Irene Fornaciari conferma il suo talento con il suo secondo album Vintage baby
di: Pippo Augliera
Dopo due bocciature consecutive, Irene Fornaciari è riuscita ad arrivare al Festival di Sanremo con “Spiove il sole” e a pubblicare la sua nuova fatica discografica Vintage baby proponendo un pop godibilissimo. Dopo due bocciature consecutive, Irene Fornaciari è riuscita ad arrivare al Festival di Sanremo con “Spiove il sole” e a pubblicare la sua nuova fatica discografica “Vintage baby” proponendo un pop godibilissimo.
Il suo singolo risulta tra i più trasmessi nelle radio, ha ben figurato nella categoria “Nuove proposte” con la sua splendida voce, si è anche presa il lusso di essere accompagnata, nella serata dei duetti, da papà Zucchero, Dodi Battaglia dei Pooh, Maurizio Vandelli ex Equipe 84 e Fio Zanotti.
La presenza di Zucchero, massiccia nel suo lavoro di esordio “Vertigini in fiore”, è sicuramente più ridimensionata in “Vintage baby” dove si limita a comporre e ad arrangiare la vivace “Sorelle d’Italia”, un potenziale hit estivo, la più scontata “Dimmi delle balle”, e una intensa ballad “Se non mi vuoi” interpretata con grande trasporto ed una energia vocale da ricordare i suoi modelli musicali di riferimento italiani : Mia Martini, Giorgia e persino Antonino Spadaccino.
Il disco presenta una copertina in stile liberty dalla grafica tipica dei vinili anni ’60 e ’70 e sonorità vintage tipiche della Motown o di artisti soul singer. In “No more amor”, brano in apertura, si ravvisano richiami a “Don’t play no more”, un cavallo di battaglia anche della grande Aretha Franklin, e a “Hit the road jack” del mitico Ray Charles.
Ci sono tre cover tradotte in italiano, spicca la deliziosa “Ragazzo solo”, dal titolo originale “Take it like a man”, con uno spunto letterario ispirato dalla famosa “Ragazzo triste” di Patty Pravo, a sua volta cover tratta dal repertorio del duo Sonny and Cher. Trascurabile l’inserimento de “La tiritera della sera”, che perde il confronto con l’originale “Ride my see-saw” dei Moody blues, e le sorti si risollevano con “Il diavolo è illuso”, in chiusura, dignitoso omaggio ad Asha Puthli con il suo più grande successo discografico “The devil is loose”.
Irene ha partecipato di più alla realizzazione di questo album: ’Non volevo trovarmi la pappa pronta, afferma convinta, sono stata coinvolta nella stesura di tutti i brani, che ho scritto con alcuni collaboratori come, ad esempio, Elisabetta Petrelli e Carlo Ori. Mio padre non è sicuramente un peso nel momento in cui inizi ad essere sicura di te stessa e non ti fai più i pensieri di essere raccomandata, lui è un grande aiuto artistico’.
Si è avvalsa, ancora una volta, della produzione di Max Marcolini, presente anche come chitarrista, tra gli autori di “Dolce luna” e “Con la primavera nelle mani”, arrangiatore degli “Archimia quartet”. Da rilevare la partecipazione di Elio Rivagli alla batteria e Vincenzo Messina al piano in “Ragazzo solo” e in “Ora che non vivo”, un piccolo gioiellino con un testo semplice, facile da memorizzare, in stile con la scrittura compositiva di moda 4 o 5 decadi fa, che arrivava più diritta al cuore della gente.
Irene nei credits ringrazia Fabri Fibra, che ha collaborato alla stesura di “No more amor”, e soprattutto la sua famiglia: ‘Grazie babbo per la tua arte, grazie mamma per la tua poesia che va dove serpeggia l’amor’. E anche Roberto, il suo uomo.
Promuoverà il Cd, che ha fatto il suo ingresso in classifica ed è destinato alle zone alte, con una tournée al momento ancora in via di definizione: ‘Toccherò col mio spettacolo sia librerie che veri e propri rock club, ma al momento non ci sono ancora date confermate’.
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