Giulia Mazzoni, la pianista e compositrice che gioca con i bottoni
di: Alessandro Sgritta
Abbiamo intervistato la giovane pianista e compositrice toscana Giulia Mazzoni, che stasera al Blue Note di Milano e il 2 dicembre all’Auditorium di Roma presenta live il suo primo disco Giocando con i bottoni, con un omaggio a Michael Nyman. Abbiamo intervistato la giovane pianista e compositrice toscana Giulia Mazzoni, che stasera 16 Ottobre al Blue Note di Milano e il 2 dicembre all’Auditorium di Roma (Teatro Studio) presenta live il suo primo disco “Giocando con i bottoni” (Bollettino/Artist First) con un omaggio a Michael Nyman.
Ciao Giulia, sin dall’ascolto del primo brano “Apri gli occhi” si sente il tuo stile minimalista, quali sono i tuoi punti di riferimento?
Michael Nyman, Philip Glass e i maestri del minimalismo che poi a loro volta hanno generato anche me in Italia (come Allevi, Einaudi e tanti altri), dei musicisti classici romantici Chopin e Debussy…
Ho letto che hai fatto anche un curioso incrocio tra “Get Lucky” dei Daft Punk e il “Valzer op.69 n.1” di Chopin ma non c’è nel disco…
No non c’è nel disco, la faccio solo live, mi è venuta in mente pochi giorni fa, pensavo a Chopin e siccome mi è piaciuto molto l’ultimo disco dei Daft Punk ho pensato di fare incontrare questi due mondi apparentemente lontani però…
Che formazione musicale hai alle spalle?
Io ho una formazione classica, vengo dal Conservatorio, lo sto ancora facendo a Milano (G.Verdi), sono quasi alla fine, ora faccio anche composizione…
Quindi non escludi in futuro di fare anche improvvisazioni, jazz o musica da film?
No, se è funzionale a quello che voglio raccontare perché no, scelgo il linguaggio musicale in base a quello che voglio dire, quindi non ho limiti espressivi, in tutti i generi c’è del buono…
Spesso chi esce dal Conservatorio si trova un po’ costretto in certi parametri…
Io sono stata fortunata forse perché ho avuto e ho dei maestri molto aperti di mente, abbiamo fatto anche degli ascolti di Bjork ultimamente, ora c’è anche il triennio jazz nei Conservatori, dipende anche molto dagli insegnanti, ci sono alcuni con cui non puoi neanche fare ascoltare cose diverse, altri invece che ho avuto la fortuna di incontrare sono persone aperte e disponibili e anzi ti aiutano, ti danno gli strumenti per poter migliorare…
Hai progetti di scrivere delle colonne sonore come ha fatto anche Nyman?
Mi piacerebbe tantissimo fare delle colonne sonore, se me lo proponessero, è uno dei miei sogni quello di lavorare con l’orchestra…
E Nyman come l’hai conosciuto?
Un amico che sta a Londra gli fece ascoltare un mio brano, glielo mandò, un giorno ho aperto la casella mail e ho visto scritto “Michael Nyman” e ho pensato ad uno scherzo di amici, allora ho sfidato questo ipotetico Michael Nyman e l’ho invitato su Skype pensando che non fosse lui, invece era lui davvero, ci siamo visti anche pochi mesi fa alla Milanesiana e mi ha regalato anche una rosa gialla che porto sempre con me, ora siamo amici, gli ho dedicato anche un brano “Where and when?”, gli ho dato questo titolo perché io e lui tutte le volte che ci dobbiamo vedere diciamo “dove e quando?”, perché lui sta in Messico, ha le figlie che abitano a Londra ma lui ci va solo ogni tanto per trovare i nipoti, ora si sta interessando a nuove forme espressive come i video con i cellulari o con una piccola macchina, e poi li proietta in concerto mentre suona le sue colonne sonore, ci sono dei video molto belli, li trovi anche su Youtube, uno si chiama come “Love Train” dove si vedono dei vagoni che s’incontrano e sembra che si bacino, un altro video si chiama “I passi lenti” dove ha ripreso dei vecchietti che camminano, e sotto c’è la musica di Nyman…
Invece il tuo primo video si chiama “Piccola luce”, come l’hai realizzato?
Sì hanno usato una tecnica particolare che si chiama “cinemagraph”, è una tecnica che è stata usata anche nella pubblicità, credo in Germania, mai nei videoclip (almeno in Italia), il video è diretto da Federico Monti e realizzato da Quelquechose (factory creativa coordinata dal regista Marco Pozzi), narra la storia di una giovane prostituta, abbiamo sviluppato un tema purtroppo sempre attuale come quello della violenza sulle donne, quindi in un certo senso valorizzo più l’immagine della mia musica paradossalmente…
Ho notato che è un pezzo piuttosto cupo e introverso rispetto agli altri, anche il video è in bianco e nero…
Sì perché questo pezzo è nato dall’idea delle luci e delle ombre della vita, tutti possiamo smarrirci ma c’è sempre una piccola luce in fondo alla via…
Questo è il tuo primo singolo, come mai l’hai scelto? In genere il singolo è sempre un brano più “allegro” ed “estivo”, sarebbe stato più logico fare “Giocando con i bottoni”, la title track…
Ho scelto liberamente, “Giocando con i bottoni” sarà il secondo probabilmente, però sono stata contenta di scegliere questo brano e ho visto che le persone hanno risposto molto bene, è stata una scelta sentita…
Ti sei divertita a giocare con il “toy piano” (piano giocattolo) nel brano “Elefantino di pezza”, come mai?
Sì è uno strumento che mi ha sempre incuriosito, l’ho comprato su eBay, c’è una ditta Schoenhut che fabbrica pianoforti giocattolo dal 1870, in America fanno anche dei festival e delle competizioni per piano toy, non è facile da suonare perché ci sono solo 25 tasti e il range è limitato, non sono nemmeno 2 ottave, però mi interessava perché quest’album già dal titolo affronta il tema dell’infanzia e allora ho pensato di inserire anche questo suono particolare che mi ricordava il mondo dei bambini, il carillon…
Invece c’è un brano “L’albero di Mondrian” ispirato al quadro di Mondrian “Melo in fiore”…
Mondrian realizzò una serie di quadri dedicati a una serie di alberi, il suo stile si chiama neoplasticismo, mi ha ispirato per il concetto che c’è dietro all’opera, perché lui arriva a rappresentare questo melo stilizzato partendo dal concetto che nel mondo tutto cambia e si trasforma ma l’essenza rimane intatta, l’universale, in questo caso il tronco, i rami e le foglie, mi ha colpito perché è un po’ il concetto che ho utilizzato anch’io in alcuni brani, cioè cercare di arrivare al cuore delle cose, usando un linguaggio minimalista, essenziale, lui attraverso una ricerca spirituale e artistica è arrivato alla sintesi, mi piaceva questo percorso perché penso che il percorso dell’uomo e dell’artista vadano di pari passo…
Sei appassionata di pittura, dipingi anche?
Sono appassionata di pittura ma non so dipingere, sono un disastro…
C’è un brano “Il labirinto” che ha una struttura più complicata rispetto agli altri…
In questo brano la struttura musicale rispecchia il percorso ad ostacoli della vita che non è sempre semplice, ma enigmatico, difficile, fatto anche di vicoli ciechi, pensavo proprio all’immagine del labirinto…
Poi c’è ”Omino rosso” che ti è stata ispirata da una statua di terracotta…
Sì è una statua che è ancora nel giardino di mia nonna, da piccola già mi mancava qualche rotella e parlavo con questa statua di terracotta che rappresenta un bambino, pensavo avesse un anima, come Pinocchio, ora non ci parlo più per fortuna però mi piaceva dedicargli un pezzo, ora è anche decapitato poverino, gli è stata rincollata la testa dell’omino rosso ma non sono stata io (ride)…
”L’ultimo caffè” a chi è dedicata?
Può essere un addio a una persona, a un’idea, ma può anche non essere per sempre, un arrivederci, penso al saluto come all'ultimo caffè e ho pensato all’idea del caffè perché ti può lasciare o il dolce o l’amaro in bocca, può essere lieto o sofferto...
Invece “Lia” parla di una persona che non c’è più…
Sì è un’amica che purtroppo è venuta a mancare a causa di un tumore, lei ha lottato fino alla fine, quindi non è un pezzo totalmente malinconico perché c’è anche la forza di questa persona che consolava tutti noi, a me ha colpito perché aveva solo 50 anni e non mi era mai capitato di vivere una situazione simile, mi sembrava giusto dedicarle un brano…
Non sono riuscito ad ascoltare l’ultimo brano “La cavalcata delle nuvole”…
E’ ispirato alle nuvole perché mi diverto a fare fotografie con il cellulare (c'è anche un blog "Il mondo visto da Giulia" dove posto le foto e i pensieri), le nuvole mi hanno sempre colpito perché ognuno ci può vedere qualcosa di personale (come si dice anche all'inizio del disco "Le nuvole" di De André) guardando le nuvole riescono a suscitare la tua fantasia per i colori e le forme…
Hai fatto anche uno spettacolo che si chiama “Il viaggio: dialogo tra musica, pittura e parola”…
Sì è uno spettacolo che ho fatto 3 anni fa al Teatro Metastasio di Prato e poi è andato in scena anche a Milano, che riguardava l’interazione tra queste tre arti dove cercavo di raccontare il viaggio dell’uomo e dell’artista alla ricerca della bellezza, ho fatto questo esperimento e mi sono divertita, è stato bello, io curavo le musiche, i testi e la regia dello spettacolo…
Ho letto della tua collaborazione con il violoncellista Marco Decimo…
Sì è nata in quell’occasione perché Marco Decimo ha partecipato a una data di questo spettacolo dove abbiamo suonato insieme e lui ha eseguito degli arrangiamenti su alcuni brani miei, è stato emozionante perché è un grande violoncellista (suona anche con Einaudi, ndr.)
Hai collaborato anche con Marcello Becattini...
Sì in un'altra occasione, è un musicista di Prato, un chitarrista-compositore che ha fatto anche delle colonne sonore per Francesco Nuti, che abita vicino a casa mia, anch'io sono di Prato...
C'è un brano nato all'isola d'Elba...
Sì "Nella rete della Luna", andavo sempre al mare all'isola d'Elba e diverse estati fa mi è venuto questo pezzo la notte di San Lorenzo, ispirato allo spettacolo delle stelle cadenti...
Hai mai pensato di collaborare con altri strumentisti o vuoi continuare a fare dischi in piano solo?
Sì perché no, magari in concerto, se è funzionale a quello che voglio raccontare, io ho sempre suonato in piano solo, per ora mi interessa questo rapporto esclusivo col piano ma mi piacerebbe suonare anche con altri per variare un po'...
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