Taleia, il jazz elegante di Franco Finucci
di: Giuseppe Panella
Uno degli album jazz italiani più interessanti ascoltati nello scorso anno. “Taleia”, album di debutto di Franco Finucci non può certamente passare inosservato alle orecchie sensibili dei cultori del genere. Uno degli album jazz italiani più interessanti ascoltati nello scorso anno. Taleia album di debutto di Franco Finucci non può certamente passare inosservato alle orecchie sensibili dei cultori del genere. C’è un calore genuino in ognuno dei brani composti dallo stesso chitarrista che mettono in evidenza gli ascolti inevitabili dei maestri Montgomery, Kenny Burrell, George Benson (prima maniera) e Jim Hall. In possesso di un tocco deciso e raffinato il chitarrista riesce a creare linee melodiche eloquenti e un suono ricco di sfumature. Basti ascoltare l’introduttiva Walking up e No 42 baia St evocative di un senso di assoluta intimità.
Ma c’è molto altro in Taleia. Alle sonorità morbide si aggiungono brani più energici e quasi sfacciati come Dexter e Lapislazzulo in cui è importante la presenza aggressiva del sax di Stefano Di Battista. In questi brani, ma non solo, Finucci mostra la sua capacità, non trascurabile, di saper essere comprimario e al tempo stesso solista. Le note fluenti di Di Battista e Finucci sono sostenute da un tappeto sonoro perfetto creato da Marco di Battista, al piano, Gabriele Pesaresi, al double bass, e Roberto Desiderio, alla batteria. Un interplay naturale che restituisce tratti stilistici decisi e ben definiti. Al basso morbido e ostinato di Pesaresi, Desiderio fornisce un contrasto percussivo netto. Il sax di Stefano Di Battista vola verso l’alto mentre le dita di Finucci si muovono con velocità e destrezza sulla sua chitarra, sviluppando continui dialoghi. Ad assecondarli al pianoforte Marco Di Battista che si muove con grande discrezione tra le note da loro proposte, dimostrando anche la sua abilità di solista sopratutto nel brano Ai bei ricordi .
Gli arrangiamenti di tutti i brani sono molto curati e ogni musicista si muove a proprio agio esprimendo in ogni brano liricità e sentimento oltre ad una indiscussa qualità tecnica. C’è anche un angolo di Argentina tra i pensieri di Franco Finucci. Tango de vita è un pezzo che sembra raccontare una storia senza alcun input vocale e in cui la presenza di Davide Cavuti all’accordion conferisce suggestioni diverse ma non stridenti con quelle espresse nell’intero album. Una piccola gemma incastonata fra le tante perle di un disco che si chiude con la breve ma intensa Ai non ricordi .
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