Verdena a Pescara - Palaelettra2 - 23/2/2011
di: Massimo Giuliano
La tappa di Pescara al Palaelettra2, rinviata di un mese per problemi tecnici, ha portato ieri sera il tour dei Verdena anche in Abruzzo. Gran parte della scaletta era incentrata sull'ultimo cd. Il “Wow Tour” costituisce la consacrazione definitiva dei Verdena, almeno per quanto riguarda il fronte live. Lo dimostrano i numerosi sold out che la formazione bergamasca sta collezionando in giro per l’Italia, aggiungendo date su date a una serie di concerti apprezzati mediamente sia dai vecchi fan sia da quelli nuovi. Certo, l’ultimo cd di Alberto Ferrari e soci ha spiazzato qualche ammiratore della prima ora, specie per l’uso che i Verdena fanno stavolta delle tastiere, ma a questa band va oggi riconosciuta la capacità – non propria a tutti – di rinnovarsi sempre, proponendo in ogni nuovo lavoro qualcosa di diverso. La tappa di Pescara al Palaelettra2, rinviata di un mese per problemi tecnici, ha portato ieri sera i Verdena anche in Abruzzo. Gran parte dello show è stata incentrata sull’ultimo album.
Entrati in scena pochi minuti dopo le 22, i Verdena hanno proposto per circa due ore il loro sound duro, psichedelico e ammaliante, in grado di tirare fuori da ciascuno di noi i più vividi tormenti esistenziali e di descriverli appieno in musica. Uno dei momenti migliori del concerto è stato rappresentato da “Le Scarpe Volanti” e “Miglioramento”, due brani di “Wow” che insieme a “Logorrea (Esperti all’opera)”, tratta dall’ottimo “Il suicidio del samurai”, si sono collocati davvero al di sopra del resto. Stesso discorso per “Razzi Arpia Inferno e Fiamme”, il singolo di lancio dell’ultimo lavoro caratterizzato da sonorità acustiche e ipnotiche al tempo stesso. Di rilievo anche “Badea blues”, “Scegli me”, “È solo lunedì” e “Nuova luce”. I Verdena sono di poche parole, si limitano a ringraziare il pubblico ogni tanto e lasciano che a parlare siano solo i loro pezzi. Da “Verdena”, la loro opera prima, recuperano “L’infinita gioia di Henry Bahus”, poi sotto con altre piccole gemme come “Muori delay”, “Il caos strisciante”, “Canos” e “Luna”, ancora da “Il suicidio del samurai” (fu il primo estratto di quel disco).
Dal vivo il vero motore del gruppo è Luca Ferrari: un batterista indubbiamente bravo, validissimo e passionale, non banale nei ritmi e preciso come un metronomo. È lui il più tecnico, il virtuoso. Il fratello chitarrista Alberto e la bassista Roberta Sammarelli sono creativi e pieni di inventiva, ma più minimalisti nello stile. L’unione di questi tre artisti crea un’alchimia di personalità che si incastonano bene tra loro. Quando Ferrari attacca “Spaceman” si torna indietro di dieci anni, fino a quel “Solo un grande sasso” che continua ad essere tra gli album più interessanti di questo trio. Spazio ancora alle tracce di “Wow” con “Il nulla di O.”, “Castelli per aria”, “Loniterp” e “Lui gareggia”. I presenti applaudono convinti. Una delle ultime canzoni in scaletta è “Non prendere l’acme, Eugenio”: nel finale del pezzo Roberta Sammarelli arriva quasi a scaraventare il proprio strumento per terra, e sul labiale non è difficile leggerle un bel Vaffanculo indirizzato chissà a chi. Anche questo è rock.
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