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Pubblicato il 05/08/2006 alle 14:43:08Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Deep Purple – Highway Stars (Emi Marketing)

di: Antonio Ranalli

Nuova raccolta contenente l’essenziale della produzione dei Deep Purple a cavallo tra la fine degli anni ’60 e il 1975.

La domanda è sempre la stessa. Era proprio necessaria una nuova antologia dei Deep Purple? Domanda che nasce spontanea, come direbbe Antonio Lubrano, soprattutto alla luce della pubblicazione lo scorso anno, da parte della Emi, della Platinum Collection dedicata alla band che portato per prima l’hard rock in cima alle classifiche. Sono solo 12 le tracce che fanno parte di “Highway Stars”: un bignami per capire i Deep Purple dagli esordi fino al 1975, vale a dire le tre fasi che hanno caratterizzato la formazione. Ci sono varie versioni rimasterizzate o remix, ma sono quelle realizzate per le varie riedizioni dei singoli album che in questi ultimi anni hanno caratterizzat i Deep Purple. Il primo periodo, quello in cui i Deep Purple non erano ancora hard rock e che qui viene rappresentato dalla cover di “Kentucky Woman” (versione rimasterizzata per il trentennale) di Neil Diamond (estratta dall’album “The Book Of Taliesyn”), con la band che vede al suo interno John Lord (tastiere), Ritchie Blackmore (chitarra), Nick Simples (basso), Ian Paice (batteria) e Rod Evans (voce). Quindi la fase che vede l’ingresso di Ian Gillan (voce) e Roger Glover (basso) e che parte con il celeberrimo “In Rock” (rappresentato in questa antologia solo da “Speed King”, nella versione rimasterizzata per il venticinquennale), e prosegue con “Fireball” (nella track list di “Highway Stars” c’è la versione rimasterizzata di “Fireball” e il remix del 1996 di “No One Came) e il celeberrimo “Machine Head”, che nella raccolta è rappresentato da “Highway Stars” (remix del 1997), “Space Truckin’” (remix del 1997) e “Lazy” (remix del 1997), mentre ovviamente resta fuori (in quanto troppo saccheggiata da antologie e compilation varie) “Smoke On The Water” e il suo celeberrimo riff di chitarra. Il celeberrimo live “Made in Japan” viene ricordato da “Strange Kind Of Woman”, carica di rovente hard blues, mentre dal poco significativo “Who Do We Think We Are?” arrivano “Woman From Tokyo” (remix ’99) e “Rat Bat Blue” (versione rimasterizzata nel 2000). L’abbandono di Ian Gillan e Roger Glover segna l’avvento dell’epopea di David Coverdale, futuro fondatore dei Whitesnake (avventura in cui si porterà dietro alcuni Deep Purple). L’album “Burn” è un piccolo capolavoro, che riporta al successo la band, trainata da brani come “Lay Down, Stay Down” (qui presente nell’edizione rimasterizzata nel 2004). Ultima nota per “Gettin’ Tigher”, brano tratto da “Come Taste The Band” (1975), che non vede più la presenza di Blackmore (uscito per fondare i Rainbow con Roger Glover), ma di Tommy Bolin. L’operazione della Emi Marketing merita interesse perché, visto il costo a prezzo speciale del CD, può rappresentare un’occasione per far conoscere ai neofiti l’universo sonoro dei Deep Purple.

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