Le Vibrazioni, di nuovo in tour attraverso le strade del tempo
di: Alessandro Sgritta
Abbiamo intervistato Le Vibrazioni, il gruppo milanese da stasera in tour nei club di tutta Italia con Le Strade del Tempo, il loro ultimo disco uscito lo scorso gennaio e prodotto da Marco Trentacoste, un ponte tra il passato e il presente del rock. Abbiamo intervistato Le Vibrazioni (nella foto di Claudia Casentini), il gruppo milanese da stasera in tour nei club di tutta Italia con "Le Strade del Tempo", il loro ultimo disco uscito lo scorso gennaio e prodotto da Marco Trentacoste, che rappresenta un punto d’incontro tra passato e presente, sempre all’insegna del rock…
Bentornati a Le Vibrazioni, cosa avete fatto in questi ultimi anni?
Francesco Sarcina: “In questi ultimi 3 anni abbiamo suonato in giro e siamo usciti con una raccolta live (“En Vivo”, ndr.) che aveva un unico brano inedito “Insolita” che faceva da colonna sonora al film di Sergio Rubini “Colpo d’occhio” del 2008, dopo di che siamo partiti per un altro tour e c’è stato l’arrivo del nuovo bassista Emanuele Gardossi, che in realtà è un ritorno di fiamma perché è il bassista con cui ho iniziato a suonare 18 anni fa e lui è rimasto fermo nel tempo”…
Parliamo del vostro nuovo album, che è il secondo che fate con Marco Trentacoste…
F.S.: “con Marco abbiamo iniziato a lavorare da “Officine Meccaniche” (dal nome dello studio di Mauro Pagani, ndr.), solo che abbiamo fatto sempre le cose abbastanza di corsa, invece questa volta abbiamo avuto un anno di tempo da dedicare a un disco ed è stato bello rilavorare con Marco questa volta a fondo per un anno, anche il fatto che abbia portato delle innovazioni sonore per noi, come delle cose elementari se vuoi come il fatto di iniziare un brano col piano (“Respiro”, ndr.) che però per noi è innovativo perché non l’avevamo mai fatto, l’abbiamo scelto anche come primo singolo anche se per quelli che sono i “canoni radiofonici” non è nemmeno così adatto visto che la batteria entra dopo 1 minuto e mezzo di musica, è stato un anno di lavoro con Marco dove abbiamo tentato di osare ma poi per assurdo è venuto fuori un disco più facile all’ascolto perché ci abbiamo lavorato con tanta serenità e poi senza ansia da prestazione, che è una cosa secondo me fondamentale in ogni campo, perché noi vogliamo far godere i nostri ascoltatori (ride)…”
Stefano Verderi: “L’impronta di Trentacoste si sente di più rispetto al precedente proprio perché c’è stato un prosieguo di lavoro e anche lui ha avuto modo di conoscerci meglio, poi abbiamo suonato anche dal vivo, è entrato proprio nella family anche da un punto di vista musicale, sapeva dove intervenire, lui poi proviene da ascolti musicali più moderni, l’elettronica buona, mentre noi eravamo rimasti al ’74 praticamente, quindi abbiamo deciso di fare un salto e di modernizzarci utilizzando di più i synth per cercare di creare un sound che rimane vintage ma più moderno e adatto a quello che sta girando adesso…”
Nel disco ha collaborato anche Davide Rossi agli archi, già al fianco dei Coldplay…
F.S.: “il fatto di affidare a Davide Rossi un brano come “Malie” è dipeso proprio dal suo modo di lavorare, perché secondo noi ha una mente musicale molto ampia, su quel brano ci stava bene e infatti ha fatto un lavoro pazzesco, io l’ho scoperto dopo che aveva fatto anche “Viva la vida” dei Coldplay, sapevo che arrivava dagli Afterhours, ero rimasto a vent’anni fa, poi nel disco c’è anche Matteo Boschi al violoncello e Cecilia Chailly all’arpa che appartiene a una grande famiglia di musicisti (è sorella del direttore d’orchestra Riccardo e figlia del compositore Luciano Chailly, ndr.)
Com’è stato aspettare 3 anni prima di pubblicare questo disco?
Stefano Verderi: “è stato emozionante aspettare l’uscita di questo disco, perché secondo me il cambio di formazione e l’ingresso di Emanuele al basso ci ha fatto un po’ rivivere l’emozione che poteva provare lui di uscire per la prima volta con un disco, come al nostro esordio, il fatto di rimanere fermi per tanto tempo ti riporta ad una dimensione pre-discografica, come avvenne il 3 dicembre 2002, non abbiamo dormito quella notte...”
Vi apprestate a festeggiare il decennale della vostra carriera, cos’è cambiato da allora?
Alessandro Deidda: “siamo in un periodo di transizione e cambiamento, in questi 10 anni sono cambiate veramente tante cose, fino al 2000 si riuscivano a vendere ancora milioni di copie in Italia, già quando siamo usciti noi con il primo disco (era il 2003) abbiamo venduto 350mila copie ed è stato un record e poi man mano è andato sempre calando, non solo per noi ovviamente ma in generale in Italia, è proprio cambiato il mondo discografico, le emittenti televisive, per questo anche abbiamo voluto aspettare prima di uscire con un disco, perché volevamo studiare la situazione per uscire al meglio…”
Francesco Sarcina: “al meglio nel momento peggiore però fare musica è fondamentale per chi la fa, ti mette a confronto innanzitutto con te stesso e poi era importante perché ci siamo resi conto dopo tante tournée che erano 3 anni che non uscivamo con un disco di inediti e c’era fame e voglia di sentire cosa Le Vibrazioni portassero di nuovo, devo dire che è piacevole quello che sta accadendo in questo momento, per noi è un po’ come ricominciare, è molto emozionante anche questo, noi siamo contentissimi e ci daremo il più possibile…”
Cosa ne pensate del fenomeno dei talent show?
F.S. “noi abbiamo una grandissima fortuna, ci siamo resi conto di avere ad ogni modo il nostro pubblico che ci ama, grande o piccolo che sia ma nessuno ce lo porterà via, e questa cosa ci dà estremamente forza, e infatti è il motivo per cui siamo ancora qua a fare dei dischi, i talent show hanno creato questa carneficina del masticare anche bravi artisti e cantanti per poi sputarli fuori ogni anno e ripetere la stessa cosa, hanno bisogno dell’elemento da far amare a tutti per creare il delirio e poi dopo comunque bisogna trovarne un altro, questo a livello di business può andare bene ma non è buono per la cultura musicale italiana che anzi decade sempre di più…è un dato di fatto, e poi per la cultura in generale perché anche i più giovani che sono quelli che magari crescono e hanno bisogno di input di farsi una cultura non hanno input, o comunque ce li hanno ma sono sbagliati, non sono quelli che rispettano il valore dell’arte nel senso più ampio del termine, poi il gusto è opinabile, ci mancherebbe altro, però è importante il fatto che ci siano delle cose che abbiano uno spessore vero, a me dispiace quando vedo questi ragazzi, sono anche stato sul posto perché avevo degli amici lì, da una parte è molto bello che facciano trasmissioni musicali, è brutto come però poi si usa quella musica, non vanno a fondo, non è profondo…però finché è musica ancora ancora, è che poi ce ne sono altri di format che veramente sono una brutta roba che condiziona proprio la mente più volubile che è quella più giovane, mentre chi si è fatto già le ossa forti non si lascia trascinare in questo vortice, magari guarda certe trasmissioni con un occhio anche ironico…ma i più giovani si lasciano condizionare e poi ragionano così, pensano al “bicipite, al tricipite, al quadri…” (ride), entri nell’ottica che è giusto avere l’abbronzatura, il “muscolone”, la “gnoccolona”, e l’interiorità scompare, e questo è brutto perché fa decadere il popolo italiano che in realtà ha una storia forte proprio per il suo carattere, perché poi l’italiano va all’estero e fa delle grandi cose, spacca il …. ai passeri, ma nella sua nazione ha grandissime difficoltà perché non ha canali, perché è capitanata da questi format oltre che da personalità antiquate che dominano la nostra nazione e non danno la possibilità ai giovani di dire la loro…”
Quale sarà il prossimo singolo dopo “Respiro”?
F.S.: “La nostra missione è comunque quella di far capire a più gente possibile la nostra natura, per fare questo dobbiamo farlo anche delicatamente, quindi le scelte sono fatte in parte anche per arrivare a tutti, “Respiro” è questo, la seconda comunque sarà un pezzo più rock, anche se un brano come “Le sirene del mare” è talmente intimista che andrebbe a finire che non si sentirebbe nemmeno in radio…cosa che invece è importante comunque fare, di fondo mi dispiace che ci sia sempre il pregiudizio che se fai una ballad allora sei commerciale, questo accade solo in Italia, noi abbiamo già fatto delle virate e abbiamo già preso delle batoste non indifferenti, non dobbiamo più dimostrare niente, non ho più quest’ansia da prestazione, voglio fare quello che più fa felici tutti (quelli che hanno lavorato al disco), bisogna fare in modo che questo album arrivi davvero a tutti, arriverà anche il momento de “Le sirene del mare” comunque ma non così presto…”
Qual è il significato del titolo del disco Le Strade del Tempo?
F.S.: “Volevamo dare un titolo che si distaccasse dai titoli delle canzoni all’interno però alla fine ci siamo resi conto che questo disco era proprio un concept perché ogni canzone tocca un punto di vista del tempo nella sua forma e nella sua durata e del suo significato e quindi era davvero un disco che parlava delle “strade del tempo”, poi per combinazione c’è anche una canzone ma il significato che stiamo dando a questo disco non è racchiuso in quella canzone, tranne nella parte finale della canzone dove è stato inserito un messaggio subliminale al contrario dove si spiega il significato del titolo del disco, ma non della canzone in sé perché oltretutto è l’unica canzone che era un po’ vecchia e abbiamo riarrangiato…”
...to be continued...
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