Ariema: un gruppo "degno". Ecco "Mayelè"
di: Massimo Giuliano
Dopo “L’allegra danza delle mosche intorno”, il gruppo fiorentino è tornato con un nuovo demo: “Mayelè”. Vi parliamo del cd e vi spieghiamo cosa intendiamo con l’espressione “gruppo degno” Il 10 maggio ricorre l’anniversario di una mia scoperta: l’universo Ariema. Nel 2003, infatti, io e il gruppo toscano eravamo alla XXIX Convention di Ululati dall’Underground: il sottoscritto in veste di curioso-collaboratore di Musicalnews, loro in veste di partecipanti a un concorso che li avrebbe consacrati vincitori. Ricordo ancora che quando salirono sul palco e attaccarono “Cervello chimico” mi svegliai dal torpore in cui mi trovavo (anche perché era primo pomeriggio) e dissi: «Ma chi sono questi?», colpito dall’originalità della loro musica. Terminata l’esibizione, chiesi alla band una copia del demo che avevano appena sfornato. Fu lì che mi innamorai. Mi innamorai di Sara. Mi innamorai di Paolo e Sacha. Mi innamorai di Germano. Un’infatuazione artistica, è chiaro, ma comunque un sentimento forte. Un’infatuazione, tra l’altro, ricambiata. E che si è consolidata quando gli Ariema (anche se loro preferiscono farsi chiamare semplicemente “Ariema”, come se si stesse parlando di una persona) mi hanno spedito il loro nuovo, valido demo: “Mayelè”.
Un demo coraggioso, soprattutto per chi non ha mai ascoltato niente di questi 4 ragazzi: perché? Perché, in tre brani su quattro, il basso di Paolo Baroncini si distorce e diventa presente, quasi invadente, rischiando di distogliere l’attenzione dell’ascoltatore dal resto. Volevo saperne di più, capire come mai il Barox avesse scelto questa soluzione; e la sua risposta è stata quella che in fondo mi aspettavo: «Si è trattato di un periodo. Volevo sperimentare soluzioni nuove, anche per creare più atmosfera; abbiamo provato a fare i pezzi del demo anche con un suono pulito, ma la resa non era la stessa: su “Adesso” faceva perdere gran parte dell’aggressività alla strofa, oltre a lasciarla un po’ vuota. E poi ci piaceva il mettere insieme una voce e una chitarra “morbide” su una base più “ruvida”. Su “La tesi” ti dico solo che una volta che l’abbiamo provata ed io non avevo la pedaliera, ci siamo guardati e ci siamo detti che stavamo suonando un altro pezzo!!! Su “Modem”, invece, l’uso del distorsore è puramente marginale e serve solo a creare un po’ di atmosfera sul finale: lì avremmo potuto tranquillamente toglierlo ma, sinceramente, non ci siamo neanche posti il problema. In definitiva, il basso ha fatto un po’ la parte della tastiera». Obiettivamente, riascoltando i pezzi ci si rende conto che questo basso con un effetto così particolare ha qualcosa da dire. “Adesso” ce la ricordiamo tutti: mi aveva colpito già un anno fa, alla Convention, ora l’ho ritrovata qui. “La tesi” e “Modem”? Come direbbe Ranalli, due capolavori! Senza esagerazione: era difficile bissare la qualità dei brani del precedente demo, ma secondo me con queste due canzoni gli Ariema ci sono riusciti. È aumentata la componente dark rispetto a “L’allegra danza delle mosche intorno”, e si è fatta strada per la prima volta una cover: “Psycho killer” dei Talking Heads, registrata dagli Ariema per la compilation legata a Lazarus Ledd e riletta nello stile del gruppo.
“Gli” Ariema: dicevamo prima che i Nostri non vogliono essere chiamati così. «Ariema, per noi, è qualcosa di più che un semplice nome: la prima volta che abbiamo suonato dal vivo, prima di salire sul palco dicemmo alla persona che ci doveva presentare al pubblico di non dire "gli Ariema" ma solo "Ariema". Naturalmente disse "gli Ariema" e ci prese anche un po' male… Ariema è il modo di intendere la musica, di vivere la musica da parte di quattro persone: nessuno è mai entrato in questo gruppo con l'intenzione di imporre le proprie idee, ciò che viene fuori è il frutto di più personalità». Insomma, sarebbe più corretto parlare di un “progetto Ariema”: ipotesi avvalorata dal fatto che il quinto componente del gruppo è Gabriele “Demonio” Vignolini, che segue le prove, consiglia, esulta con i ragazzi per le belle notizie e li tira su per le brutte, fa loro da fonico nei live, li segue in qualsiasi posto dell’Italia si vada a suonare ed è il curatore del sito internet.
Con o senza l’articolo “gli”, va comunque detto che il percorso seguito da Sara Matteini Chiari (voce), Germano De Simone (chitarra), Paolo Baroncini (basso) e Sacha Simonelli (batteria) è in costante crescita: siccome questo quartetto non è composto da stupidi, i margini di miglioramento (che ci sono sempre) potranno essere tranquillamente attuati, perché la realtà chiamata Ariema non si adagerà sugli allori e continuerà a lavorare per creare pezzi e sonorità sempre più interessanti. Nella mia recensione pubblicata il 1 giugno 2003 (e linkata qui sotto) additai in sostanza gli Ariema come un gruppo “degno”, in quanto l’uso di questo aggettivo tornava frequentemente nel corso dell’articolo: «Paolo è il DEGNO compagno di avventura di Sara, perché sa che il suo strumento non deve servire solo da base ritmica»; «Germano e Sacha sono DEGNI comprimari di un progetto che può dirsi completo solo con loro»; «“Cervello chimico” è un brano DEGNO dei migliori Cure anni ’80».
Confermo in toto.
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