Deep Purple - Pescara, Stadio Adriatico - 26/07/2010
di: Massimo Giuliano
L'energia dei Deep Purple ha fatto tappa ieri sera allo Stadio Adriatico di Pescara. Ian Gillan e soci non hanno deluso le attese, regalando al pubblico presente un’ora e tre quarti di grande musica. L'energia dei Deep Purple ha fatto tappa ieri sera allo Stadio Adriatico di Pescara. Ian Gillan e soci non hanno deluso le attese, regalando al pubblico presente un’ora e tre quarti di grande musica.
L'apertura è contrassegnata, come consuetudine, da un super classico quale “Highway star”, cui seguono “Things I Never Said”, “Maybe I'm a Leo” e “Strange kind of woman”. Gillan, rivolgendosi alla platea, ripete più di una volta “You’re unbelievable, fantastic” e nomina “Pescara” suscitando l’entusiasmo dell'Adriatico. La cosa più bella è constatare che i DP, dopo tutti questi anni, hanno ancora la grinta dei ragazzini: suonano carichi di allegria, si divertono, e fanno divertire di conseguenza. La matrice progressive è sempre evidente, anche se l'apporto dell'ottimo Steve Morse alla chitarra ha rinvigorito il sound del gruppo spostandolo talvolta verso il metal (alcuni riff, come quello vagamente arabeggiante di “Rapture Of The Deep”, rimandano palesemente a quel genere).
Il live pescarese è l'occasione per riascoltare brani di oggi e di ieri, tra cui spiccano “Contact lost”, “When a blind man cries”, “Well dressed guitar”, “Knocking At Your Back Door”, “Fireball”, “Perfect strangers” e “Space Truckin’”. Sono soprattutto Morse e Don Airey a farla da padroni: i loro call&response, per non parlare dei momenti in cui i due si ritagliano piccoli spazi personali, catalizzano l'attenzione. Il tastierista, in particolare, è funambolico: si cimenta quasi completamente con l'organo hammond, ma non disdegna pianoforte, synth e strings. Esaltante un suo lungo solo in cui cita persino l’inciso di “Nessun dorma”, in omaggio all’Italia. Un momento di gloria "tecnica" lo vivono altresì il bassista Roger Glover (con il suo strumento in distorto) e il batterista Ian Paice, colonne portanti della band da tempi immemori.
Non può mancare la mitica “Smoke on the water”, applauditissima, che chiude il set dopo circa 90 minuti. Nel bis si mettono in evidenza due altri evergreen del gruppo quali “Hush” e, soprattutto, un’ottima “Black night”. Grande assente è “Child in time”, ma va benissimo così. I Deep Purple sono l'ennesima dimostrazione che i gruppi di "vecchietti" con tanti decenni di carriera alle spalle suonano oggi molto meglio di tante band pseudo-hard che devono ancora finire di succhiare il latte. E chi se ne frega se manca Ritchie Blackmore, senza il quale - secondo i soliti detrattori - questa line up non avrebbe motivo di esistere: il rock è qui, sempre e comunque.
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