Un diesel in montagna: Michele Zarrillo a Roccaraso.
di: Andrea Del Castello
Zarrillo a Roccaraso ha fornito una prova di grande intensità emotiva e valore artistico,anche se l’avvio è stato in sordina.Ottimo lavoro da parte dell’organizzazione che ha permesso una serata all’insegna del divertimento Il concerto, tenutosi il 13 agosto in Piazza Municipio, non decolla subito: con i primi pezzi (“Per tornare a te”, Strade di Roma”, “Gli angeli”) la band sembra che stia gettando le fondamenta, che stia aggiustando il tiro, si assiste alla definizione del sound, alla creazione dell’atmosfera, ma l’omogeneità pare eccessiva. E lo stesso Zarrillo, come un diesel, diventa coinvolgente solo con il passare dei minuti, per diventare, nella seconda parte del concerto un vero trascinatore, passando dal pianoforte alle varie chitarre, oppure con il semplice microfono in mano, ma sempre in un rapporto dialogico con il pubblico.
La svolta avviene con “L’amore vuole amore”, molto efficace dal vivo sia per il sound, sia per gli assolo di chitarra elettrica.
Poi Zarrillo torna sulle sue pacate melodie, da “L’elefante e la farfalla” fino a “Una rosa blu”, esattamente a metà concerto, nel cuore della scaletta, centro nevralgico dello spettacolo. Dopo la lunga coda strumentale parte “Il vincitore non c’è”, dal sapore deciso, con un’interpretazione molto convincente.
Arriva una parentesi dalla dimensione intimista, con “Su quel pianeta libero”, uno dei suoi pezzi più datati (1982), e “Il canto del mare”, con Zarrillo seduto nell’atto di suonare la chitarra.
E poi di nuovo un clima vibrante con “Non arriveranno i nostri”. Ed è proprio questa ‘varietas’ assente nella prima parte ad incidere sulla piacevolezza dello spettacolo. Senza considerare l’alto valore dell’interpretazione canora e strumentale sia di Zarrillo che della band.
E le grandi doti del polistrumentista si manifestano nel finale di “Il sopravvento” con un assolo alla chitarra che richiama alcune caratteristiche tipiche del virtuosismo dei chitarristi spagnoli.
Con “La notte dei pensieri” si arriva al momento più duro dal punto di vista timbrico, grazie ad un finale in crescendo che spinge verso direzioni hard-rock; prima di concludere il pezzo Zarrillo presenta i componenti della sua ottima band: Lele Anastasio (batteria), Roberto Di Virgilio (chitarra acustica), Maurizio Mariani (basso), Giuseppe Bono (violino / voce), Lorenzo Maffìa (tastiere / piano / voce) e David Pieralisi (chitarra elettrica).
Manca solo lei adesso: “Cinque giorni”, un capolavoro assoluto della canzone italiana. Eccola, arriva… sì, le prime note sono quelle, è lei: Zarrillo in controluce va a prendersi l’abbraccio del pubblico stando in piedi a braccia aperte sull’orlo del palco, lì vicino ci sono i fedelissimi che seguono ogni tappa del tour, poi man mano, il resto del pubblico che va in delirio quando Zarrillo intona i primi versi. Poi, il momento più commovente dell’intero concerto: il primo ritornello non è cantato, poiché la melodia del violino sostituisce la voce della versione originale, creando un effetto ancor più romantico, amplificato dalle luci del palco che vertono verso colori più caldi ed intensi. Il secondo ritornello, invece, come nella versione originale, è cantato con ipersensibilità intensificando il clima emotivo, trasportando il pubblico verso l’esplosione dei sentimenti.
Il concerto termina dopo due ore con “Dimentica”, la gente comincia a sfollare… anzi, no! Il concerto non è finito, Zarrillo corre di nuovo sul palco per una versione di “L’amore vuole amore” dal finale ancor più indiavolato, ovviamente funzionale alla conclusione del concerto.
Dunque, davvero un’ottima serata, nonostante un avvio stentato: può darsi che il refrigerio dell’aria di montagna abbia implicato la necessità di riscaldare il motore, ma una volta giunto a temperatura ottimale, il diesel di Zarrillo ha fornito prestazioni impeccabili.
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