Michele Zarrillo, la passione per la musica al centro del nuovo disco e dell'imminente tour
di: Martina Neri
Il 20 settembre scorso e' uscito per la Sony Music Unici al mondo, nuovo cd di Michele Zarrillo che arriva a cinque anni di distanza dal precedente disco di inediti L’alfabeto degli amanti. Il 20 settembre scorso è uscito per la Sony Music Unici al mondo, nuovo cd di Michele Zarrillo che arriva a cinque anni di distanza dal precedente disco di inediti " L’alfabeto degli amanti ". Le nuove canzoni, frutto di un anno e mezzo di lavoro, confermano lo stile e la raffinatezza musicale che negli anni sono diventati la cifra stilistica del cantautore romano. Al centro di tutto c’è sempre l’amore, non mancano però scorci di analisi sulla società che ci circonda in questo preciso momento storico. Minuzioso il lavoro fatto in studio su arrangiamenti, soluzioni ritmiche e melodie che rendono “Unici al mondo” un album musicalmente ricco, variegato, pieno di spunti.
Partiamo dalla fine e parliamo subito del tour, la partenza è prevista per il prossimo 3 dicembre da Torino.
“Unici al mondo” oltre ad essere un progetto discografico è un progetto artistico che vuole durare nel tempo. Per questo ho scelto di fare un tour che preveda poche date ogni mese nei teatri italiani, per occupare tutto l’inverno e dare modo al disco di vivere e di non essere bruciato dai tempi del “mordi e fuggi” radiofonico, per cui un singolo che non funziona vanifica il lavoro di anni. La speranza è quella di arrivare a chi mi segue da tempo, ma anche di conquistare nuovi ascoltatori che possano apprezzare la mia musica. A distanza di anni da quando ho iniziato considero una fortuna essere qui a parlare di un nuovo cd e soprattutto di musica, la cosa di cui si parla meno in questo momento; oggi gli artisti sono caratterizzati più da quello che rappresentano che da quello che fanno musicalmente.
Rispetto alle sonorità dell’ultimo disco come intendi fonderle con il tuo repertorio passato?
Tentero’ di presentare quasi tutto l’album dal vivo, non è un lavoro molto lungo, dura intorno ai quarantacinque minuti e di solito io suono circa due ore. Cerchero’ di far convivere le canzoni del passato con queste ; sto preparando la scaletta in questi giorni pensando a come far vivere i vari momenti del concerto, con la speranza di mettere in piedi uno spettacolo che sia appagante sia per me e i miei musicisti che per il pubblico.
Questo disco è molto suonato, per certi versi è acustico nel senso che molte cose sono state suonate con i musicisti in presa diretta. Come ai vecchi tempi. Ultimamente lo sto riascoltando per curiosità dopo una lunga pausa e ho avuto la sensazione che avesse un percorso lineare, sereno, anche se ci sono storie importanti dentro. Dal vivo ci sarà da mettere in piedi un angolino diverso rispetto allo spettacolo solito, ad esempio per canzoni come “Malinconica solitudine” che è un jazz morbido per cui l’esecuzione live è molto rischiosa. Si sa che le cose più aggressive sono più facili da eseguire, quelle che hanno una certa raffinatezza necessitano di più attenzione e grande coinvolgimento dei musicisti.
In effetti trovare un pezzo che strizza l’occhio al jazz in un disco di Zarrillo è cosa probabilmente inaspettata.
Amo spaziare. La musica è la mia grande passione. In ogni mio disco ci sono varie incursioni in territori "altri", forse è un mio pregio o anche un limite, ma chi ha apprezzato questo mio aspetto non mi ha più abbandonato. La passione per la musica è stupirsi anche un po’ quando ti metti a suonare e ti esce fuori qualcosa di diverso, di inaspettato. Ascoltando di tutto, dall’hard rock alla musica classica, è normale che ci si voglia sperimentare in territori nuovi, per rinnovarsi. Questa è una mia prerogativa e paradossalmente ho un piccolo problema con gli addetti ai lavori che mi hanno considerato sempre nazional-popolare perché ho canzoni, fortunatamente, anche popolari. Mi rendo conto che sono storie semplici, però è anche il nostro vissuto. Conta poi anche la musica che ha il ruolo più importante. Il difetto di molti è quello di valutare un disco dando troppa attenzione alle liriche, come se si dovesse comprare un libro; bisogna tornare a dare valore alla musica, alle emozioni.
Suonare dal vivo è rimasto forse l’unico modo per far conoscere il proprio lavoro alla gente, senza mediazioni.
Sì, il tour è la prova del nove. Si capisce quanto il pubblico apprezzi le canzoni, perché adesso la cosa difficile, paradossalmente, è farle conoscere. I media impongono certe cose e ce ne precludono chissà quante altre. Per questo è fondamentale l’attenzione della gente che si va ancora a cercare quello che gli piace attraverso canali alternativi.
In questo disco, oltre alla musica, un ruolo centrale lo ha anche l’uomo in quanto essere unico.
Certo. Il disco non è ermetico. Ci sono temi legati alla vita di tutti noi, storie comuni a molti, alcune anche private. “La piccola mela” è un piccolo regalo che si fa a tutti i nuovi figli ( Zarrillo è diventato di nuovo papà un anno e mezzo fa n.d.r.) una canzone nata per gioco la notte in cui è nato mio figlio. Di solito gli si dedicano canzoni un po’seriose, sono stati scritti capolavori a riguardo, a me è uscita questa filastrocca reggae simpatica che pare stia piacendo molto ai bambini. Se devo fare un bilancio dico che forse la voglia, la passione e l’energia che metto nel fare musica è più forte di prima. Tendo a rinnovarmi non perché finora io non mi sia piaciuto, ma perché è naturale. Il non essere stato sempre un “numero uno” ha fatto sì che io sia ancorato alla ricerca perché servono sempre stimoli nuovi. Questo disco parla abbastanza chiaro, non c’è una flessione di idee musicali. Per mettere su disco delle emozioni le devi aver provate. Non bisogna far impoverire il proprio sentire.
“Unici al mondo” ti ha portato a lavorare con nuovi collaboratori e a ristabilire il sodalizio con Giampiero Artegiani.
Ho lavorato con Roberto Guarino per la realizzazione e gli arrangiamenti e il fatto che non ci conoscessimo bene personalmente mi ha portato a rifiutare delle sue proposte che non facevano per me. Il punto d’incontro è la nostra passione per la musica. Con i miei collaboratori parlo moltissimo di musica prima di metterci a lavoro, in modo da conoscere i nostri gusti, le preferenze, entrare in sintonia. Con Artegiani è stato più facile perché ci conosciamo bene, è stata una sorta di ripartenza. Io credo che bisogna essere un po’ innamorati delle persone con le quali si lavora, volersi bene, comunicarsi qualcosa anche a livello di sentimenti.
Nella canzone “In questo tempo” getti uno sguardo critico sulla società in cui viviamo. Cosa ti indigna?
Sprecare il tempo e vanificare gli sforzi compiuti. Mi indigna la cattiveria degli uomini per il proprio tornaconto. Credo che finora ci sia stata una ribellione molto educata. L’essere umano sta cercando di ritrovare sé stesso. Quando vedo gente che rischia la propria vita per salvare una balena mi commuovo.
Cosa ne pensi dei talent show?
In un certo senso ci sono sempre stati: avevamo Sanremo giovani, Castrocaro, luoghi in cui presentare il proprio talento. Ora mi sembra si canti troppo, c’è un boom di aperture di scuole di canto. Quello che mi lascia perplesso è che tutti vogliono cantare, ma da vari anni a questa parte non è uscito fuori nessuno che musicalmente mi abbia cambiato la vita. Dai talent escono belle voci, ma non artisti.
Photocredit: Daniela Boccadoro
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