E in classifica tornano i Pink Floyd, da Atom heart mother a The dark side of the moon
di: Simone Tricomi
Trent’anni dopo i capolavori della band inglese non perdono fascino e appeal commerciale ed il mondo della musica si scopre ancora incantato dal lato oscuro della luna. Trent’anni dopo i capolavori della band inglese non perdono fascino e appeal commerciale e il mondo della musica si scopre ancora incantato dal lato oscuro della luna.
Punto primo: diffidate dei media, in particolare quelli che trattano di musica. Cercheranno di convincervi che siete “cool” se ascoltate qualche emo-group. Punto secondo: non pensate che i passaggi radiofonici o televisivi determinino l’amore verso un artista. Punto terzo: non perdete la fiducia. Non sentitevi come reduci un po’ malconci e solitari se le vostre orecchie bramano del sano rock’n roll e della musica di qualità. Il popolo del rock è vivo e vegeto.
Antefatto. Stavo navigando nel web e dando un’occhiata alla classifica dei primi cento dischi della settimana in quanto a vendite. Normalmente non sono interessato alla cosa, probabilmente non ha neanche più senso parlare di classifiche e vendite visto lo stato moribondo della discografia. Ma questa è un’altra storia… Stavo leggendo e ad un certo punto mi sono stropicciato gli occhi. Nelle prime cento posizioni ci sono ancora, sempre e comunque loro: i Pink Floyd. Presenti con ben quattro dischi, per la precisione: “The dark side of the moon” (anno 1973) al numero 45, “The Wall” (1979) al 71, “Wish you were here” (1975) al 73 e addirittura “Atom heart mother” (anno domini 1970) al numero 88. Anche ora che il gruppo non esiste ufficialmente più (dopo la recente scomparsa di Richard Wright ma in un certo senso anche da molto prima) tre generazioni di rockettari regalano un attestato eterno di qualità e bellezza artistica a capolavori che fanno ormai parte della cultura mondiale, più che della musica in senso stretto.
E magicamente non mi sento invecchiato troppo presto con i miei 24 anni e la spilla con la lingua degli Stones sul giubbino. Pian piano mi convinco che ci saranno sempre magliette stropicciate con tour mondiali sulla schiena, che ci saranno sempre cover band di ventenni che suonano “Roadhouse Blues”, che i cancelli degli stadi saranno sempre gremiti di nottambuli coi sacchi a pelo pronti ad accaparrarsi un posto in prima fila e soprattutto che in una qualunque spiaggia illuminata dalle stelle ci sarà sempre una chitarra pronta ad intonare “Wish you were here”.
In questo momento in cui non si ha alcuna certezza, è pur sempre una magnifica sensazione…
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