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Joan Baez - Auditorium Parco della Musica / Roma 28 luglio 2004di: Antonio Ranalli Un’ora e mezza di “pace, amore e musica” in compagnia di Joan Baez. La cantautrice americana torna a Roma e incanta oltre 3 mila persone. E in scaletta anche “Un mondo d’amore” e “C’era un ragazzo che come me amava i Bealtes e i Rolling Stones”. Saranno stati gli echi di Woodstock, il momento difficile che stiamo vivendo in questo periodo nella politica internazionale, oppure la voglia di gridare forte che in fondo siamo tutti liberi. E’ così che un pubblico eterogeneo ha assistito l’altra sera, all'Auditorium Parco della Musica di Roma, al concerto della folk singer per eccellenza Joan Baez (ospite della rassegna "Luglio suona bene"). Nonostante i suoi 63 anni, i capelli grigi e un look che per certi aspetti ricorda Giovanna Marini, la regina delle cantautrici non ha disatteso le aspettative, regalando un concerto di un’ora e mezza decisamente emozionante. A dire il vero tempo fa Joan aveva detto che in Italia non avrebbe più suonato fino a quando al potere ci fosse stato il Governo di centrodestra. Ma evidentemente qualcosa deve averle fatto scattare nella mente che, in fondo, in Italia c’è un pubblico che le vuole bene, la segue e, di conseguenza, non tutti sono seguaci della destra al potere. Ammetto che mi sono avvicinato a questo concerto con una certa curiosità. A dire il vero speravo vivamente che la nostra eseguisse la sue celebre versione di “Brothers In Arms” dei Dire Straits, di cui non sono riuscito a reperire testimonianze su disco (se ci sono, ormai sono fuori catalogo!). Del noto brano di Mark Knopfler però nessuna traccia. Mi sono invece ritrovato ad ascoltare, dalla voce della mitica Joan, due versioni – cantate perfettamente in italiano – di “Un mondo d'amore”, successo del 1967 di Gianni Morandi (scritta da F. Migliacci - B. Zambrini - S. Romitelli) e di “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” di Mauro Lusini (anche questa portata al successo da Gianni Morandi). Dovevate vedere come si sono esaltati alcuni ex sessantottini, con i loro figli, presenti in massa al concerto, che con quelle canzoni hanno fatto le loro battaglie. Poi c’è anche chi, tra i più giovani, quel mitico periodo non lo ha vissuto sulla propria pelle, e quindi ha cercato di sognarlo e ricostruirlo a proprio modo con l’aiuto delle canzoni di Joan. C’e da dire che in Italia, sul finire degli anni ’60, arrivavano appena gli echi di Woodstock, e solo qualche anno più tardi ci si è resi effettivamente conto di quanto fosse stato importante un evento culturale e sociale di quel calibro. Però Joan Baez, a differenza di Bob Dylan, in Italia c’è sempre venuta volentieri, anche per fare concerti nelle situazioni più disparate (per capire il clima che si respirava all’epoca ad un suo concerto si possono riascoltare i due album dal vivo in Italia – “Joan Baez in Italy” del 1967 e “Joan Baez all’Arena Civica di Milano” del 1970 – in cui anche il pubblico fa la sua parte), fatto che l’ha evidentemente legate in qualche modo al nostro paese. Nel corso del concerto, accompagnata da una band di affiatati musicisti – Erik Della Penna (pedal steel guitar e chitarra), Cameron Greider (chitarra), Jeff Hill (basso), George Javori (batteria) - la nostra trova anche il tempo di dedicare un brano al regista Michael Moore e di “scusarsi” con il pubblico per i danni che sta provocando il suo Governo. In scaletta ci sono sia i brani dell’ultimo album “Dark Chords On A Big Guitar”, e i classici “We Shall Over Come” di Peter Seeger, divenuta un vero inno pacifista, “Where Have All The Flowers Gone”, sempre di Peter Seeger, insieme ad un’innumerevole altro gruppo canzoni, come le riletture di vecchi traditional come “Oh Freedom”. Ben due volte il pubblico la richiama per i bis: emozionante la versione di “Here’s To You”, musicata da Ennio Morricone (con testo della testa Baez), realizzata per la colonna del film “La ballatta di Sacco e Vanzetti”). Articolo letto 4270 volte Riferimenti Web
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