Cern, il nuovo EP di Eugene
di: Manuela Ippolito Giardi
Si intitola "Cern" il nuovo EP di Eugene. Sono investigazioni sul brano omonimo contenuto nel progetto MicrΩmega dell'artista Ottodix. Si intitola "Cern" il nuovo EP di Eugene. Sono investigazioni sul brano omonimo contenuto nel progetto MicrΩmega dell'artista Ottodix.
Le tre versioni di "Cern" formano un EP digitale prodotto da Eugene e sono contenute all’interno dell’installazione digitale www.micromegaproject.com (*) e fanno parte di una tracklist di ben 108 rivisitazioni dei brani dell’album “MicrΩmega” di Ottodix.
L’opera digitale concepita e illustrata da Alessandro Zannier, artista visivo oltre che musicale, indaga le regole occulte della materia dal micro al macro cosmo e darà vita a una serie di concerti e di mostre d’arte contemporanea a cavallo tra musica, scienza e filosofia con la partecipazione di importanti ospiti come Madaski (Africa Unite), Luca Urbani, Flavio Ferri (DeltaV), Laura Bisceglia (violoncello con Teho Teardo e Blixa Bargeld), Gigi Masin, Lele Battista e molti altri.
“MicrΩmega”. L’inquantificabilmente piccolo, la misura, il suo senso. Concetti vertiginosi nella loro minimalità. Con l’utilizzo dei sintetizzatori e delle macchine creative come strumenti non convenzionali nell’esplorazione scientifica, Eugene ha realizzato una serie composta da tre ingrandimenti di “Cern” (brano contenuto nel sesto concept album degli Ottodix dell’artista Alessandro Zannier). Un ordine temporale crescente guida la progressione dei suoni, così come
idealmente arricchisce di dettagli gli stessi, espandendoli fino a renderli però infinitesimali.
Le uniche regole compositive applicate per questi brani prevedono l'inserimento di almeno un campione vocale del brano originale e fissano il loro tempo in minuti alla somma dei primi due, tre e quattro numeri di Fibonacci. Tutto il resto è scaturito dall’ispirazione personale, nonché a momenti dal ludico ausilio delle Strategie Oblique di Eno/Schmidt. Il primo brano si articola in due minuti, costruiti principalmente intorno a micro-macchine (casio vl-1, stilofono, monotron) e ad alcune vocali derivate dalla coda di parole cantate nel testo, in loop e riverberate. Il secondo, della durata di quattro minuti, ha una netta identità armonica, scandita dai ritmi serrati caratteristici della musica techno; dentro la sua geometria incastra il pronome personale “io”, spesso frammentandolo e trattando le particelle vocali con echi e distorsioni. Nel terzo infine, il muro di sintetizzatori crea un ambiente attorno alla parola “Cern”,
riprodotta prima in maniera corretta e poi al contrario, ma resa pressoché irriconoscibile da una estrema diffusione strutturale; una dilatazione che si distende su sette minuti, in modo etereo e denso al contempo, sognante, eppure minaccioso.
"La percezione che ho alla fine di questo processo immaginifico, e nell’immersione in esso, è che ingrandire al microscopio e zoomare attraverso un telescopio - una molecola, una stella,... un suono, un istante di vita - sono due azioni opposte che possono paradossalmente condurci al medesimo stadio: il restare attoniti di fronte a quanto, ed è sterminato, si mostra giganteo, e per questo motivo invisibile, impossibile da restringere nel nostro campo" (Eugene)
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