Francesco Renga a Castel di Sangro.
di: Andrea Del Castello
In forma più che mai, Renga come un angelo apparso nella pioggia offre una straordinaria visuale dalle sue camere con vista. Giovedi 18 agosto a Castel di Sangro, nel piazzale dello Stadio Teofilo Patini, si è esibito Francesco Renga davanti ad oltre 4000 persone. Lo hanno accompagnato Stefano Brandoni (chitarra), Beppe Cazzago (batteria), Paolo Costa (basso e voce), Enzo Messina (tastiere) e Chicco Gussoni (chitarra solista), parecchio in evidenza con assolo molto interessanti.
Sin dai primi brani si respira la giusta atmosfera di brio, di energia che le canzoni di Renga trasmettono. Il sound è perfetto e Francesco è in forma più che mai.
E così si snocciolano “Affoga, baby”, “Come te”, “Via”, “La sorpresa (raggio di sole)” fino alle manifestazioni di giubilo da parte della folla per “Ci sarai”, uno dei pezzi in cui maggiormente Renga esalta una delle sue eccezionali doti tecniche, ossia il tremolo vocale: ma nella versione ascoltata a Castel di Sangro ci si rende conto che le qualità della sua voce sono numerose e notevoli, giacché Renga impreziosisce la melodia di note tenute che si reggono sulle trame melodiche della chitarra elettrica.
Anche a livello comunicativo, Renga si rivela davvero coinvolgente e simpatico sia durante i brani, sia nelle pause tra un brano e l’altro; così l’introduzione di “Anna (Aspettavo te)” gli permette di partire in quarta, per proseguire con una elettrizzante “Stavo già bene”, cantata (anzi, urlata) anche dal pubblico, sempre più infuocato.
L’astuta alternanza tra ritmi veloci e lenti e la giusta associazione tra climi tempestosi ed atmosfere delicate porta ora la scaletta verso “Raccontami”, una canzone che presenta un esordio molto delicato, ma anche uno sviluppo graduale verso dimensioni più complesse e volumi più forti. Tale sviluppo è fantastico soprattutto per le capacità vocali di Renga, sicuro in ogni remoto angolo della sua tessitura. Una lenta introduzione pianistica lascia presagire qualcosa di simile nella canzone successiva ed, infatti, anche “Tracce di te” si colloca tra i brani lenti, ma con sviluppi molto creativi verso sfere dinamiche più agitate.
Inutile parlare del delirio del pubblico per una versione molto convincente della visionaria “Dove il mondo non c’è più”, a cui segue il ritmo vigoroso di “Come piace a te”.
A seguire un apprezzatissimo siparietto intimistico (“Alba” e “Venerdì”) con le chitarre acustiche ed il piano a fare da contrappunto alla voce che, dopo un esordio davvero delicato, procede con sicurezza verso regimi sonori più corposi, per poi arrivare ad un’esecuzione poderosa, su un altrettanto robusto sostegno delle chitarre acustiche ed un finale con un assolo di tastiere che richiama il rock degli anni ’70.
Dopo aver impugnato il tamburello, Renga esegue “Favole” e “Un’ora in più”, nella quale si nota che nonostante le ‘impurità’ tipiche dei live, le sfumature dei tremoli rendono ancor meglio dal vivo che non in studio dove è più facile manipolare i particolari del suono. Segue l’energia di “Vuoto a perdere”, un’energia esaltata dai controtempi della batteria.
Poi arriva una tra le canzoni più attese (ma non per questo tra le migliori): si tratta di “Angelo”, la cui versione originale viene ora interpretata mediante un’amplificazione sia della raffinatezza dei momenti teneri, sia del vigore delle fasi più intense... ed è magnifica casualità o segno del destino che i riflettori illuminino verso l’alto la pioggia che arriva ‘puntualissima’ ad integrare la scenografia per un pezzo così toccante.
La pioggia dura il tempo di una canzone ed un riff di accordi di chitarra elettrica conduce verso “Meravigliosa (la luna)”, il cui ponte è efficacemente sorretto da un tappeto di tastiere trapuntato dagli effetti del wah-wah della chitarra elettrica. Infine, “Solo” chiude la scaletta.
I bis della serata sono “Fino a ieri” ed “Impressioni di settembre”, un magistrale esempio di cover, per livello artistico e manifestazione di personalità. Il celebre motivo composto ventiquattro anni fa da Franco Mussida viene prima rivisitato con il solo piano in luogo dell’originale sintetizzatore, ma poi la seconda delle due strofe, acquista la batteria, alcuni incisi di chitarra elettrica e l’energia assenti nella versione originale, per poi esplodere nel celebre motivo che potrebbe ripetersi all’infinito…
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