I quattro Underfloor, alternative psychedelic rock fiorentino dai Beatles a Doug Paisley
di: Francesca Odette Croxignatti
Sono in piena promozione per il lancio del disco Solitari blu: per Lorenzo Desiati, Guido Melis, Marco Superti e Giulia Nuti e' un periodo mood e languido, sotto la luce fioca di una Marquee Moon, esaltata dai Television.. Sono in piena promozione per il lancio del disco Solitari blu: per Lorenzo Desiati, Guido Melis, Marco Superti e Giulia Nuti e' un periodo mood e languido, sotto la luce fioca di una Marquee Moon, esaltata dai Television..
Abbiamo aspettato un po' ad incontrarli, ma alla fine ce l'abbiamo fatta e li volevamo tutti e quattro assieme. Ci riferiamo agli Underfloor, attualmente stabilizzati con questa line-up:
Guido Melis (basso elettrico e voce)
Marco Superti (chitarre elettriche ed acustiche)
Giulia Nuti (viola e tastiere)
Lorenzo Desiati (batteria)
Bentrovati agli Underfloor: come descrivere il momento che state vivendo in queste ore? C'e' un vostro nuovo disco in uscita ….
Giulia= Per me, essendo il mio ingresso nel gruppo recente, è un'esperienza nuova e ricca di grandi stimoli e di creatività. E' un universo sonoro nuovo e un nuovo modo di approcciarmi agli strumenti che suono, è una sfida personale e artistica che mi riempie di curiosità.
Marco=E' strano. Da una parte abbiamo appena terminato di dare forma e sostanza a idee e immagini su cui abbiamo lavorato a lungo. Allo stesso tempo siamo all'inizio di tutto quello che il disco può suscitare all'esterno. C'è eccitazione perché siamo convinti di portare fuori un lavoro che ci rappresenta a pieno e in maniera profonda.
Lorenzo=E' una soddisfazione, dopo tanto lavoro, vedere finalmente il tuo disco, toccarlo, leggerlo: è una bella sensazione. Ma c'è tanto da fare ancora, mai rilassarsi.
Guido= E’ eccitante e impegnativo allo stesso tempo. Abbiamo lavorato a lungo, prima sulla scrittura e poi agli arrangiamenti, alla registrazione e alla produzione del cd, eppure sento che il bello arriva adesso, con il live.
Chi sono i Solitari Blu? Quanto c'e' di autobiografico in questi testi o si tratta solo di pura narrazione?
Giulia= Da questo punto di vista sono l'ultima arrivata, la parola agli autori...
Guido= Da anni avevo nel cassetto un testo con questo titolo, Solitari blu, senza musica. Mi è tornato tra le mani, e di quella versione primordiale è rimasto solo il titolo!
Solitari blu l’ho sempre visto come una proiezione nello spazio ancestrale, come il finale psichedelico di 2001: odissea nello spazio di Stanley Kubrick. L’immagine iniziale è proprio mutuata dai telefilm di fantascienza anni ‘70, come Spazio 1999: solo un filo ti trattiene ad un’ipotetica base, sempre più distante dal sole.
In realtà nel suo sviluppo il testo parla di un riscatto, personale oggettivo ma anche ovviamente simbolico: guardare la Terra dall’alto per liberarsi delle nostre sovrastrutture; Solitari perché è un percorso che si deve compiere da soli, blu perché è il colore del romanticismo, dell’amore che rappresenta, in fondo, l’unica chiave di lettura della vita accettabile. Fin dall’inizio avevamo capito che il titolo di questo brano sarebbe stato anche il titolo del disco, poi in fase di mastering Ernesto De Pascale ci propose di metterlo per primo in scaletta, nonostante la sua durata non propriamente da singolo. In generale ogni testo del disco ha avuto una lavorazione complessa e talvolta difficoltosa, per conciliare la lingua italiana con una musica di matrice più propriamente anglosassone: alla fine, però, sono molto soddisfatto del risultato, soprattutto in brani più personali come Metà di me, che si riferisce ad un momento molto particolare della mia vita, e a luoghi ben precisi, e Luci di ruggine.
Marco= I testi come la musica, a cui sono inscindibilmente legati, esprimono molto di quello che viviamo ed abbiamo vissuto in questo periodo. Più che creare una narrazione esterna cerchiamo di applicare luci e filtri colorati alle emozioni che caratterizzano il nostro mondo.
Lorenzo= Per me Solitari Blu sono tutte quelle persone che sono alla ricerca di qualcosa. Si può essere Solitari sia da soli che in compagnia, e Blu è la speranza di poter riuscire in qualcosa. Non lo vedo quindi come una cosa negativa.
Inevitabile una domanda sulla scomparsa di Ernesto De Pascale, produttore con voi di questo cd...
Giulia= Ernesto, oltre che un caro amico, è stata una persona determinante per varie tappe della mia vita. L'ho conosciuto quando avevo sedici anni durante un corso di giornalismo e da allora ho lavorato al suo fianco al Popolo del Blues. Mi ha insegnato molto dal punto di vista professionale, musicale e umano. Anche guardarlo lavorare dietro il banco del mixer a questo disco è stata un'avventura da cui s'imparava ogni volta qualcosa. Come spesso mi piace ricordare, aveva la caratteristica di mettere insieme e far incontrare le persone, dando vita a nuove amicizie e sinergie artistiche. In qualche modo dietro al mio incontro con gli Underfloor c'è anche la sua energia, dall'incentivo qualche anno fa a scrivere il primo arrangiamento al suo incoraggiamento costante a non far mai cadere le collaborazioni positive intraprese. Anzi, come è stato nel nostro caso, a coltivarle e farle crescere.
Guido= Negli ultimi sette anni mi sono trovato a collaborare sempre di più con Ernesto, soprattutto a missaggi e altri lavori in studio extra Underfloor. Mi è difficile trovare le parole giuste, il nostro era diventato anche un rapporto di sincera amicizia e, per utilizzare le sue parole, ci sentivamo un team di lavoro. Sono contento di avergli saputo scrivere che in ogni progetto nel quale collaborava il suo apporto era quello determinante, il più autorevole. Non è solo una persona che ha creato e concretizzato molto, è anche una persona che ha seminato, con un entusiasmo e una disponibilità umana davvero rari. Per questo mi sento di parlarne solo al presente.
Marco= Ho conosciuto Ernesto durante la lavorazione del disco. Era una persona alla ricerca continua dell'intuizione, dell'idea creativa, disposto a lavorarci fino a che non venisse tirato fuori il massimo.
Lorenzo= Ha creato un grosso vuoto. Mi ha molto scosso la scomparsa di Ernesto. Era il nostro produttore è vero, ma soprattutto un amico.
Raccontiamo biograficamente come ciascuno di voi si e' trovato coinvolto nel progetto Underfloor...
Marco= Conoscevo e stimavo molto il gruppo prima di entrarvi, lo tenevo d'occhio perché mi sarebbe interessato collaborarvi. Non appena ho saputo che cercavano un chitarrista, mi sono messo subito in contatto con loro. In realtà credevo volessero allargare la formazione, non conoscevo la situazione. Si trattava invece di farsi carico di tutto il lavoro chitarristico e per lo più in corsa visto che erano a metà della tournée. E' stata una bella sfida per tutti... ma dopo due mesi già lavoravamo su materiale nuovo!
Guido= Nel 2003 io e Lorenzo uscivamo da un’esperienza di musica originale che ci aveva esaltato e deluso allo stesso tempo. Volevamo fare un progetto nuovo e contattammo Matteo Urro. Fin dalla prima prova capimmo che c’erano idee, affinità ed energie. Quando Matteo, con nostro rammarico, ha deciso di smettere di suonare per dedicarsi ad altro non abbiamo avuto dubbi a continuare, ma determinante in questo senso è stato l’ingresso di Marco, che ha subito rivestito un ruolo importante come autore, arrangiatore e ovviamente chitarrista.
Lorenzo= Come dice Guido, io e lui uscivamo da un'altra esperienza ed eravamo scossi, ma spesso quando stai male tiri fuori il meglio di te stesso, ed ecco gli Underfloor. Il resto è storia.
Giulia= Sono entrata come quarto elemento nel gruppo durante le fasi di lavorazione di Solitari Blu. La nostra amicizia e collaborazione va però indietro di qualche anno. Ho suonato come ospite sul precedente Vertigine e scritto l'arrangiamento per archi del brano Ancora un inverno. Ho poi scritto l'arrangiamento di Bambino Mio con cui gli Underfloor hanno vinto il Premio per la miglior cover di Piero Ciampi al Premio Ciampi 2008, occasione in cui ci siamo esibiti insieme dal vivo, band più trio d'archi. Fino al graditissimo invito, di cui sono contenta e onorata, a prendere parte a tutti gli effetti al progetto.
Difficile vivere di musica: qual'e' percio' la vostra attivita', fuori dagli Underfloor?
Giulia= Vivo di musica a tutti gli effetti, anche se non solo suonando: come giornalista, musicista, con le attività di comunicazione in ambito musicale e con Il Popolo del Blues.
Marco= Gli Underfloor e la musica occupano la parte preponderante della mia vita, indipendentemente da quanto ciò si traduca in termini economici. Non vivo come un limite il fatto che non passi dalla musica il mio sostentamento. Il vivere materialmente di musica è spesso un crinale molto pericoloso e non sempre invidiabile...
Guido= Vivere di sola musica è certamente molto difficile: io faccio anche un lavoro “vero”, anche se sempre con caratteristiche tecnico-artistiche. Ma quello che è importante non è tanto vivere “di” musica quanto vivere “la” musica, dedicandogli anche a costo di sacrifici tutto quel tempo di cui essa ha inevitabilmente bisogno.
Lorenzo= Domanda delicata. Io ho dei lavori saltuari, non me ne vergogno. Cerco così facendo di portare avanti la musica, e la mia seconda passione, la fotografia. Naturalmente tutte e due le cose insieme non portano abbastanza soldi per sopravvivere. Ma posseggo la mia proverbiale Positività.
Quali sono gli artisti che hai amato in passato e quali quelli che ora segui con maggiore interesse?
Lorenzo= I Beatles sopratutto, poi i Radiohead, i Coldplay.... quest'ultimi accompagnano spesso la mia vita, li adoro. E poi John Henry Bonham. Lui era grandioso.
Giulia= Partita dai Beatles per curiosare nella storia del rock. Mi piacciono gli autori, nel più ampio dei sensi, da Elvis Costello agli Steely Dan a Jackson Browne. Oggi: Doug Paisley tra i miei preferiti del 2010, ma anche la psichedelia di Dungen e Tame Impala o il rock dei National e degli Arcade Fire. Capitolo speciale per i violinisti, da Jerry Goodman e Don Sugarcane Harris.
Marco= I Beatles all'inizio di tutto. Tanta psichedelia subito dopo. A seguire la scoperta della musica afroamericana, jazz, blues, soul..., e un grande interesse per la musica improvvisata. Tra le ultime cose direi B. Mehldau, gli Arcade Fire e...Bach, sempre e comunque.
Guido= Parto dai Beatles, irrinunciabili e fondamentali. Poi, in passato, tanto hard rock, dai Led Zeppelin ai Black Sabbath, il prog dei Genesis, il grunge di Nirvana e Stone Temple Pilots,e oggi i Radiohead su tutti. In Italia, a parte i classici De André o PFM, apprezzo gli Afterhours, Paolo Benvegnù e ho una decisa ammirazione, anzi dovrei proprio dire passione, per tutto quello che fanno i Verdena. Come bassista il mio più grande ispiratore è sempre stato Geddy Lee dei Rush.
Il nostro diretur Giancarlo Passarella ha parlato del vostro cd usando parole/aggettivi come onirico e languido: vi riconoscete in tutto questo?
Giulia= Si, li trovo appropriati al disco e anche all'atmosfera sonora generale
Lorenzo= Io non lo so, per me è musica, bella musica rock. Il resto ditelo voi.
Marco= Mi sembrano entrambi molto espressivi del mood di questo disco. Sono forse proprio i due piani significativi del lavoro. Da una parte il sogno, l'elemento "aereo", la sospensione nelle visioni personali ora affascinanti ora inquietanti. Dall'altra il languore, l'elemento "terreno", quella sensazione che emerge quando confronti il sogno con le emozioni che le situazioni concrete ti danno.
Guido= Non saprei: “onirico” certamente, specie in riferimento ai testi. Sicuramente credo che in molto brani ci sia anche una notevole e sana energia rock!
Dal precedente cd, Giancarlo usa Insensibile come vostra canzone da programmare sul suo circuito radiofonico: e' un brano che vi rappresenta, anche se ormai perso nei ricordi del passato?
Giulia= All'epoca non ero nel line-up, quindi possono rispondere meglio gli altri di me...
Guido= Ovviamente tutto quello che abbiamo fatto nei due dischi precedenti, condiviso con Matteo, rappresenta per lo meno me e Lorenzo: è musica che abbiamo suonato e registrato assieme, e nella quale abbiamo fortemente creduto. Direi però che, nello specifico, Insensibile è uno di quei brani che appartengono di più a Matteo che non a me, che pure ne sono coautore e del quale curai l’arrangiamento in Vertigine. Non a caso non lo riproponiamo più dal vivo, mentre sono rimasti in scaletta i brani che sento più miei, come Ancora un inverno, o quelli che hanno plasmato il nostro sound originario, come Le cose più belle e Fragile, se pure in una versione completamente differente da quella del disco del 2004.
Lorenzo= Io sono legato a Dissolversi. Ricordo la forte emozione della prima volta che l'abbiamo suonata alla Flog durante il Rock Contest di Controradio nel 2004. Mi sono venuti i brividi.
Marco= Beh ....... per me rappresenta inevitabilmente il passato, ma lo trovo un pezzo con una sonorità molto suggestiva e fuori dal tempo.
Ognuno di voi si muove nella filiera musica italiana oltre il suo ruolo di musicista degli Underfloor: logico percio' chiedervi cosa non funziona nello showbiz di casa nostra …
Giulia= Pochi spazi, troppe chiacchiere, pochi soldi, troppi fenomeni, bassa cultura musicale generale. Detto questo, anche tanti gruppi e cantautori bravi, che rischiano e che senza lamentarsi si sforzano di costruire qualcosa, anche partendo dalle piccole realtà.
Guido= Direi anzitutto bassa cultura musicale, specie se rapportata a quella presente in altri paesi europei, e una diffusa incapacità e miopia, quando non addirittura disonestà intellettuale, di molti addetti ai lavori. Inoltre il diffondersi dell’idea che la musica è gratis e di tutti non ha certo contribuito alla formazione di nuove leve dotate di professionalità spendibili come lavoro retribuito, anche se c’è in giro un sacco di gente brava: musicisti, autori, fonici, produttori. Deleterio il ruolo della televisione: rispetto a 15-20 anni fa ti accorgi della mancanza di una Videomusic così come era concepita ai suoi primordi. Delle radio commerciali e della loro responsabilità in tutto questo non parlo nemmeno.
Lorenzo= Non vedo delle vere opportunità per le nuove band. Mancano gli spazi, e alla musica viene attribuita poca importanza. La musica è cultura, ma questo sembra non fare presa sullo showbiz.
Marco= Si investe e si dà spazio a ciò che può rendere tanto e subito, non c'è disponibilità verso chi sviluppa un percorso personale di ricerca e di linguaggio che ha bisogno di più tempo e attenzione. Questo fa sì che gli stessi artisti si facciano fuorviare alla ricerca di un tutto e subito che poi spesso è una chimera. Il risultato è un impoverimento sul piano delle idee e della personalità.
Fatevi.. facciamoci un augurio: cosa avranno combinato gli Underfloor ...diciamo domani o... fra un mese, ma anche fra un anno?
Giulia= Credo Solitari Blu sia un bel disco, su cui sono state spese grandi energie ed attenzione. Il disco è l'inizio, poi c'è tutto ciò che viene dopo per portarlo avanti e farlo crescere. Avere la capacità di continuare a lavorare con rigore e lungimiranza credo sia un grande augurio... !
Marco= L'obiettivo è quello di creare autorevolezza e riconoscibilità al progetto Underfloor. La nostra parte a questo punto è realizzare uno spettacolo che emozioni. Abbiamo voglia di suonare e di farci ascoltare da un numero crescente di persone.
Lorenzo= Guarda, prima di tutto c'è sempre tanta passione, professionalità e voglia di fare...poi per il resto.... verrà quel che verrà.
Guido= Voglio divertirmi e divertire, e spero anche emozionarmi ed emozionare.
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