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Interviste
Pubblicato il 31/12/2014 alle 12:48:43Commenti alla notizia: Leggi - Inserisci nuovo

Lucrezio de Seta: il mio ritorno al jazz con Movin’ On

di: Antonio Ranalli

Batterista tra i più prolifici ed apprezzati in Italia e all’estero, Lucrezio de Seta rappresenta uno dei nomi imprescindibili per chi ama la batteria e la musica jazz.

Batterista tra i più prolifici ed apprezzati in Italia e all’estero, Lucrezio de Seta rappresenta uno dei nomi imprescindibili per chi ama la batteria e la musica jazz.

Il suo bagaglio musicale lo ha portato a suonare e ad approfondire lo strumento con nomi del calibro di Vinnie Colaiuta, Peter Erskine, Dave Wackl, e suonare con artisti del rock e pop come PFM, Anggun, Alex Britti, Gianni Togni, Alessandro Safina, Niccolò Fabi e Luca Barbarossa. Il musicista romano (classe 1970) ha all’attivo numerosi progetti, sia come solista che con le formazioni Virtual Dream e Majaria Trio. Il suo ultimo lavoro è “Movin’ On”, che segna un decisivo ritorno alle note blu.

Musicalnews.com. “Movin’ On”, il tuo ultimo album, segno un decisivo ritorno al jazz, dopo le ultime esperienze con il Majaria Trio che ti avevano portato ad esplorare nuovi territori, come la musica etnica e di contaminazione. Ci racconti com’è nato questo lavoro?

Lucrezio de Seta: Ti ringrazio per la domanda, perché effettivamente si tratta proprio di un "ritorno" al jazz. Dopo tanti anni di attività in generi musicali estremamente variegati ho sentito la necessità di tornare alle mie radici. Dopo il primo periodo da teenager, dedicato al Punk e al Rock di matrice britannica, il genere che mi ha spinto a prendere sul serio l’attività di musicista è stato proprio il jazz. In principio fui affascinato dai suoni allora modernissimi dei Weather Report o di Pat Metheny, per poi lentamente risalire la corrente per scoprire i vari Ellington, Bird, Miles e compagnia bella che mi hanno dolcemente accompagnato nelle lunghe ore, settimane mesi e anni di studio che ancora oggi pratico per cercare di capire come si possa diventare un bravo musicista. Quindi, vedendo la cosa da questo punto di vista, il mio primo disco solista non poteva che essere un disco di jazz, che è nato da una fortunata convergenza di tanti fattori positivi, fra cui quello più importante è probabilmente quello che mi ha permesso di incontrare i musicisti con cui ho registrato questo lavoro: Leonardo De Rose (contrabbasso), Ettore Carucci (pianoforte) e Gianni Denitto (sax). Avevo mie composizioni e un’idea in testa che frullava da circa una decina di anni. Trovata la formazione il tutto è divenuto un semplice lavoro di fare quello che andava fatto. Nulla di più di questo. Avevo in mente di fare un disco di Jazz che potesse lasciare sempre aperta la porta a soluzioni non ortodosse, con l’unico vincolo di utilizzare esclusivamente strumenti acustici, e il risultato è stato per me totalmente soddisfacente, cosa che non capita spesso… Il repertorio è piuttosto vario e comprende composizioni originali, temi popolari, standard e una ‘cover’ del compianto Kenny Wheeler. Il bello è che tutto suona in modo molto coerente, una sensazione che non avrei mai creduto fosse così facile creare vista la poliedricità del materiale. Un disco fortunato, insomma!

Musicalnews.com: E’ evidente la tua versatilità stilista e musicale, che ti ha portato fino ad oggi ad affrontare territori diversi. Ricordo, tra i tanti tuoi progetti, quello dei Virtual Dream, con cui hai dato alle stampe un paio di ottimi album. Quando potremo ascoltarti di nuovo con questa formazione?

Lucrezio de Seta: Con i Virtual abbiamo una strada ancora lunga da percorrere, ne sono convinto. Abbiamo iniziato a registrare il nuovo CD quest’anno e contiamo di terminarlo a breve. Fra l’altro ci capita ancora di essere chiamati per rassegne e festival, quindi è una di quelle storie che stanno in piedi sui loro piedi, anche grazie alla pluridecennale storia oramai consolidata da uno zoccolo duro di fan che ci supportano con entusiasmo e ci incitano ad andare avanti.

Musicalnews.com. Abbiamo prima accennato ai Majaria Trio, con cui hai pubblicato due lavori, l’ultimo dei quali “La custodia del fuoco”, che oltre alla musica univa elementi di teatro. Ci racconti come si è evoluto questo progetto?

Lucrezio de Seta: Il Majaria Trio è una perfetta macchina di creazione e rielaborazione musicale. E’ dal 2009 che facciamo della contaminazione la nostra cifra stilistica di elezione. Con Alessandro Patti (Bs) e Primiano Di Biase (Pn, Fs, Sy) stiamo collezionando soddisfazioni incredibili, se pensiamo che eravamo partiti dall’idea di fare un trio di ethnojazz… Dopo il primo CD, abbiamo collaborato con Eleonora Bordonaro (Vc) per l’album “la custodia del fuoco”, alla ricerca e alla riscoperta dei canti popolari del nostro sud. Da quel disco è stato anche sviluppato, come da te accennato, uno spettacolo teatrale con l’aiuto de “La Bottega del Pane”, una compagnia teatrale con la quale collaboro da anni oramai. Un’esperienza molto intensa e impegnativa da cui è stato anche tratto un DVD che forse pubblicheremo prossimamente. Eleonora è un talento naturale che ci ha dato molto, sia in termini artistici che umani e grazie alla quale ora il trio è ancora più consapevole delle proprie potenzialità. Quando ti confronti con la parola cantata e con la forza della vocalità, gli equilibri sono molto differenti dalla tipica situazione di trio strumentale. Come un ponte ideale, questa esperienza ci ha poi portato all’attuale progetto in itinere che ci vede impegnati con Nando Citarella (Vc) e Paolo Damiani (Vl) in una riscrittura delle arie operistiche e i canti della musica antica. Un lavoro estremamente stimolante e complesso, ma sul quale stiamo ponendo la massima attenzione.

Musicalnews.com. Oltre all’attività in proprio sei anche uno dei turnisti più richiesti. Tra le tue tantissime collaborazioni, quale ti ha segnato in modo significativo?

Lucrezio de Seta: Suonare come sideman è un’esperienza fondamentale che ti insegna a dare tutto pur stando nelle retrovie, soprattutto quando si parla di un batterista. Per me tutti gli artisti che mi hanno onorato della loro fiducia mi hanno insegnato e segnato profondamente. Sono debitore ad ognuno di essi dal primo all’ultimo e non saprei citarne uno o una più che un altro o altra…

Musicalnews.com: Tutta l’energia e la passione che trasmetti quando suoni, fa pensare che - oltre a tanto studio - tra te e la batteria ci sia stato tanto amore. Come è avvenuto il tuo incontro con questo strumento?

Lucrezio de Seta: Mi lusinghi… Per me suonare è ancora una storia di grande amore e dedizione che non può prescindere dalla totale condivisione di quello che si sente in quel momento. Non ci posso fare niente, ma non riesco a vedere quello che faccio come un lavoro, ma preferisco considerarlo una sorta di vocazione, che è impossibile da frenare e arginare. E ad essere sincero, mi stupisco ancora oggi quando alla fine di un lavoro arriva qualcuno che mi paga per essermi fondamentalmente divertito da matti… Comunque il mio incontro con la musica risale a quando avevo circa una decina di anni. Conta che nella mia famiglia il primo stereo è arrivato quando avevo 12 anni e che per i miei la musica è sempre stato fondamentalmente quel rumore che da fastidio durante le trasmissioni televisive, quindi la mia non è neanche lontanamente una di quelle storie di “strumenti musicali in casa, musica a ogni ora e dischi di Hank Jones o Dizzy Gillespie suonati a tutte le ore da papà e mamma”… Infatti il primo veicolo di sensibilizzazione fu proprio la TV, con la neonata, e allora rivoluzionaria, rete televisiva “Videomusic” che proponeva videoclip musicali 24 ore su 24. Successe così che attorno ai 10 anni presi in mano il primo paio di bacchette, tornite a mano da mio fratello da due pezzi di legno comprati in un negozio di ferramenta e che lui usava per sfogarsi facendo finta di essere una rockstar. Le aveva lasciate incustodite sul divano "buono" di casa in un lontano pomeriggio di primavera romana. Iniziai così a percuotere prima la seduta, poi il bracciolo di sinistra e ancora dopo lo schienale e il bracciolo di destra, immaginando un drumset come quelli che vedevo per pochi fotogrammi nei videoclip in programmazione continua in TV. Insomma, da li in poi è stato tutto un naturale crescendo di innamoramento e impegno quotidiano, fondamentalmente portato avanti da autodidatta, ma spinto da una passione smisurata.

Musicalnews.com. E’ inevitabile chiederti a tal proposito quali sono i tuoi batteristi preferiti. A chi ti sei ispirato? Sei riuscito ad incontrare alcune dei tuoi musicisti preferiti e a confrontarti anche con loro?

Lucrezio de Seta: Dovrei farti la lista di tutti i grandi batteristi e musicisti della storia, non basterebbero 100 interviste per citarli tutti!
In particolare non sono mai stato fan di un batterista, ma forse di gruppi o di musicisti/compositori, quello si. Quindi non potrei non citare, spaziando dal rock alla classica, i Police, Peter Gabriel, King Crimson, Pink Floyd, Frank Zappa, Weather Report, Mahavishnu, Miles (senza alcuna esclusione), Jaco, Coltrane, Monk (devastante), Tony Williams, Wayne Shorter, Michael Brecker, Debussy e Stravinskij e per finire Philip Glass e Ligeti… Devo dire che alcuni di questi come molti altri che non cito per non occupare pagine e pagine sono riuscito a conoscerli di persona, con altri ho studiato e con qualcuno di loro ho anche potuto condividere il palco, per cui credo di essere stato molto fortunato fino ad ora. Diciamo che di base mi sono sempre trovato ad ascoltare ed imparare da tutti un po’, non ultimi dai miei allievi. E’ il bello della musica. Se la vivi appieno non puoi non imparare qualcosa da chiunque abbia qualcosa da dire attraverso il suono e in questo la musica popolare e etnica è di grande esempio. Anche se possiamo trovare fuoriclasse e veri assi degli strumenti o della vocalità, nella musica popolare, più che in altri ambiti musicali, quello che conta è la tradizione e il suono, più che la personalità dell’interprete. Almeno questo è quello che noto io, chissà se mi sbaglio…

Musicalnews.com. Ora una domanda che ci arriva dai tanti batteristi che ti seguono. Quale kit usi per le tue performance? C’è una tua batteria ideale? E qual è il segreto del tuo drumming?

Lucrezio de Seta: I segreti non esistono… C’è solo una idea che nei decenni si è sempre più concretizzata in una visione precisa di quello che voglio che esca dalle mie mani. Il che a quel punto è totalmente indipendente da uno strumento specifico. Mi piace molto farmi stupire dagli strumenti musicali, per cui li cambio continuamente sperando di sentire un suono che non mi sarei aspettato da quello specifico piatto, rullante o tamburo. So che può sembrare una risposta evasiva, ma è così. Negli anni ho collezionato tanti di quegli strumenti alla ricerca del suono perfetto che alla fine ho capito che non lo avrei mai trovato in un oggetto, per quanto bello e ben fatto potesse essere. Il suono è nella tua testa, nelle tue orecchie e, se sei fortunato e ostinato, prima o poi lo troverai nelle tue mani. Fra l’altro ultimamente sono affascinato dagli strumenti a corda, chitarre, bassi, ukulele… Chissà che prima o poi le mie batterie non mi facciano una scenata di gelosia!

Musicalnews.com. Com’è nata l’idea di fondare la Headache Production?

Lucrezio de Seta: Dalla necessità di creare musica senza doverne aspettare l’approvazione da parte di qualcuno. Piuttosto semplice ed egocentrico, non ti pare? Ma chi fa musica è così: Vorrebbe non dover chiedere il permesso a nessuno, per cui mettere su una minuscola etichetta mi ha permesso di fare un po’ di questo con liberta. Ovviamente il business è lontano anni luce da questo tipo di impostazione, ma oggi credo che il lato commerciale ci debba preoccupare il meno possibile, e dovremo dedicarci tutti un po’ di più al nostro intelletto e alla nostra interiorità. Se dovessi andare in giro a cercare etichette per i miei progetti, forse sarei un po’ meno libero.

Musicalnews.com. Sei stato l’ideatore degli Scurvy Brothers, l’unica cover band italiana dedicata agli Steely Dan. Gli appassionati ricordano ancora i memorabili concerti in onore della band di Donald Fagen & Walter Becker, dove arrivavate persino ad eseguire per intero la tracklist di album come “The Nightfly”. Ci sarà in futuro l’occasione di poter ascoltare di nuovi gli Scurvy?

Lucrezio de Seta: Sarebbe molto bello, quanto bello è il ricordo di qualcosa che nel suo piccolo ha lasciato un segno importante. Ricordo che un addetto stampa degli Steely Dan in persona mi contattò via email dagli USA per farmi i complimenti per la band, sbilanciandosi nel dire che, in molti pezzi che aveva sentito, gli “Scurvy”, a suo parere, suonavano meglio dei veri Steely Dan! Ovviamente mi sono messo a ridere, ma la cosa mi ha fatto molto piacere, non lo nego… In ogni caso non escludo nulla, ma per ora credo che mi farò ancora bastare i due CD live che sono riuscito con tanta fatica a realizzare a suo tempo e che sono da circa otto anni disponibili su iTunes…

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