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Interviste
Pubblicato il 31/07/2005 alle 11:00:50Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Max Gazzè: “Raduni” e progetti eclettici per un artista intelligente e originale

di: Ambrosia J.S. Imbornone

A pochi giorni dal tributo a Domenico Modugno del 5 agosto, che si svolgerà in quel di Polignano a Mare, Max ci parla della sua raccolta,"Raduni 1995-2005", ci racconta il suo passato, ci parla del suo futuro. Ma anche di quello della musica…

Il 5 agosto Max Gazzè parteciperà al tributo a Domenico Modugno organizzato a Polignano a Mare (BA) nello splendido scenario del Lungomare Grotta Ardito, assieme a Samuele Bersani, Sergio Cammariere, Piero Pelù, Morgan, Carlo Fava, Simona Bencini, Paola Turci, Alexia, Dolcenera, Mario Venuti, Omar Pedrini e Luca Nesti. Intanto Max è impegnato nel tour che promuove “Raduni 1995-2005”, la raccolta uscita il 24 giugno che cerca di illustrare e sintetizzare in un doppio album le varie sfaccettature della vena poetica e musicale di Gazzè già nei quattro brani inediti. Il primo disco infatti include il rock solare, i riff e gli arpeggi accattivanti del singolo “Splendere ogni giorno il sole” e l’ironia pungente sulla superficialità della società dell’apparenza di “Sexy”, che parte con un'intro bandistica vagamente alla Goran Bregovic. Il secondo cd invece comprende la romantica e malinconica “Di nascosto”, che narra di una relazione naufragata sulle sponde della quotidianità e di un amore che però resta ancora per il protagonista passione vivida, seppur costretta al distacco; nella seconda parte della raccolta appare poi il primo brano in francese composto dalla premiata ditta composta da Max e da suo fratello Francesco, la scanzonata “Chanson idiomatique”, un surreale divertissement ai limiti del non-sense che mette insieme le più comuni parole della lingua francese e si prende gioco delle sonorità del pop commerciale d'oltralpe, soprattutto di quello anni ‘80.
I due cd raccolgono poi brani celebri come le sanremesi “Il timido ubriaco”, con il suo arrangiamento orchestrale arioso, e l’originale “Una musica può fare”, o ancora l’ironica hit “Annina”, caratterizzata da due notevoli linee di basso, ma racchiude anche ballate poetiche meno famose, come “Comunque vada”, il cui ritornello descrive una fuga le cui lacrime sono intessute di chitarra elettrica, o come “In questo anno di non amore”, struggente brano ricco di sintetizzatori che fa pensare un po’ a “Pyramid Song” dei Radiohead.

Ecco cosa ci ha detto Max dei suoi affascinanti e variegati progetti presenti e futuri, della sua carriera artistica, della sua concezione di musica.


Ambrosia: Il 5 agosto Polignano a Mare ospiterà un concerto-tributo a Domenico Modugno. Come hai deciso di parteciparvi? Ti ha allettato subito l’idea?

Max: Sì, senz’altro. Mi hanno proposto questa partecipazione e io ho accettato volentieri, perché comunque fa piacere fare un concerto tributo per un grande come Domenico Modugno, che ho sempre apprezzato per le sue grandi doti, soprattutto per il suo istinto melodico.

A: Da meno di un mese è uscito intanto “Raduni 1995-2005”. Banalmente si dice che un greatest hits è un’occasione per un consuntivo della propria carriera. Nelle tue canzoni il basso è accompagnato spesso in una base ritmica classica dalla batteria e da sonorità vintage, create dagli organi, dai mini-moog, dagli amplificatori Vox. A volte invece hai usato campionamenti, loop, la drum machine. Sperimentare significa per te usare risorse nuove come l’elettronica, ma anche fare un uso nuovo pure di strumenti più tradizionali, come i violini e il piano?

M: Certamente è interessante creare un legame tra gli strumenti che hanno caratterizzato le sonorità del rock ‘n roll anni ’60 (chitarre, amplificatori ecc.) con quelle che sono le tecnologie degli anni ’70 (minimoog, ovvero i sintetizzatori). E’ bello poi anche mettere questi strumenti, che credo per calore, per senso estetico e secondo il mio gusto del suono suonino meglio, a confronto con il modo di creare arrangiamenti e produzioni musicali che siano attuali. Si tratta non di usare semplicemente tutto quello che di tecnologicamente avanzato in questo momento è a disposizione della musica moderna, ma di utilizzare anche degli strumenti che appartengono al passato per ottenere delle sonorità moderne. Questa è una parte della sperimentazione della musica, anche se per me sperimentare significa soprattutto trovare degli alchimie di contrasti che creino nuove direzioni. Poi può accadere in effetti che uno strumento degli anni passati, unito ad uno strumento moderno, crei particolari alchimie, però è la composizione delle canzoni che cambia la direzione della musica, non solo i suoni.

A: Come hai scelto le canzoni che fanno parte di questo “best of”?Include anche pezzi meno noti, selezionati secondo criteri lontani dalla pura commercialità, come ne è distante d’altra parte la tua musica.

M: Più che chiamare l’album un “best of”, lo chiamerei una raccolta, un raduno, appunto, perché non ho fatto una scelta dei brani puntando ad un “best of”, inteso come raccolta di singoli. Queste canzoni sono state oggetto di una scelta emotiva; infatti ho escluso alcuni brani che sono stati singoli, per poter mettere delle canzoni che rappresentassero il mio modo di far musica e ripercorressero gli stili musicali che ho affrontato in questi anni. Poi ci sono quattro brani inediti: ognuno rappresenta uno di questi stili e un tipo di sound che ha caratterizzato la mia musica in questi dieci anni

A: Veniamo al singolo “Splendere ogni giorno il sole”, una delle canzoni inedite della raccolta. Com’è nata l’idea del videoclip?La cosiddetta cultura del sospetto ci fa davvero vedere ormai “mostri” dappertutto? Per migliorare il nostro rapporto con gli altri, il nostro approccio alla vita e la nostra dimensione sociale, dobbiamo sviluppare un pensiero più ottimista e positivo e vedere il sole negli occhi degli altri, come suggerisce il testo della canzone?

M: Il testo è molto semplice, ma secondo me nella sua semplicità comunica un grande messaggio, quello di assumere un atteggiamento più positivo nei confronti delle cose che viviamo tutti i giorni e delle persone che incontriamo tutti i giorni. In questo modo ci facilitiamo la nostra stessa vita. Il video in qualche modo dimostra quanto una buona azione può essere interpretata come cattiva azione da chi è in malafede in quel momento. Io nel video aiuto ad esempio una bambina a riaggiustare la sua bambolina, a cui si è staccata la testa e magari in quel momento a qualcuno che sta lì e che si fa delle pippe mentali può sembrare che io la stia molestando. Se io aiuto una vecchietta ad attraversare la strada – cosa ancora più banale e buonista! - , quello che sta in fila con le macchine dietro mi manda a quel paese, perché dice che gli faccio perdere tempo…L’importante è non fermarsi mai alla prima impressione, non basarsi sull’apparenza; questo vale nelle piccole cose, ma soprattutto nelle grandi cose. Occorre cercare di farsi una propria opinione in maniera obiettiva, senza farsi condizionare dai pregiudizi o da concetti reimpostati. Bisogna togliere queste forme di automatismo mentale, resettare un po’ il pensiero per farci una nostra idea sulle cose che accadono attorno a noi tutti i giorni.

A: I piccoli gesti infatti diventano forse sempre più rari, proprio perché non sono nemmeno apprezzati, visto che si vedono pericoli dovunque.

M: Sì, poi io penso anche a qualcosa di più generale. Questo discorso si può applicare anche alla politica, alle notizie date dai telegiornali, spesso per me tutt’altro che reali, ma pensate per modificare e plasmare una forma di pensiero dell’opinione pubblica, su argomenti che vanno dagli attentati al grande entusiasmo delle partite di calcio. Tutto viene trattato con un’enfasi totale. Ognuno deve così incaponirsi sulle cose che fanno parte di questo movimento di massa, senza pensare a quello che in realtà vuole fare. Siamo vittime del pensiero collettivo, che a volte è mirato ad uccidere ogni istinto rivoluzionario.

A: Ma è proprio vero che avevi pensato anche ad altri titoli, particolarmente curiosi, per la tua raccolta?

M: Che titoli? “A cena con Johnny Dorelli”? (ride) In realtà quando devo decidere il nome di un album, non so mai cosa scegliere e mi metto lì a pensare dei titoli assurdi che poi vengono bocciati da me in prima persona e dalle persone che mi vogliono bene, che mi dicono: “Guarda, secondo me chiamare una raccolta “Vendo il mio asino per soldi” o “Se potessi camminare in quel modo” non è molto opportuno!”. Ce ne erano tanti di titoli così! Poi alla fine ho scelto “Raduni”, perché c’è un mio brano che si chiama “Raduni ovali”, che è compreso nel disco. “Raduni” inoltre dà un po’ il senso di una raccolta…Beh, però “A cena con Johnny Dorelli” potrebbe essere il titolo del prossimo disco, dai!(ride, scherzando).

A: A proposito, stai componendo già nuovi pezzi per il tuo prossimo album di inediti?

M: No, in realtà adesso mi sto dedicando a una serie di progetti. Più che comporre canzoni nuove, sto pensando ad altre idee e a collaborazioni con altri musicisti . Ho suonato in questo periodo nel progetto intitolato “Gizmo” con Stewart Copeland (ex Police) e Raiz (Almamegretta)[ndr: la band comprende anche Matteo Salvadori alla chitarra, Vittorio Cosma alle tastiere, Mauro Refosco alle percussioni. Per tre date al basso c’è stato Max, nelle altre Armand Sabal Lecco, bassista di Paul Simon]. Poi sto pensando ad un’opera sui manoscritti di Qumran. In questa località sul Mar Morto sono stati trovati frammenti del pensiero degli Esseni[ndr: comunità di una corrente ebraica presente in Palestina dal II secolo a.C. fino almeno al I secolo d.C.], a cui possiamo ricondurre gran parte della nostra cultura cristiana. Sto cercando di fare una raccolta delle traduzioni di questi manoscritti, per poter farne un’opera musicale con strumenti sinfonici e sintetici.

A: So che hai partecipato anche a “Stazioni lunari”, una serie di concerti concepiti da Francesco Magnelli (ex PGR e CSI) come un crocevia di culture musicali differenti, in cui la componente dell’improvvisazione esalta l’irripetibilità dell’evento live.

M: Sì, assolutamente. E’ un altro dei progetti molto belli che sto portando avanti in questo periodo. Insieme a Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco ho già fatto diverse partecipazioni per “Stazioni lunari”, che è un progetto cominciato 5 anni fa, suonando a Firenze con i Tuxedomoon. Porteremo avanti “Stazioni lunari” anche l’anno prossimo.

A: La tua adesione a questo progetto è un ulteriore conferma del tuo eclettismo. Quanto pensi che questa tua caratteristica possa essere frutto delle tue esperienze musicali giovanili, in giro per il Belgio, la Francia, l’Inghilterra?

M: Senz’altro io sono nato come musicista. Il fatto che io scriva e canti delle mie canzoni non significa che debba ridurre la mia coesistenza con la musica a questo tipo di espressione. Per me cantare e suonare le mie canzoni ha sempre rappresentato solo un aspetto della musica che faccio. Ho fatto questa raccolta di brani scritti in dieci anni della mia carriera, ma sono quasi 25 anni che suono il basso. Ho cominciato molto presto come bassista, suonando in giro per l’Europa. Sicuramente il fatto di aver partecipato a tanti progetti musicali implica che in questo momento so cosa scegliere, so cosa mi piace, non mi accontento facilmente delle cose. Allo stesso tempo mi va di creare delle situazioni che mi portino degli stimoli per poter fare della comunicazione artistica. La creatività e l’arte sono frutto anche di stimoli, che fanno sì che io in quel momento possa diventare catalizzatore di questa forma di espressione. E’ fondamentale per me creare delle situazioni che mi diano stimoli. La canzone mi ha sempre dato grandi soddisfazioni, ma non bisogna fare solo questo.

A: Sempre a proposito del tuo percorso musicale, ho letto che a Roma hai frequentato il Locale di Vicolo del Fico con e come tuoi colleghi come Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, e tanti altri. Ha senso secondo te parlare di una scuola romana di cantautori, formata appunto da te, da Niccolò Fabi, dai Tiromancino, da Riccardo Sinigallia, che è stato anche il vostro produttore, ecc.?Oppure si tratta solo di un luogo comune, di un’astrazione creata dalla critica da diversi anni a questa parte?

M: Certamente ci sono state una serie di coincidenze che hanno fatto sì che in quel periodo da Roma uscissero dei progetti musicali che avevano avuto come punto di partenza comune il Locale. Io ho suonato con Daniele Silvestri, ma prima ancora ho formato una band con Alex Britti e Sergio Cammariere, ho suonato con Federico Zampaglione dei Tiromancino, ci conosciamo da 15 anni! Alla fine è stato bello vedere pian piano che tutte le persone che frequentavano il Locale si sono affermate, da Sergio in questi ultimi anni a Niccolò e tanti altri. Ci sono vari artisti che hanno frequentato l’area di Roma, ma non per questo c’è stata una scuola. Non abbiamo cercato di imporre uno stile su un altro. Gli stili che affrontiamo infatti sono molto diversi. Il fatto di avere un luogo in cui suonare insieme e provare può accadere in ogni città; non per questo bisogna omologare i vari sound ed impacchettarli con un’etichetta comune di una scuola romana, che in realtà non esiste. Esiste invece un luogo. Il Locale era un posto in cui si suonava, si parlava, ci si confrontava e si creavano stimoli. Sono delle coincidenze. Anche a Torino per esempio c’è Casasonica, con Max Casacci e i Subsonica, mentre a Milano c’è l’ambiente di Morgan e i Bluvertigo, i Soerba, e così via…Ogni luogo ha la sua scena musicale. E’ bello vedere comunque che le cose si evolvono…Quello inizialmente era un piccolo locale, di cui tuttora sono socio e azionista, ma poi è stato un punto di ritrovo. Invito tutte le persone che fanno musica a creare o trovare luoghi del genere, in cui confrontare le proprie idee e suonare. Noi lì facevamo di tutto, prove di teatro, prove musicali, concerti, era un po’ il nostro luogo, non solo un posto dove suonare la sera.

A: “Raduni 1995-2005” comprende brani composti negli ultimi dieci anni. Come pensi sia cambiato in questi dieci anni il mercato discografico e la stessa fruizione della musica?

M: E’ cambiato tanto, anche il supporto è cambiato. Ormai il cd sta diventando sempre più obsoleto, sempre più vecchio. Occorre che le aziende discografiche si adoperino per trovare una soluzione alternativa. Mi stupisco tutt’oggi per come i discografici non siano riusciti a capire questa cosa prima, visto che riescono a prevedere qualsiasi cosa. Licenziano addirittura le persone perché prevedono un calo del fatturato, ma preferiscono muoversi in questo modo, piuttosto che trovare una soluzione. Questo è un grave problema sociale che riguarda operatori e lavoratori del settore della discografia. Io sono solidale con i discografici che sono stati licenziati, o sono stati costretti a licenziarsi e sono incazzato invece con i vertici, con i capi mondiali della discografia che invece di risolvere un problema hanno fatto finta di niente. Non mi meraviglierei se qualcuno di loro si fosse nel frattempo raddoppiato lo stipendio, a danno di altre persone, per tenersi al coperto. Questo meccanismo non fa altro che penalizzare le nuove produzioni. Chi fa un progetto musicale non può investirci più di tanto o se lo fa, lo fa solo dopo che il singolo ha avuto una risposta positivo per radio. Tutte le case discografiche sperano nel tormentone estivo…

A: I discografici vorrebbero andare sul sicuro. In realtà poi spesso sono fenomeni effimeri…

M: I discografici sanno perfettamente però che non è il tormentone estivo che fa vendere i dischi, ma non sono capaci di capire che bisogna coltivare i progetti a lungo termine per ottenere dei risultati a lungo termine. Penso che non si possa andare avanti così e che tra brevissimo le case discografiche, le aziende multinazionali vivranno di catalogo e tutti noi artisti ci metteremo d’accordo per creare dei progetti con delle etichette indipendenti. Cercheremo così di veicolare la musica, trovare un supporto adatto e ridiffondere la cultura della curiosità sulla musica. Esistono varie forme di musica e bisogna cominciare a distinguerle e separarle. Occorre riprendere un po’ la cultura della musica dal vivo. Poi c’è anche la musica dance…Ognuno va per la sua strada.

A: Il pubblico va anche in qualche modo educato e stimolato. Non bisognerebbe limitarsi ad offrire prodotti di facile consumo, per così dire.

M: Sì, la musica poi porta comunicazione, contesti, smuove un po’ le menti, i pensieri, le culture. Ci sono state intere mode che sono passate attraverso la musica. Vedi i punk, i mods, la musica dei figli dei fiori. I Nirvana forse sono stati gli ultimi a creare un movimento molto forte, a Seattle, con il grunge. Di lì in poi non posso accontentarmi che si dica Coldplay siano portatori di una nuova generazione, perché non li vedo come tali Ci sono tanti gruppi interessanti, ma la cosa più importante è ricreare intorno ai ragazzi un’associazione tra dinamica di pensiero e musica. Anziché andare allo stadio e far addormentare con la tifoseria calcistica ogni forma di spirito rivoluzionario, bisognerebbe considerare il rock n’ roll e l’espressione della musica come qualcosa che fa parte di ognuno di noi. Attraverso la musica possiamo comunicare ad altre persone tante cose: farlo diventa un po’ il dovere di noi artisti. Se poi nessuno ci ascolta, allora uno fa le cazzate, fa tutte le canzoncine uguali e spera solamente di cavalcare l’onda; se l’onda non c’è, aspetta che ne arrivi un’altra. Non si può però stare sulla spiaggia ad aspettare che arrivi l’onda. Bisogna navigare, remare forte, anche controcorrente e andare a cercarsela quest’onda. Insomma è importante ricreare una cultura della curiosità, la discografia è stata piuttosto latitante in questo senso.

A: Un’ultima domanda, che sicuramente interessa molto i tuoi fan. Il tour di “Raduni” proseguirà anche in autunno e in inverno?O ti fermerai dopo l’estate per dedicarti ai progetti di cui mi hai parlato?

M: Quest’inverno spero di poter fare concerti nei club, perché è una cosa che mi piace fare, dato che questo tipo di esibizione permette di avere un rapporto diretto con quello che accade nel locale. Si scherza, si beve, si suona…E’ qualcosa di diverso da quello che si fa d’estate, quando si partecipa magari a festival e rassegne. Sono occasioni bellissime oltretutto, però sono tanti anni che non suono nei club e vorrei ritornarci. Mi piacciono entrambe queste dimensioni live.

Allora, l’appuntamento con Max Gazzè è a Polignano a Mare il 5 agosto per il tributo a Domenico Modugno e in giro per l’Italia per il tour di “Raduni”.

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