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Interviste
Pubblicato il 24/12/2008 alle 22:24:30Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Enrico Nascimbeni canta gli Uomini sbagliati per dare un senso a questa neve

di: Alessandro Sgritta

Enrico Nascimbeni, cantautore veronese, ha pubblicato da poco il suo settimo cd “Uomini sbagliati”(Moltorecording/Self) in cui oltre a duettare con il suo maestro Roberto Vecchioni dedica alcuni brani a Bukowski, Modigliani, Pavese e al padre Giulio.

Abbiamo intervistato Enrico Nascimbeni, cantautore veronese che ha pubblicato da poco il suo settimo cd “Uomini sbagliati” (Moltorecording/Self) in cui oltre a duettare con il suo maestro Roberto Vecchioni dedica alcuni brani a Bukowski, Modigliani, Pavese e al padre Giulio, scomparso un anno fa…

Partiamo dal titolo del tuo ultimo disco, chi sono gli “Uomini sbagliati”?
Gli uomini sbagliati sono quelli come me, io poi essendo un cantautore anche quando parlo degli altri finisco per parlare di me stesso, sono “uomini sbagliati” perché non si ritrovano più nell’epoca in cui stanno vivendo, hanno paura di non amare più e di non essere amati, sono disorientati, vivono una solitudine interiore molto profonda e fanno fatica a relazionarsi con le persone, sono convinti sotto sotto di vivere in un’epoca dove essere “coglioni” viene premiato, ovviamente quando parlo di Cesare Pavese, Modigliani, Bukowski, mio padre, si tratta di “uomini sbagliati” per le loro epoche, tra virgolette, per me sono persone giustissime in verità, però sicuramente è una considerazione, non penso di essere l’unico a disagio in questo momento, per tutto, per la crisi che c’è, per un governo che non mi piace e tante altre cose…

A proposito di questo come fai a conciliare il tuo essere milanista con la passione politica?
Perché sono milanista dalla nascita, ma effettivamente è molto dura, però è una fede, quindi passo oltre, quando vedo il Presidente che esulta cambio canale…

Tu sei milanese d’adozione ma ora dove vivi?
Io ho vissuto tutta la mia vita a Milano (da quando avevo 2 anni), adesso da 5 anni ho lasciato la città e sono tornato a vivere nella casa di famiglia vicino Verona, in piena campagna, sono veronese di nascita, questa è la casa da cui mio padre scappò per iniziare la sua carriera giornalistica al Corriere della Sera e dove è tornato negli ultimi 3 anni di vita…

Capisco che a un certo punto hai sentito l’esigenza di tornare a vivere lì…
Sì tanto mi accorgevo che gli amici ormai hanno un’età in cui tutti hanno da fare con la famiglia, quindi alla fine li vedo più adesso quando vado a Milano, e nel frattempo sto qui con la mia compagna, due cani e un gatto…

So che a Milano presenterai il tuo nuovo disco il 20 gennaio a La Salumeria della Musica…
Sì è un posto molto bello come struttura, mi piace, poi ovviamente non mi posso ancora permettere lo Smeraldo per una questione di pubblico, io in Italia faccio al massimo 700-800 persone, all’estero molte di più…

Ho saputo che proprio in questi giorni il tuo ultimo disco viene distribuito in Sud America (Venezuela, Colombia, Ecuador, Uruguay), Spagna, Austria e alcuni paesi dell’Europa dell’Est, com’è nato questo successo all’estero e come te lo spieghi?
È nato per una serie di casualità, perché la mia compagna è venezuelana ed è una grandissima amica del “Baglioni venezuelano” che si chiama Franco De Vita, che qui è un nome che non ti dice niente ma lì vende un milione di copie a disco, lui mi ha dato una mano e mi ha fatto conoscere un management venezuelano, da lì poi siamo passati alla Colombia… comunque ci ho messo tre anni a vincere il disco d’oro (che adesso sono 35.000 copie) con il mio terz’ultimo album “Le due anime” cantato in italiano, mi sono già permesso di fare un concerto da solo, se no faccio da supporter a vari cantanti e ho visto anche 80.000 persone, di solito canto pure due pezzi in spagnolo, anche il disco è stato ristampato con soli due brani in spagnolo, anche perché a loro piace l’italiano e un po’ lo capiscono, non me ne faccio un vanto perché sarebbe una cosa da frustrati, non mi piacciono questi discorsi, è una constatazione di fatto, è andata meglio all’estero che qua, poi sai perché ho venduto tanto? per un paradosso, perché nei paesi del terzo mondo, noi che adesso siamo il quarto (ride), la gente ha pochi soldi per comprarsi il computer e allora compra i cd originali e non li scarica da Internet, anche perché costano molto poco, un pacchetto di sigarette costa 50 centesimi…

Hai mai pensato di trasferirti lì?
Ci stiamo lavorando, certo io amo il mio paese anche se vorrei vederlo un po’ diverso, però se pensi che lì una villa con maggiordomo e tutto ti costa 30-40.000 euro, qui a quel prezzo ti danno un cesso con letto...(ride)


Stai preparando un tour per i prossimi mesi?
Sì ho dei concerti in Colombia a febbraio, poi in Austria e Spagna a marzo e aprile, in Italia farò 10-15 date, poi farò un concerto il 3 febbraio a Milano con i Rom per ricordare l’olocausto, è una provocazione, non per farmi pubblicità ma per tirare fuori la loro cultura e non solo il fatto che rubano nelle case, siccome siamo in tempi di razzismo allora canto con loro per dimostrare che hanno anche una profonda cultura musicale…

Che poi è un po’ il discorso che faceva anche De André a proposito dei Rom…
Io li amo molto, vado spesso nella Camargue in Francia dove ogni anno fanno la loro festa, c’è questo paesino dove hanno la loro Madonna Nera che portano su dal mare, è molto bello perché sono 4-5000 rom, gitani, ecc.…io qui ho un buonissimo rapporto con loro, vado a trovarli nel loro campo, qualche sera mi invitano a cena, sono molto gentili con me e io con loro, anche quando mi chiedono soldi…

Hai avuto delle collaborazioni eccellenti con Suzanne Vega, Tom Waits e Leonard Cohen, come sono nate?
Sì con Suzanne Vega è stata una collaborazione diretta (per “Mi manchi baby”), anche perché lei parla bene l’italiano, con Tom Waits è stata una collaborazione epistolare, praticamente mi ha bocciato per diverse volte una versione di un suo brano che avevo fatto (“House where nobody lives” tradotta con “La casa dove non vive nessuno”) poi alla fine mi ha risposto con un “Fuck you! Do it..” (ride, ndr.), però non mi sono limitato a tradurlo, l’ho cambiato totalmente, di Leonard Cohen invece ho riscritto “Hallelujah” con Francesco Baccini parlando del cartone animato Shrek e addirittura Cohen ci ha dato due punti di Siae, cosa che di solito non succede, l’ha accettato subito, ha detto “very funny!”, poi c’è stato un bel rapporto anche con Alice Peacock, una grandissima cantautrice con cui abbiamo fatto anche dei concerti insieme e con questa canzone “I hear you say” che ha fatto parte della colonna sonora di un telefilm ha avuto un buon successo anche negli Stati Uniti...

Poi hai avuto anche molte collaborazioni con artisti italiani, da Baccini a Mango, Mietta, Paola Turci, fino a Roberto Vecchioni con cui duetti nell’ultimo disco…
Sì con Roberto avevamo fatto già nel 2003 questa canzone “L’ultima notte di un vecchio sporcaccione” dedicata a Bukowski che era già contenuta in un altro mio disco, però l’abbiamo rifatta come l’avevamo fatta al Tenco, praticamente una specie di live con suoni molto francescani, come in tutto il disco, ho voluto che uscisse fuori la voce e che la gente ascoltasse le parole, come un cantautore vecchio stile, chitarra, basso e pianoforte…

Tu cosa suoni in particolare? sei autodidatta?
Io suono (male) la chitarra, io scrivo le canzoni poi il mio arrangiatore e chitarrista genovese Fabio Moretti pensa al resto, con lui ho collaborato negli ultimi quattro dischi…

Quindi Vecchioni può essere considerato un po’ il tuo maestro…
Sì Vecchioni è un padre, un maestro, un esempio, un collega, un amico, un pessimo chitarrista come me…(ride) io studiavo in un’altra classe del liceo dove lui era professore, eravamo nella stessa scuola quindi immagina da quanti anni lo conosco, da lì è nata una strettissima collaborazione perché avevamo lo stesso produttore e arrangiatore (Mauro Paoluzzi), gli stessi musicisti (tra cui Tony Esposito e Lucio Fabbri), io gli facevo da supporter nei concerti, avremo fatto 300 concerti insieme, ora ci si vede un po’ di meno ma siamo sempre in contatto, abbiamo fatto insieme anche il testo di “Vincent” che è una cover di Don Mc Lean, e poi appunto “L’ultima notte di un vecchio sporcaccione” nell’ultimo disco che è una canzone molto difficile da fare dal vivo per due motivi, primo perché non c’è lui e non posso portarmelo sempre dietro e poi perché è un recitato e i recitati sono micidiali, se sbagli una parola fai una figuraccia, al Tenco avevo molta paura…

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(Enrico Nascimbeni con Roberto Vecchioni)

Al Tenco pensi di tornare dopo questo disco?
Non mi vogliono (ride), nel 2004 mi avevano detto che avrei avuto un grandissimo spazio e non me l’hanno dato, allora siccome le cose non le mando a dire se la sono legata al dito, il Tenco sta diventando come Sanremo, il Club Tenco è nato quando un cantautore si è suicidato perché è stato sopraffatto dalla mafia del festival di Sanremo, adesso il Club Tenco si sta comportando esattamente come ai tempi del Sanremo di “Io tu e le rose” vinto da Orietta Berti, però io non mi suicido e li mando a fanculo…(ride)


”Modigliani” il brano di apertura dell'ultimo disco è un omaggio al celebre pittore di Livorno…
Io sono molto affascinato dai suoi quadri, anche perché non so dipingere, sono negato e quindi sono doppiamente affascinato dalle persone che sanno fare cose che io non so fare, mi ha colpito la sua vita, il fatto che fosse bellissimo e pieno di donne e che nonostante questo fosse infelice e sia morto giovanissimo, piegato dall’alcolismo, dalla malattia e dalla povertà…


A proposito di “uomini sbagliati” e “livornesi maledetti”, cosa ne pensi di Piero Ciampi?
Penso che sia un grandissimo poeta, non cantautore, le sue canzoni sono poesie, lo ammiro profondamente come amo Leo Ferré, sono dei poeti, non li considero dei musicisti perché la musica è un optional nelle canzoni di Ciampi, tranne qualche canzone…

E di Charles Bukowski cosa mi dici?
Detto da un astemio (perché io sono astemio), Bukowski è una persona che mi ha sempre divertito, ho letto molti suoi libri e i libri scritti su di lui, sulla storia di quest’uomo che ha scritto delle cose secondo me immense, io amo molto la Beat Generation, sono anche molto amico di Fernanda Pivano che è quella che li ha portati tutti in Italia, da Kerouac a Ferlinghetti a Burroughs, poi è una che ha tradotto l’Antologia di Spoon River quindi tanto di cappello, mi piace la parolaccia accostata alla poesia, secondo me a volte sono molto più volgari delle poesie dove si parla di tramonti male che delle poesie piene di parolacce però scritte molto bene, poi però mi piace anche Montale che non ha mai scritto una parolaccia in una poesia…

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(Enrico Nascimbeni con Fernanda Pivano)

A Montale hai dedicato anche delle canzoni in passato?
Sì gli ho dedicato una canzone che si chiama “Eugenio” nel mio quart’ultimo album “Amori disordinati”, perché ho avuto il piacere di conoscerlo e di frequentarlo dato che mio padre era suo amico e biografo, ce l’ho avuto spesso ospite a casa mia, sono stato anche a casa sua, addirittura ho fatto un video dove mio padre faceva la parte del poeta, di Montale, in questa canzone, ed è un grandissimo ricordo che ho di mio padre Giulio che se n’è andato all’inizio dell’anno, ma sembra un minuto…

A lui hai dedicato “Mio padre adesso è un aquilone” nel tuo ultimo disco…
Quando mio padre è morto il 28 gennaio scorso avevo già finito il disco e stava andando in stampa, allora ho bloccato l’album perché volevo dedicargli una canzone, c’ho messo due mesi a scriverla, l’abbiamo arrangiata e poi è uscito il disco…

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(Enrico Nascimbeni con il padre Giulio)

Anche la passione per il giornalismo te l’ha trasmessa tuo padre?
Sì io avevo fatto tre album tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, poi ho mollato tutto perché respiravo il giornalismo e l’ho fatto per 18 anni, però non mi occupavo di musica, ho fatto cronaca nera, giudiziaria e l’inviato di guerra, sarei stato un frustrato se avessi scritto di musica perché avrei parlato bene di tutti perché so cosa c’è dietro il lavoro di un album, sarei stato troppo buono, una mollica di pane…(ride)

Dopo 18 anni di giornalismo sei tornato a fare il cantautore nel 2003…
Sì sono tornato prima come autore facendo un album della Turci (“Mi basta il Paradiso”) poi ho fatto “Amori disordinati” nel 2003, a cui sono seguiti “Le due anime”, “Male di amare” e “Uomini sbagliati” …

Nonostante tutto ti consideri ancora un cantautore quasi cinquantenne agli esordi?
Mi trovo in una situazione paradossale, sono un quasi cinquantenne che si deve confrontare con i ragazzini e non è facile, però poi sull’essere ragazzini ci scrivo pure…

A proposito di ragazzini come sei arrivato a collaborare con Marco Carta?
Me l’ha chiesto la Wea, mi hanno mandato una canzone di cui ho fatto il testo (“Cielo nel cielo”, ndr.) era una cover, io sono onnivoro, non sono snob nei confronti di nessuno…

Quindi se la Pausini ti chiedesse di collaborare con lei lo faresti?
Magari, io faccio anche l’autore, è il mio mestiere, escludendo i cantautori che si schierano dalla parte della croce uncinata, i cantautori leghisti e razzisti, se si tratta di un artista qualunque, anche per degli sconosciuti lo faccio volentieri…

Hai un successo clamoroso su Internet e MySpace, sei a 450.000 contatti e i tuoi brani fanno più di 1000 ascolti al giorno…
Sì da quando sono da un mese e mezzo nella top ten di i-Tunes gli ascolti sono volati, perché essendo in distribuzione anche in Sud America mi ascoltano da tutto il mondo, sono arrivato anche a 3000 ascolti al giorno che sono tantissimi per uno come me che fa pochi passaggi televisivi e pochi articoli, per esempio il Corriere della Sera ha recensito il mio album sulle pagine della cultura, punto sulla qualità e non sulla quantità, tanto so che non diventerò mai una popstar né mi interessa particolarmente, quindi il mio obiettivo è tornare a fare i teatri come una volta, sapere che il mio pubblico compra il mio album a scatola chiusa, ora siamo già in ristampa, sono vicino al disco d’oro, l’importante è avere delle persone che si emozionano con me…

Hai anche un fan club in Messico se non sbaglio…
Sì c’è un fan club messicano e uno italiano, anche se odio la parola “fan” perché viene da “fanatico”, ho 3000 fan italiani, i messicani sono un po’ meno, ce ne sono anche in Uruguay…

C’è anche una canzone dedicata a Cesare Pavese, “Non fate pettegolezzi”…
“Non fate pettegolezzi” è il biglietto che ha lasciato Cesare Pavese prima di spararsi, nel testo ho cercato di immedesimarmi in una persona che sta per ammazzarsi e di capire a cosa pensa, infatti dice “se potessi tornare indietro io non lo so…”, amo moltissimo Pavese come scrittore e poeta…

Mi è piaciuta molto “C’è un cielo sopra il cielo” che hai ripreso anche alla fine nella strumentale “Angels”…
Sì è una canzone dedicata a mia madre (che ho perso nel 2000), l’ho scritta su una panchina di un parco a Milano, è la speranza di un ateo che ci sia un cielo sopra il cielo, di rincontrarsi un giorno da qualche parte, vivrei molto più serenamente la vita se ne avessi la certezza, preferisco quasi la versione strumentale, forse farà parte della colonna sonora di un film, ho cambiato il titolo perché mi piaceva “Angels”, sono molto affascinato dagli angeli, ho visto tante volte “Il cielo sopra Berlino” di Wenders, ascolto molto spesso la canzone di Nick Cave sugli angeli, non ci credo agli angeli però ne sono affascinato, non lo so, ho una grande speranza, poi comincio a invecchiare che per me vuol dire farsi delle domande e dover pagare troppe bollette, quindi diventare sempre più intollerante nei confronti delle persone, mentre poi dentro sono rimasto lo stesso di sempre, un bambino…

Infatti c’è anche una canzone dal titolo “Io sono un bambino”, autobiografica come tutto il disco suppongo…
Sì è una canzone fatta volutamente a filastrocca che dice che sono rimasto un bambino che però non riesce più a giocare…

Hai scritto anche due libri, “Mani pulite” e “Il tropico del ricordo”…
Sì ho scritto un romanzo ispirato al “Tropico del Capricorno” di Henry Miller e poi con Andrea Pamparana ho fatto questo libro che ha stravenduto perché è uscito proprio in piena epoca di Tangentopoli…

Hai intervistato anche Craxi ad Hammamet, ma tu da che parte stavi?
Ero un dipietrista, pur lavorando prima per L’Indipendente e poi per Studio Aperto, perché so che Mani Pulite è un’inchiesta nata in buona fede e iniziata per caso, tutt’ora ho un buon rapporto con Di Pietro, non sono del tutto dipietrista nelle sue battaglie politiche ma lo ammiro perché so che è una persona che ha fatto delle cose in buona fede e comunque è l’unico in questo momento che ha il coraggio di dire certe cose, e lui lo può dire perché a metà inchiesta Berlusconi gli offrì un ministero e i servizi segreti civili…

Qual è la tua canzone preferita del disco?
Per me è “Dare un senso a questa neve”, che esprime la paura di non amare più, la neve è una doppia metafora, una bella del silenzio e della gioia che copre tutto lo schifo del mondo, l’altro tipo di neve è il gelo interiore, la paura di non amare…

Come passerai il Natale?
Vorrei narcotizzarmi in queste feste e risvegliarmi il 6 gennaio, intanto odio le feste comandate, per me Natale e Capodanno possono venire in qualsiasi giorno dell’anno, e poi questo è il primo Natale che passerò senza mio padre… ti auguro comunque un Buon Natale e spero di incontrarti presto!


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