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Jovanotti-Peter Pan, forza della natura nel Safaridi: Ambrosia J.S. Imbornone Nel concerto di Barletta del 12 agosto,Lorenzo libera sul palco una volta in più la sua carica travolgente,ma svela anche il suo romanticismo e il suo spessore di cantautore.Giovane e maturo ad un tempo,tra idealismo e consapevolezza della realtà Lorenzo Cherubini sta per compiere 42 anni. Ma l’anagrafe è un accidente del tempo, a cui spesso non bisogna dare particolare importanza. Jovanotti ha vent’anni di carriera alle spalle, ma anche sempre e per sempre vent’anni nello spirito e nel cuore. E’ giovane e travolgente la sua energia sul palco, è fresco e vivido il suo romanticismo, che mescola idealismo alla fede nei sentimenti della maturità. Lorenzo è Peter Pan, ma anche una vera e propria forza della natura nel suo Safari (Tour), perché senza tempo è la linfa vitale che anima il mondo, nelle viscere dell’Africa, tra le tribù che ballano, nei fiori cresciuti “sull’asfalto e sul cemento”. Nel concerto di Barletta del 12 agosto, presso il Fossato del Castello Svevo, tra medley ed estratti dell’ultimo lavoro, “Safari”, la carica di Lorenzo si moltiplica cibandosi di ritmi irresistibili e dell’energia fluida che anima e accomuna canzoni nate in momenti molto differenti della sua carriera. Il pubblico si scatena infatti sulle note della titletrack, con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro che interviene nelle magnifiche videoinstallazioni sullo sfondo, ma non può che entusiasmarsi, lasciarsi catturare dalla magia atavica e semplice delle alchimie ritmiche e ballare, in una festa affollatissima ma ordinata in cui pure si respira aria da grande evento da stadio, quando partono brani come “Muoviti muoviti”, “Non m’annoio”, “Penso positivo”, “Una tribù che balla”, “L’ombelico del mondo”, “Falla girare”. C’è hip-hop, c’è funky, ci sono accenni di reggae, i ritmi si rincorrono e avvicendano con brio per poi rallentare per accogliere atmosfere più cantautorali e le parole più profonde dell’ultimo Lorenzo, che ha acquistato spessore nei testi e ha fatto macerare nel tempo le sue emozioni, che se pure toccano la luna negli slanci del cuore, hanno i piedi ben piantati nel cammino tortuoso del quotidiano. Buttando lo sguardo indietro, l’amore trova sfumature poetiche “artigianali” e spontanee in “Serenata rap” (1994), che assume live gradevoli tinte blues, diventa assoluto, eppure quasi autoironico in “Morirò d’amore”(2002), si fa spunto intimista in “Chissà se stai dormendo”(1992). Ma ancora diventa un tango che si colma di passione in “Dove ho visto te” e si pensa eterno e incrollabile, nella sua ordinarietà, nella splendida “Come musica”. Quest’ultima trasforma Jovanotti da scalmanato intrattenitore che saltella sul palco, emula Tarzan tra i gorilla o piccoli indiani tra i paesaggi esotici del suo colorato immaginario musicale, a gentleman in frac come quello cantato dal maxischermo da Modugno a mezzanotte in punto. Composto e pulito come i suoi sentimenti, come l’amore per la compagna di vita di lungo corso che sta per diventare sua moglie, in un attimo sembra infatti essersi spogliato dei panni del “saltimbanco”, figura quasi mitologica a cui l’arte da Palazzeschi in poi si inchina e si riduce tra mercato e intrattenimento, tra passione e industria del divertimento, per assumere quelli del principe azzurro commosso e quasi compito, che apre il cuore, invece di far muovere i piedi. Perché può sembrare retorico e invece suona vero. Ma soprattutto vera e suonata è la musica sul palco, con un Saturnino spumeggiante che corre sulla passerella con Lorenzo, un notevole Riccardo Onori alle chitarre, Franco Santarnecchi e Christian Rigano alle tastiere e due batteristi straordinari come Mylious Johnson e Gareth Brown, di cui lo stesso Jova, dopo il loro momento di gloria in duetto solitario e virtuosistico, si dice un estimatore incantato, tentato di restare ad ascoltarli dall’altra parte del palco. Una squadra di gran livello orchestra un concerto senza respiro e di lunghezza non comune, in cui sono da segnalare, per capacità di impatto live, “Mezzogiorno”, tra beat e surf alla Beach Boys, e l’elegante incedere di “Temporale”, da seguire con attenzione in ogni suo verso. Non mancano mirabolanti attrazioni nel concerto, le luci fosforescenti sull’abito scuro di Lorenzo in “Safari”, come già nel video della canzone, diretto da Ambrogio Lo giudice e in rotazione dal 5 luglio, le più o meno improbabili e originali Jovanews che scorrono sullo schermo per ingannare l’attesa del pubblico prima dell’inizio del live, un collegamento quasi surreale dal backstage che apre il concerto con gli spettatori a cantare in coro “Bella” con il Jovanotti virtuale in video (a due passi in realtà dalla platea), le immagini della costellazione di Ercole, frammenti di storia, costume, visioni di mondi, ombre e colori nelle videoinstallazioni giganti. Ma in definitiva è soprattutto quel che è vero, presente e tangibile che resta. Semplicemente Lorenzo.Che è rimasto il ragazzo di sempre,senza montarsi la testa. E la sua musica. Finalmente da ascoltare, oltre che da sentire. Articolo letto 4383 volte Riferimenti Web
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