La sinuosa voce della denuncia: Susanna Parigi
di: Ambrosia J.S. Imbornone
Il 7 sarà al Teatro dell'Arte di Milano con lo spettacolo musical-teatrale “In Differenze”, scritto con il filosofo Umberto Galimberti. Voce suadente delle ombre della terra, ci parla della sua ricerca della bellezza nell’arte che non sa tacere. C’è chi piega il capo in segno di resa dinnanzi ai meccanismi alienanti del neocapitalismo globalizzato, all’imposizione trionfalistica di una cultura omologata, che distrugge le differenze e spegne il pensiero, ai canoni commerciali di una bellezza svenduta, siliconata e priva di anima. E c’è chi ha il coraggio di avere ancora delle idee e la volontà di osservare i paradossi incomprensibili di un mondo in cui la solitudine è una malattia di massa, i privilegi un’arma, l’intelligenza e la coerenza qualità rare che rischiano persino di allontanare la meta del successo, anziché avvicinarlo. Susanna Parigi corre il rischio. Di scrivere, di parlare, di cantare, di emozionare con la sua voce sinuosa, ricca di sfumature e colori,gravida di una passionalità elegante. Di cercare e amare la bellezza negli occhi della gente, nelle pagine dei libri, nell’arte che non sa tacere e non può annoiare. Sabato 7 ottobre il suo spettacolo musical-teatrale “In Differenze”, atto unico di 90 minuti con testi scritti con il filosofo Umberto Galimberti, sarà al Teatro dell’Arte di Milano (Viale Alemagna 6, ore 21 – ingresso libero). La cantautrice fiorentina, che ha all’attivo tre album originali e fascinosi (“Susanna Parigi”, 1996, “Scomposta”, 1999 e “In Differenze”, 2004, prodotto da Vince Tempera per l’etichetta Sette Ottavi, distribuzione Delta Dischi) sarà accompagnata da Aurora Bisanti (violino), Alice Bisanti (viola), Yuriko Mikami (violoncello), Matteo Giudici (chitarre) e Antonio Pani (percussioni).
Ecco cosa ci ha detto del suo rifiuto dell’indifferenza, della sua coerenza, del circo massmediologico, della letteratura, della fotografia e, ovviamente, della musica.
Ambrosia: Lo spettacolo musical-teatrale “In Differenze” è composto da monologhi e canzoni. I temi dei testi recitati sono gli stessi che emergevano nel disco omonimo, la massificazione, le contraddizioni dell’animo, il male che ci portiamo dentro o che infliggiamo agli altri, l’indifferenza nei confronti delle differenze, che vengono livellate con la forza o brutalmente calpestate, la cecità e sordità dinnanzi alla molteplicità “scomposta” degli individui e delle loro pene?
Susanna Parigi: Hai detto quasi tutto tu. Posso aggiungere che è un rifiuto della passività in tutte le sue forme, da quella privata a quella che sfocia nel sociale. Non riesco a capire cosa c’è in me di diverso, ma quando accendo per errore la televisione “confessionale” dove si confessa solo una finzione di sentimenti, dove le emozioni si risolvono a gioco, dove si insegna ai nostri figli che la menzogna paga, io mi sento offesa. Perché non riesco a comprendere le ragioni per cui molti usano i Suv inquinanti e ingombranti in città già sull’orlo del collasso rendendo la vita più difficile non solo agli altri ma anche a sé stessi e ai propri figli? Come mai non riesco ad entrare nell’ingranaggio del “lavora lavora” per “comprare comprare” cose di cui si potrebbe fare a meno e poi non aver più tempo da dedicare alle persone?
A: Com’è nata la tua collaborazione con Umberto Galimberti? Vi accomuna probabilmente il coraggio e l’acuta capacità di osservare con intelligente concretezza la scabrosa complessità e tragicità di un mondo in cui di male ce n’è troppo “per riuscire a non pensare”(“La fatica e la pazienza”).
SP: Forse la cosa che più ci accomuna è una certa coerenza. Prendere posizioni decise è una scelta a volte molto pesante che ti preclude sicuramente delle possibilità. Umberto l’ha fatta e io ugualmente rifiutando di divenire buffona di corti mediatiche (rinunciando anche a discreti guadagni) e scegliendo di dire chiaramente quello che penso. Grandi artisti insegnano che questo è rischioso e non si sono mai schierati apertamente.
A: Nello spettacolo c’è la voce fuori campo di Leonardo Manera, nel disco del 2004 quella di Flavio Oreglio: come li hai conosciuti?
SP: Sono due grandi amici e persone meravigliose. Ci siamo conosciuti facendo degli spettacoli insieme, poi mi hanno chiamato spesso per i laboratori dello Zelig.
A: Un altro prezioso ingrediente dello show è il drammatico ed efficace realismo delle foto di Sebastiao Salgado. Come sono state selezionate? Tra l’altro parte dei proventi ricavati dalla vendita del tuo ultimo cd è stata devoluta a una fondazione creata da Salgado e sua moglie per il recupero della Foresta Atlantica Brasiliana, quindi al fondo di questo connubio di musica e immagini, cominciato con la copertina di “In Differenze”, c’è anche una comunanza di obiettivi e principi…
SP: Le foto di Salgado hanno avuto su di me un effetto potentissimo. Più volte ho detto che vorrei fare musica come lui fa foto e lui riesce a fare quelle foto perché è la persona che è. Non arriva con l’aereo, scatta e se ne va; lui si ferma, vive con le persone fino a che lo scatto non è più estraneo. Credo che trovare la bellezza e la poesia nelle zone povere del mondo, in pratica emozionare, sia l’unico modo per fermare le persone, anche solo per poco tempo, da questa corsa bendata che spesso è la vita dalle nostre parti.
A: All’ingresso del Teatro dell’Arte ci saranno gli scatti della mostra “I frutti dell’ipocrisia. Storie di chi l’agricoltura la fa. Di nascosto”, che illustra le condizioni dei lavoratori immigrati stagionali nel sud Italia ed è stata realizzata da Francesco Cocco per Medici senza Frontiere. Chi ha avuto l’idea di dare al concerto anche quest’ulteriore dimensione di impegno sociale?
SP: Non è un’idea. E’ nato così dall’incontro. Medici senza Frontiere è un’organizzazione molto particolare. Non so se tutti sanno che all’intervento medico affiancano sempre un’azione di testimonianza e denuncia. Questo a mio avviso fa la differenza tra un “rammendare” (anche se di indubbia importanza) situazioni che però rimangono immutabili, e un cercare di agire alla radice. Inoltre è indipendente da ogni condizionamento politico perché raccoglie la maggior parte dei fondi da privati cittadini.
A: Il testo di “False”, che hai scritto con Galiberti e Kaballà, è gravido di comprensibile sdegno nei confronti della volgare mercificazione mediatica delle donne, ahinoi pienamente (o inconsapevolmente) consenzienti. Secondo te la creazione dei miti-fantocci del gossip e della televisione è un processo irreversibile o ci sono speranze di modificare l’immaginario del pubblico?
SP: Se penso a quello che leggo dei filosofi greci, che si lamentavano con gli stessi argomenti che usiamo noi del degrado culturale, mi viene da credere che il processo dell’umanità non può essere un deterioramento continuo e ininterrotto; penso ci siano dei “sali” e degli “scendi” e che adesso siamo nello “scendi”dal quale non si può che risalire....o ancora non abbiamo toccato il fondo?:-)
A: La musica di qualità non rientra solitamente negli ingredienti del circo televisivo, per fortuna o purtroppo. Ti piacerebbe una televisione diversa, in cui la cultura e l’arte non fossero degradati a mero contorno commerciale, o in fondo come artista pensi che ci siano altri modi per raggiungere il cuore degli ascoltatori?
SP: Credo di aver risposto prima a questa domanda. Penso che il teatro possa essere un’alternativa meravigliosa.
A: Un pizzico della magia delle atmosfere live comunque, se non trova spazio nelle trasmissioni televisive, arriva nelle case degli appassionati di musica grazie alle registrazioni dei concerti. A dicembre il tuo spettacolo sarà anche un dvd: destinatari principali di questo progetto pensi siano gli estimatori che hanno già avuto modo di assistere allo spettacolo di persona o quanti hanno apprezzato per ora il suadente incantesimo della tua musica solo su disco?
SP: Non so di preciso ma credo tutti quelli che mi sono molto affezionati; sono sempre di più e a volte me lo dimostrano in maniera così forte che mi commuovo.
A: Quali sono i tuoi modelli per quanto riguarda lo stile vocale? Ti ho sentito citare Tori Amos, e la tua voce è altrettanto limpida, espressiva e in qualche modo virtuosistica, ma anche più corposa, mediterranea, calda.
Inoltre nel tuo eclettismo musicale, che ti porta a contaminare cori bizantini e cenni di elettronica, sonorità di una purezza classica e arrangiamenti orchestrali di sapore world, hai dei punti di riferimento tra i tuoi colleghi?
SP: A parte la già citata T.Amos, direi Betty Carter, Peter Gabriel, Barbra Streisand, i nostri Gaber, Guccini, Conte, Fossati.
A: Lavori da due album con Pippo Rinaldi, alias Kaballà (ndr.: cantautore, paroliere storico di Mario Venuti, ma anche collaboratore di Antonella Ruggiero, Eros Ramazzotti, ecc.). Ti fa un po’ da “editor” dei testi, a quanto ho capito, limandoli con grazia, attenzione e rispetto. Pensi di continuare ad avvalerti della sua amichevole supervisione?
SP: Ormai è tale l’amicizia e l’affiatamento che non credo potremo separarci.
A: “Una stagione all’inferno” ammicca nel titolo vagamente a Rimbaud, “Amore che m’invita” contiene un cenno a un verso famosissimo di Verlaine (“l’impero alla fine della decadenza”): qual è il tuo rapporto con la letteratura? Ho letto sul libretto e nelle interviste citazioni di Baricco, Brecht, riferimenti a Margherite Yourcenar…
SP: Alcuni scrittori hanno descritto meravigliosamente certi stati d’animo...perché non rubare?:-) A parte gli scherzi la cultura, la bellezza non è noia, come a volte si vuol far credere. La letteratura ti rende viaggiatore di luoghi e pensieri “altri” da te, nei musei è contenuta la bellezza del mondo e quando esci ti gira la testa, a teatro si ride, si piange, ci si emoziona e ci si sente vivi. Come può annoiare tutto questo?
A: Infine, una classica domanda sul tuo futuro: a quando il quarto album?E’ già in cantiere?
SP: Sì. Spero molto presto di entrare in sala di registrazione. Le canzoni sono già pronte.
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