ‘Night In Tunisia’ a richiami più “black” come "The World Is a Ghetto" dei War, attraverso una versione elettrojazz della Ellingtoniana ‘It Don’t Mean A Thing’ fino al tradizionale ‘Down By The Riverside’ tramutatosi dopo poche battute in un torrido jazz rock che il chitarrista/cantante nero ha eseguito con hendrixiana scompostezza.
Per i 6500 presenti la serata aveva del magico, e così si è andati avanti per molte ore. I primi 45 minuti, tutti solo strumentali, difficilmente torneranno nelle scalette del nostro, si vociferava intorno al banco di regia. È stato quando "Maestà Prince" (come lo hanno incoronato i giornali locali ) si è avvicinato al microfono per interpretare ‘Satisfied’, il bellissimo blues dal suo - ad oggi - ultimo album ‘3121’ che Minneapolis, Memphis e la Svizzera si sono però fuse in un solo melting pot.
Da quel momento in poi la sala Stravinski del Montreux Jazz Festival si è tramutata in un grande e accogliente dancefloor. “This is gonna be a long night”, ha esclamato il piccoletto prima di attaccare i suoi vecchi successi di ‘Purple Rain’. Chiamata in causa la vocalist Shelby Johnson con ‘Love Is A Losing Game’, Prince, con grande magnanimità, ha aperto poi il palco al pubblico e fra mille citazioni, tributi costanti e non nascosti a James Brown, passaggi di testimone ideali da Sly (definito dai giornalisti del posto "grottesco e caricaturale" e solo pochi giorni fa anche qui ) a se stesso, infilando una sequenza bestiale di funky iperteso: ‘Play That Funky Music’ dei Wild Cherry è diventata addirittura ‘Controversy’ che è stata poi travasata dalla band con nonchalanche in ‘I Feel For You’ ( il successo donato da Prince a Chaka Khan nei primi ottanta ). La lunga sequenza si è conclusa con una versione più bella dell'originale di ‘Crazy’ di Gnars Barkley, seguita, per smorzare gli ardori da ‘Nothing Compares To You’ cantata proprio da tutti.
A quel posto è stato fatto posto ai classiconi ma il nostro ha saputo ficcare con maestria nel mezzo ‘Guitar’, il nuovo singolo dall'album ‘Planet Earth’, facendo contento tutti. Ci si aspettava da Prince il concerto dell'anno e così è stato. Classe, eleganza e passione mista a sudore restano il segreto della grande musica nera. Impossibile tirarsi indietro se si vuol perseguire quella missione. Prince questa sera ci è buttato dentro a capofitto, ripetendo un miracolo che unisce passato e presente, tradizione e contemporaneità della scrittura in un solo piccolo grande uomo.
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