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Interviste
Pubblicato il 14/02/2011 alle 23:34:48Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Cristina Dona’: un percorso di coerenza, leggerezza e profondita’

di: Ambrosia J.S. Imbornone

Lunga chiacchierata con la cantautrice sul suo nuovo album Tornare a casa a piedi (EMI), sulla solarita' e la leggerezza come stimolo per il riscatto dalla sofferenza e sulla profondita’ dei sentimenti, la coerenza e la voglia di comunicare.

Lunga chiacchierata con la cantautrice sul suo nuovo album Tornare a casa a piedi (EMI), sulla solarita' e la leggerezza come stimolo per il riscatto dalla sofferenza e sulla profondita’ dei sentimenti, la coerenza e la voglia di comunicare.

Rallentare, riappropriarsi degli spazi e dei tempi per ricominciare, soffermarsi su tutto quanto sfugge nella frenesia del lavoro e dei ritmi serratissimi di vite orami ipertecnologiche, in cui, tra diavolerie elettroniche e mille scatti fotografici a documentarci e seguirci, siamo tutti “giapponesi”, come ricorda la deliziosa canzone “Giapponese (l’arte di arrivare a fine mese)”, ironico racconto agrodolce delle peripezie dello stress metropolitano. E’ un po’ questo la decisione di liberazione, solarita’ e riflessione di “Torno a casa a piedi”, settimo album di Cristina Dona’, che lievita sulla scia di “un pensiero per niente allineato” (“Aquilone”), cercando di trovare e suggere la linfa della luce, anche laddove parta dal ventre della sofferenza dell’abbandono o del lutto. E celebra il potere degli affetti di circondare come un paesaggio soffice e sicuro di poesia, di proteggere dalla sofferenza e abbracciare come una scorta di sicurezza: questo e’ il senso di quello che forse e’ il capolavoro del disco, “Esercito di alberi”, inno all’amore maestoso ed elegante, eppure discreto e soffuso come una carezza di velluto e calore. La raffinatezza di questo lavoro non e’ mai cerebrale, non ha bisogno di astrusita' complesse come quelle che a volte si crede debbano caratterizzare la musica di qualita',ne’ si rifugia in abissi cupi per disegnare l’amarezza: la Dona’ ricama nell’aria, il suo inchiostro e’ trasparenza in toni maggiori e piccole malinconie da stemperare nella consapevolezza di una scelta. Cosi’ ad esempio la magnifica “Lettera a mano” assorbe la paura della solitudine nella decisione che stimola il bisogno di liberta’ e scioglie la tensione del “sangue del mio pensiero” e delle distorsioni nel ritmo cadenzato, che culla tra tappeti di chitarre e archi. E “Piu’ forte del fuoco” riesce a fischiettare tra gli strumenti a fiato e a volare senza peso nella limpidita’ e forza dell’amore, il cui valore non e’ cancellato, ma è evidenziato tra le ferite, dato che “chi ha già provato le ortiche riconosce la seta”.
Nelle musiche scritte con Saverio Lanza si prediligono infatti soluzioni che distendono i suoni in una trama che appare pulita, solare e semplice, pur essendo elaborata e curata, anche quando cela inquietudini ed ansie tra le pieghe rare di suoni piu’ cupi, ad esemplificare la rabbia dinnanzi alla sufficienza e arroganza di chi pensa di avere sempre un’opinione assoluta da imporre o le ansie di una madre davanti al sonno turbato del suo bimbo. Abbiamo parlato di questo nuovo, atteso lavoro con Cristina, in una lunga chiacchierata che attraversa la musica dalla lezione springsteeniana della necessita’ di un riscatto al cantautorato al femminile. E la vita, dalla maternita' al dolore. Un'intervista tutta da leggere.

Tornare a casa a piedi vuol dire potersi soffermare su quei dettagli quotidiani che rappresentano ciò che di solito non vediamo e questo album pare mettere a fuoco ciò che sfugge, dai “miracoli” ai segni dell’addio, da ciò che in una vita frenetica ci si scorda di avere in tasca all’importanza degli affetti. Quanto si perde, non si nota, non si capisce per l’impossibilità di fermarsi a pensare? Tornare a casa a piedi è anche poter riflettere sui particolari di ciò che viviamo?
Beh, sì…Non so se sia un progetto di chi in qualche modo tira le fila della nostra società, ma riempirci la vita di stimoli continui (e farci sentire in colpa se non riusciamo a seguire tutte le cose che ci vengono proposte) e con oggetti tecnologici (utilissimi, per carità) potrebbe avere un suo scopo…Le innovazioni dovrebbero facilitarci la vita, ma in questo momento storico non siamo assolutamente in grado secondo me di utilizzarle come dovremmo, anzi, spesso ci complicano la vita: forse proprio perche’ alcune cose (mail, telefonini, ecc.) ci hanno velocizzato i tempi, tendiamo a infilare appuntamenti o scadenze in modo sempre più fitto all’interno delle nostre giornate. Forse perche’ fermarci ci fa paura, forse perche’ ci si sente inadatti rispetto ai modelli che ci propongono…Tornare a casa a piedi diventa allora per me un po’ un simbolo di voltare le spalle a tutto questo: io sono comunque vittima di questa rincorsa, ma cerco di combatterla e scrivere canzoni e’ appunto anche un modo per riflettere. Ci si chiede: “cosa voglio comunicare?” e magari in questo caso si voleva dare un input perche’ l’ascoltatore potesse trovare un modo per rendere la sua vita un pochino piu’ leggera. Il mio metodo attuale, che ammiro in molti artisti e comici, e’ quello di far passare dei messaggi con leggerezza: in un periodo cosi’ pesante e’ il modo migliore di comunicare, anziche’ aggredire la gente. Oddio…in un periodo di intorpidimento serve anche strombettare, non a caso l’album si apre con la strombettata sui miracoli [titolo del singolo omonimo], come se volessi svegliare gli animi di chi ascolta! (ridiamo) Comunque sia la leggerezza del tornare a casa a piedi porta appunto dei messaggi, non è fine a se stessa.

A proposito del tempo di riflettere e per far riflettere nelle canzoni, questo disco esce a quasi tre anni da “Piccola faccia” e a quattro da “La quinta stagione”. In questi anni pensi di aver avuto più tempo per guardarti attorno, di osservare la vita, pensare alla tua vita e scrivere queste canzoni, anche se sono state composte in tempi diversi?
Mi sono sempre presa (ahime’: mi piacerebbe anche essere piu’ celere!) i tempi che mi servivano per realizzare gli album. Fortunatamente di pressioni ne ho avute poche e quando ci sono state, mi sono anche state utili, perche’ quando non ci sono delle scadenze, rischio di non riuscire a concludere nulla. Mi serve pero’ avere un pochino di tempo per elaborare il linguaggio, capire di cosa voglio parlare, altrimenti se sono troppo a ridosso rispetto all’album precedente, o immersa nei live di un disco, non me ne posso distaccare, come invece ho bisogno. Da “Piccola faccia” sono veramente cambiate molte cose nella mia vita e intorno a noi, io ho avuto un bimbo, alcune cose per l’essere umano sono cambiate in meglio, altre in peggio…Che dire…sono tempi da “Torno a casa a piedi”! (ridiamo)

Nell’album c’è una canzone che mi sembra uno dei tuoi (ovviamente tanti!) piccoli capolavori, che celebra l’amore come approdo, protezione, lezione di cosa rappresenta l’essenza della vita: mi riferisco a “Un esercito di alberi”. Com’e’ nata questa canzone, dedicata a tuo marito e tuo figlio e su cosa pensi che si basi la profondita’ di sentimenti come questi?
Eh…questa e’ una domanda difficile! (ridiamo) Parto dalla prima parte! La canzone e’ nata dalla melodia della strofa, che aveva gia’ delle parole legate; stavo camminando a Bologna: ero li’ per la promozione, credo, decisi di andare a fare due passi e mi venne in mente questa melodia…Per quanto riguarda le parole, abito in montagna e di alberi ne vedo tantissimi, ma al di là dei boschi, l’immagine dell’ “esercito di alberi” nasce anche dagli alberi di pianura, che mi affascinano molto, perche’ sono piantati li’ appositamente con un ordine matematico. Creano un po’ l’effetto di un esercito, ma e’ piacevole: mi ha colpito proprio questo contrasto tra la parola esercito e l’idea degli alberi vicini, e mi ha subito rimandato alla passionalita’ della persona che ormai da diversi anni e’ mio marito, che protegge…Poi non molto tempo dopo aver cominciato a scrivere questa canzone, e’ nato mio figlio e i due sentimenti per lui e per mio marito si sono intrecciati in modo molto forte. Pero’ nella stessa canzone scrivo “non serve capire”: l’eccessiva “mentalizzazione”, l’andare a sviscerare a tutti i costi cos’e’ quello che si sta provando, se si va in analisi può servire (ridiamo), mentre in altri momenti della vita bisogna lasciar scorrere questa energia, quest’amore, che si genera con degli scambi anche matematici del nostro cervello, della nostra interiorità, della psiche…Non so di cosa si tratti, ma ci da’ una soddisfazione intensa, un senso di appagamento molto grande…La profondita’ sia nel rapporto con il tuo partner che con tuo figlio credo venga da un lavoro quotidiano: non c’e’ niente da dare per scontato mai. Il nucleo famigliare, che sia legato solo ad un compagno o preveda anche dei figli, e’ l’embrione per quella che e’ la tua sperimentazione di essere umano fuori, nel mondo. Mi piace pensare che la cosa migliore sia partire da te, dalle persone che ti stanno vicine, per migliorare anche il mondo: e’ inutile fare bei discorsi e magari tornare a casa e trattare male la persona che ti sta accanto…A prescindere dai problemi che poi possono dividere, il rispetto e il lavoro quotidiano nelle relazioni con gli altri sono molto importanti.

Ci sono indubbiamente alcuni “miracoli” positivi in questo album, come appunto l’ “Esercito di alberi” che protegge o il sogno di evasione dallo stress lavorativo di “Aquilone”, ma ci sonoin questo lavoro anche brani che descrivono tematiche che potevano essere affrontate in modo drammatico, ma che comunque mantengono quella che prima definivi “leggerezza”. Penso per esempio alla fine di un amore, argomento che ricorre in canzoni come “In un soffio”, “Torno a casa a piedi” o “Lettera a mano”. Non c’è un’età per innamorarsi, non c’è un’età ormai per vedere la fine di una relazione: infatti proprio nella title-track si osserva il capolinea di una storia adulta, quella tra due amanti. Da donna come osservi intorno a te e come descrivi nei tuoi personaggi femminili la fine di un amore, raccontata qui sempre come un punto anche di ripartenza?
Questa e’ una domanda bella, perche’ ho cominciato a scrivere testi miei proprio per la voglia di presentare un personaggio femminile diverso da quello che mi capitava di ascoltare nelle canzoni d’autore italiane. Al di la’ delle poche autrici che abbiamo, le interpreti femminili spesso cantavano canzoni anche bellissime, ma scritte da uomini. Avevo ed ho la voglia di presentare una donna che reagisse e non fosse per forza vittima della fine di un amore, ma trovasse una sua strada. Poi soprattutto in questo periodo storico la donna in Italia non ha una rappresentanza proprio a suo favore, per come stanno andando le cose…!Per me quindi questo e’ importante, anche se non ho pensato consciamente a raffigurare in un certo modo la figura femminile in questo disco. Mi piace poi inoltre prevedere un riscatto nelle mie canzoni, se c’è una perdita. Questo mi arriva dai testi di Springsteen: sono una springsteeniana di vecchia data, lo ascoltavo già da adolescente e mi ha trasmesso l’idea di presentare una via d’uscita e la voglia di ricominciare, anche laddove c’e’ un momento pesante e tragico. L’idea di una ripresa vale non solo per le donne, ma anche per gli uomini: non sono una che vuole per forza parlare della figura femminile, ma mi piace parlare degli esseri umani!

... Più forte del fuoco e’ dedicata ad Olivia, la figlioletta di Niccolo’ Fabi scomparsa a solo due anni: questa dedica quindi fa riferimento ad una vicenda molto dolorosa, anche se in realta’ la canzone era gia’ stata composta. Questo brano appare un invito a riconoscere la persistente forza positiva dell’amore, la sua energia e superiorità rispetto all’odio, ai ricordi negativi, alle costruzioni degli uomini…Cosa ci dici di questa canzone?
Esisteva gia’, ma poi mentre facevo la scaletta di questo disco, ho capito che questa canzone era per loro, poteva essere un modo per dire “grazie” a Fabi e Shirin [n.d.r.: la fotografa Shirin Amini, sua compagna], perche’ con quello che hanno fatto il 30 agosto, con “Parole di Lulù”, questo concerto incredibile il giorno del compleanno di Olivia, testimoniato anche da un cofanetto dvd, hanno dato un segnale importante a tutti. Quando succede una cosa del genere, la prima cosa che verrebbe da fare e’ quella di chiudersi nel proprio dolore e nella propria disperazione. Questo e’ invece un esempio umano di una forza e di una potenza pazzesca e ho deciso di ricordare cosi’ nel mio piccolo questo atto di coraggio con questa canzone.

La maternita’ e’ implicitamente sullo sfondo di questo brano, su quello della gia’ ricordata “Esercito di alberi”, cosi’ come, più esplicitamente e chiaramente, scorre tra i versi di “Bimbo dal sonno leggero”. Mi hanno colpito i versi “dovresti dimenticare tutte le vite passate ed i rancori per tua madre”: i figli assorbono e scontano quello che e’ il contesto, la storia, sia famigliare che sociale?
Si', si', volevo andare un pochino al di la’ della ninna-nanna scontata e riportare alla luce i pensieri di una madre rispetto alla irrequietezza del bambino, cosi’ sensibile dal non dormire, perche’ in ascolto di tutto cio’ che e’ intorno a lui. Sintomo di un disagio: un bambino tranquillo dorme, non si lascia svegliare da ogni tipo di rumore. Nella testa della mamma allora nascono tante domande, dal sentirsi in colpa ad avvertire la responsabilita’ per avere atteggiamenti sbagliati che provengono dalle sue esperienze. Cio’ che hai vissuto come figlio lo ritrasmetti infatti inconsciamente al tuo di bambino. Faccio riferimento alle “vite passate” perche’ c’e’ chi crede alla reincarnazione e dice che le irrequietudini del bambino appena nato possono essere legate ad un ricordo di vite precedente, mentre i “rancori” per la madre sono magari connessi ad atteggiamenti, a cio’ che la mamma non ha fatto per rendere questo bambino sereno. E’ un percorso complesso, interessante, forte che ho voluto affrontare con questo testo. Tutto si risolve nel ritornello, mentre nella seconda strofa, per descrivere ed evidenziare meglio questa storia matrilineare di madre in figlio, dico “certo che lo so anch’io dovrei dimenticare”: e’ come se il bambino ricordasse alla madre che anche lei, che vorrebbe farlo dormire, deve ancora dimenticare i rancori per la sua di madre.

Invece Tutti che sanno cosa dire e’ il brano con sonorita’ piu’ decise e rock del disco, con la sezione ritmica ben in evidenza e chitarre distorte, a tratti rabbiose; il testo ha come obiettivo polemico chi facilmente esprime pareri ed opinioni su tutto, dall’esterno?
Si’, il ritornello e’ dedicato ad un certo tipo di figura televisiva di alcune trasmissioni, in cui intervengono politici e personaggi dello spettacolo, che ostentano sicurezza, a prescindere dal tema affrontato. Ed e’ proprio questa sicurezza che emerge come messaggio, al di la’ dell’argomento, come qualcosa che non puo’ essere negato!Bisogna certo essere convinti di cio’ che si dice, ma anche mettersi in discussione e’ importante!E ci sono stati momenti in cui sono stata sul punto di buttare la tv dal balcone, perche’ non sopportavo proprio piu’ questo atteggiamento, che diventa un modello per le persone, molto molto negativo: e’ quello dell’arroganza, perche’ un arrogante e’ per forza convinto di cio’ che dice e lo difende in modo sgradevole.

Spesso si chiedono i pareri in tv a persone che non hanno niente a che vedere con le vicende di cui si parla, o si chiedono loro commenti critici senza che abbiano competenze in materia di arte, musica, ecc.!
Si’, si’, ed hanno sempre e comunque qualcosa da dire, che non si capisce bene come possa essere collocata!(ridiamo)

Per quanto riguarda l’aspetto musicale di questo disco, come pensi siano cambiate le tue sonorità e gli arrangiamenti con la collaborazione di Saverio Lanza? C’è stata una maggiore apertura verso suoni più distesi, morbidi, solari in questo disco…
Si’, le canzoni sono tutte solari, in tonalita’ maggiore, tranne “Bimbo dal sonno leggero”, che e’ la piu’ irrequieta, e “Tutti che sanno cosa dire”, ma questa e’ stata una mia volonta’. Avevo bisogno in questo periodo proprio di una base piu’ solare, per metterci dentro poi tutte le mie riflessioni. Saverio pero’ e’ riuscito ad intrecciare la musica fatta di arrangiamenti anche complessi con una leggerezza, una capacita’ di renderla fluida incredibile. Era proprio quello che avevo in mente: quando ci siamo incontrati la prima volta, abbiamo fatto entrambi il nome di Battisti come musicista, produttore e arrangiatore in grado di creare arrangiamenti appunto complessi e allo stesso tempo leggeri. Siamo percio’ partiti di li’. Saverio e’ un direttore d’orchestra, e’ molto preparato musicalmente, ma anche molto capace di non appesantire i brani e creare delle sonorita’ che potrei definire “piacevoli”. Anche se con questo aggettivo mi sembra di sminuirle!(ridiamo) Trovo eccezionale il lavoro di Saverio e ne apprezzo la musicalita’.

I tuoi primi album sono stati prodotti da Manuel Agnelli: quanto e in cosa oggi senti di appartenere a quella che puo’ essere o puo’ essere stata la scena del rock alternativo e quanto a quella cantautorale? Rock e approccio cantautorale sono compresenti d’altronde nell’arrangiamento camaleontico di “Bimbo dal sonno leggero”.
Penso di essere in un territorio di mezzo: sono legata al mio passato assolutamente radicato nella musica classicamente chiamata alternativa e underground. E’ da li’ che arrivo sia come etichetta (che e’ stata per dieci anni la Mescal) che come produzione, per i primi due album connessa a quel mondo. Pero’, nonostante mi abbia sempre fatto piacere e mi inorgoglisca ancora adesso essere stata parte di quella scena, non ho mai scritto pensando di costituire un’ “alternativa” o di essere difficile. Comunemente la definizione di “musica alternativa” viene legata a qualcosa di poco comprensibile e complicato, ma spesso non e’ cosi’: e’ solo la musica che i principali network e canali di distribuzione non trasmettono e di cui non permettono l’ascolto. Pero’ tutti gli artisti hanno voglia di comunicare. Certo, la forma mentis fa la differenza e la mia e’ un po’ complicata: magari non uso le parole che userebbe Laura Pausini, ma da li’ a dire che sono complicata ce ne vuole!Poi io ho scritto sempre cio’ che mi sentivo di scrivere, le catalogazioni le lascio a tutti gli altri. Sono felice di continuare a fare questo mestiere, a distanza di 13 anni, in un’Italia in cui e’ difficilissimo fare un certo tipo di musica, proporre qualcosa che non sia per forza un prodotto supercommerciale…

Ma al di la’ delle distinzioni di genere, che lasciano il tempo che trovano, mi chiedevo proprio quale fosse la percezione della tua vicinanza o meno al cantautorato. Prima sottolineavi come nella tradizione cantautorale italiana (ma anche nel rock alternativo, potremmo dire) la maggior parte delle canzoni siano state scritte da uomini. Citavi poco fa Battisti: quali sono i tuoi ascolti di ora e a quali artisti guardi ora, rispetto anche a quelli che potevano essere i tuoi modelli ai tuoi esordi?
Ascolto oggi, come un tempo, molte artiste donne, come Joni Mitchell, Sinead O’Connor… In Italia stimo molto la Consoli; ci sono poi anche artiste piu’ giovani che ho scoperto da poco come Debora Petrina e Beatrice Antolini, che fanno delle sperimentazioni notevoli, amo alla follia Ginevra Di Marco. Tra gli ascolti piu’ recenti c’e’ anche Joan as a Police Woman, questa cantante-autrice americana che ha fatto degli album meravigliosi… Ho scoperto Anna Calvi, che e’ un po’ sulla bocca di tutti, cosi’ come Adele, che ha fatto un album meraviglioso, considerando la sua eta’. Quello che mi manca e’ la chitarra elettrica: e’ il mio sogno da quando avevo quindici anni! Magari quest’anno puo’ essere l’anno buono, anche se con il bambino in giro per casa…ho paura che smanetti con i volumi dell’amplificatore (ridiamo):per ora lascio perdere. In Italia nell’underground ci sono tante cantautrici, ma non hanno modo di uscire allo scoperto. C’e’ stato l’esempio di Nathalie, che trovo brava e ha portato ad X-Factor un bel pezzo, un racconto per immagini insolito in un quell’ambito piu’ “commerciale”. Se puo’ essere un esempio, ben venga. E ben venga se ci sono discografici che investono in autrici, perche’ poi tutto dipende da quello…

Si’, poi il punto e’ un po’ questo: che si debba passare per un talent-show per farsi ascoltare, come nel caso di Nathalie. Storicamente le cantautrici sono un po’ mancate, non abbiamo avuto una Patti Smith, per fare un esempio. Pero’ effettivamente non mancano artiste di valore, nelle generazioni relativamente piu’ giovani…diciamo cosi’: in Italia si resta emergenti per tanti anni…!(ridiamo)...
Io continuo ad essere emergente! Forse con questo album un po’ meno, pero’ per gli altri ci sono stati dei momenti in cui dicevo “non e’possibile!”…(ridiamo)

Chissa’ cosa puo’ impedire di raggiungere un certo tipo di visibilita’: Ginevra Di Marco e’ eccezionale, ad esempio, ma non gode della popolarita’ che ha conquistato la Consoli…
Ginevra comunque ha avuto il periodo con i C.S.I. che sono stati anche primi in classifica. A volte sono anche scelte personali, altre volte sono i discografici a non essere lungimiranti… L’Italia e’ un’eccezione in tutto poi, non puo’ esimersi la musica!E’ un mistero: noi cerchiamo di sopravvivere…

Speriamo bene… Il percorso che hai fatto tu cosi’ come altri artisti che provengono dalla Mescal ha dimostrato che si puo’ trovare nel tempo una maggiore visibilita’, pur agli stessi livelli di qualita’. Il pubblico alla fine non vuole solo la musica commerciale…
I concerti lo dimostrano…I Verdena fanno il tutto esaurito all’Alcatraz, lo stesso vale per gli Afterhours. Queste sono le cose importanti; lo sono anche le vendite dei dischi, ma spesso sono falsate dal download illegale ecc. Ma le preferenze del pubblico le vedi li’, dall’affluenza ai concerti: se un artista sa lavorare bene dal vivo, ha costruito la sua carriera con dignita’ e volonta’, poi la gente che ha voglia di seguirlo c’e’ e nei concerti te ne rendi conto. E io sono orgogliosa di questo percorso, cosi’ come di aver fatto parte di tutta una scena di artisti che hanno lavorato e ancora lavorano bene, come Afterhours, Subsonica, La Crus, la stessa Ginevra…Fa degli spettacoli molto belli e ogni tanto io partecipo a “Stazioni Lunari”. L’importante e’ riuscire a lavorare, a continuare a scrivere, a fare questo mestiere…mantenendo dei guadagni, ma anche facendo delle scelte, per continuare a fare cio’ che ti interessa davvero. E le scelte sono anche quelle di defilarsi un pochino da certi canali che ti imporrebbero determinate cose…

Ti ringrazio molto: e’ stato un piacere ed un onore. Ti stimo moltissimo e sono contenta anche come donna di averti conosciuto, perche’ siamo sicuramente orgogliose che ci siano artiste come te…
Ti ringrazio moltissimo, e’ stata una bella intervista…

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