Nel laboratorio del cantautore-autore: intervista a Pacifico, domani a Gubbio
di: Ambrosia J.S. Imbornone
Domani la sua musica sbarca nella serata “Parole degne di note” a “Life in Gubbio”. Gli abbiamo chiesto qualche anticipazione sul suo live,sul suo nuovo cd in uscita per Sugar,nonchè un po’ di particolari sul suo lavoro di autore. Domani a “Life in Gubbio”, manifestazione di immagini, parole e musica ideata da Michele Afferrante e Filippo Mauceri (tra gli autori del programma televisivo “Il senso della vita”) con la partecipazione di Paolo Bonolis e organizzata dal Comune di Gubbio la collaborazione dell’APT dell’Umbria sono previsti ancora interessanti appuntamenti. La musica sarà in scena con Pacifico e Niccolò Agliardi, che alterneranno le loro esibizioni ai reading della poetessa Marcia Theophilo e Raiz e alle immagini del regista Peppino Saponara nella serata “Parole degne di nota”, in programma dalle 21:30 presso il Chiostro Maggiore della Chiesa di San Francesco. L’ingresso della serata è gratuito, con offerta ad importo aperto a favore del Ce.R.S. / Centro Ricerche Studi (onlus sostenuta da Paolo Bonolis) per il progetto "Adotta un angelo", dedicato all’assistenza deii bambini diversamente abili.
Gino De Crescenzo, in arte Pacifico, in questi giorni sta dando gli ultimi tocchi al suo quarto disco da solista, dopo l’esperienza pluridecennale come chitarrista dei Rossomaltese. L’album uscirà per Sugar probabilmente nel mese di gennaio. Intanto prosegue la sua carriera di autore, e dopo aver composto brani e testi per Ornella Vanoni, Gianna Nannini, Samuele Bersani, Gianni Morandi, Raf, Andrea Bocelli, Patrizia Laquidara, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, di recente ha scritto i versi della versione italiana del primo singolo di una cantante milanese di origine marocchina, la promettente Malika Ayane, sotto contratto con la Sugar, che a soli 24 anni ha già alle spalle un percorso preciso di qualità, con gli studi al conservatorio e le esperienze alla Scala. Abbiamo chiesto a Pacifico qualche anticipazione sulla sua esibizione di domani e sul suo nuovo album e cercato di capire come procede nel suo lavoro di autore.
Ambrosia: Domani suonerai a Life in Gubbio…Hai selezionato brani particolarmente significativi, in relazione al tema principe del festival, quello ampio, multiforme e affascinante della vita?
Pacifico: Fino all’uscita del disco, farò delle esibizioni in duo con Alberto Fabris, che è un collaboratore di Ludovico Einaudi, ma ha lavorato anche a New York con i Blonde Redhead, ecc. Siamo anche amici da tempo…Volevo una formazione agilissima per andare in tour ed inoltre provare ad abbinare il carattere acustico di scrittura delle canzoni a delle ambientazioni elettroniche e al contrabbasso. Questa collaborazione ha preceduto l’invito al festival, che però è caduto a fagiolo, perché a Life in Gubbio richiedono delle performance non usuali. Per quanto riguarda il senso della manifestazione visto che le mie canzoni descrivono per lo più stati emotivi o comunque una dimensione esistenziale, attraverso anche l’amore, sono quasi tutte adatte. Ho scelto piuttosto il materiale che riusciamo a fare in questa formazione e qualche brano che ho scritto per altri.
A: Ci saranno canzoni inedite in scaletta?
P: No, perché questa collaborazione è molto recente ed è cominciata a disco finito. Comincerò ad adattare i nuovi brani alla formazione in duo dopo l’estate, pian piano…Mi piacerebbe anche lavorare su un paio di pezzi che non faranno parte del disco, visto anche questa volta la selezione è stata molto ampia [nrd: Pacifico è notoriamente un autore piuttosto prolifico, quindi ha di solito un buon numero di tracce tra cui scegliere quelle da pubblicare]. Devo capire poi che tipo di dimensione sonora dare dal vivo ai brani nuovi, se mantenerli abbastanza fedeli al disco o presentarli in questa formazione, in cui chiaramente sarebbero molto scarnificati. Forse ora sarebbe prematuro portarli al pubblico in questa veste, prima che prendano vita e siano ascoltati nella versione studio. Vedremo…
A: Fabris si occupa appunto sia dell’elettronica che del contrabbasso: quanto conta appunto per te la dimensione elettronica e sperimentale e quanto quella cantautorale, più acustica e classica, e come riesci a coniugarle, come hai fatto egregiamente in questi anni?
P: Quando si pubblica un disco riconducibile più o meno all’ambito del pop, è molto frequente che nelle tournee si cerchi di riproporre abbastanza fedelmente il suono delle canzoni che passa per radio e quindi che si porti in giro un computer e vi si suonino le sequenze. E’ spesso una necessità, a meno che non si facciano dei dischi con impianto jazzistico o etnico. Lo trovo però riduttivo e anche faticoso, per l’impianto sonoro da reggere. Ho cercato allora di riportare nella scrittura i brani del nuovo disco alla chitarra acustica, al canto, al pianoforte, perché siano anche più “comodi” da eseguire dal vivo. Comunque, sia i dischi precedenti che questo si mantengono in equilibrio tra l’elettronica e l’acustico, e questa caratteristica è ancora più marcata nel nuovo album. D’altra parte, se non fai dischi “in bianco e nero”, come quelli di Vinicio [ndr: Capossela, ovviamente],o quelli della scena cantautorale tradizionale, sono due elementi paritetici. Io amo molto il pianoforte, che in questo disco è preponderante, così come amo molto i suoni inaspettati che possono arrivare da un sequencer. Ho visto quindi che associare l’elettronica alla chitarra acustica dal vivo funzionava quasi automaticamente, perché evidentemente c’è proprio questo tipo di equilibrio nelle canzoni e sono state pensate così.
A: A proposito del pianoforte, ho notato appunto che nei due video del lavoro in studio che hai diffuso sul tuo sito, si sente un piano sontuoso, avvolgente, malinconico, struggente anche…Innanzitutto è suonato da te nell’album?
P: Sì.
A: Poi ci sono archi quasi magniloquenti, fiati…Quanto il tuo nuovo cd sarà un disco d’atmosfera? Pensi che le tue canzoni in qualche modo possiedano spesso un respiro “cinematografico”?
P: Penso di sì, come molte canzoni ariose, probabilmente per l’amore che nutro per il cinema e per la musica composta per il cinema. Poi quando scrivo, spesso parto da un’immagine, che potrebbe essere un’inquadratura o la scena di un film, e la vedo anche ambientata: lì comincia allora la ricerca di tutte le parole per descriverla…In alcune canzoni in cui le immagini sono particolarmente visive ed è facile immaginarle cinematograficamente. Inoltre la musica per me è molto importante: non mi piace l’idea di una musica angusta che poggia la canzone solo sulle parole. Non è un tipo di lavoro che mi è affine particolarmente. Per quanto riguarda l’atmosfera, sì, nel disco non ho lavorato da solo come in passato per gli arrangiamenti, e ho affidato delle cose a degli specialisti, sia l’elettronica a chi si intende di sperimentazione, sia l’elemento acustico che è molto ben suonato. Tutto è molto a fuoco e sono molto contento del risultato. La scelta dei pezzi è stata molto difficile, perché ho cercato un’atmosfera unica, facendo tesoro dell’insegnamento di “Dolci frutti tropicali”, in cui per la prima volta avevo ricercato proprio questo, anziché tentare di fare una panoramica di tutte le cose che riuscivo a scrivere. Questo nuovo album ha un inizio e una fine e dentro ha un percorso preciso.
A: L’uscita del disco è prevista al momento presumibilmente per gennaio?
P: Sì, il primo singolo dovrebbe uscire invece per l’ultima settimana di novembre, per far sì che prenda piede in radio.
A: Sembri molto concentrato e preciso in questi video….La realizzazione di un disco è per te un’opera paziente e laboriosa di “artigianato”?
P: Beh, diciamo che c’è una fase più anarchica, che è quella della scrittura, che segue un po’ il cliché dell’artista che compone dappertutto. Lì mi faccio prendere un po’ la mano e rapire dalla scrittura, che ha un certo tipo di imprevedibilità. In studio, dovendo far quadrare tempi limitati, bilanci, logistica per i musicisti che partecipano al disco, divento più metodico e concentrato. La notte è fantastica per scrivere, a volte anche per suonare, ma dovendo mettere insieme un gruppo di persone che non seguono necessariamente quegli orari, bisogna cercare di capire quando tutti possono essere presenti ed essere al meglio! Si diventa un po’ “amministratori”, ma non si perde neanche mai di vista quello che succede improvvisamente e non si può prevedere, una strada inaspettata che si scopre in studio e porta a cambiare quello che in un pezzo sembrava insostituibile. Quindi sì, c’è molta concentrazione, anche perché io tendo a fare giornate lunghe che però la sera si concludono, perché preferisco poi staccare e fare anche altro, ad es. andare al cinema. Altrimenti il lavoro diventa ad un certo punto sterile…
A: Passiamo al tuo lavoro come autore…Hai scritto per Malika Ayane il testo della versione italiana di “Soul Weaver”, che ha preso il titolo di “Sospesa”. Si tratta di un brano elegante, raffinato, con versi che a tratti si accendono di sensualità…Com’è nata questa collaborazione?
P: Siamo “compagni di scuderia” alla Sugar e Caterina Caselli mi aveva parlato di lei. Poi l’ho vista cantare in un video e sono rimasto molto impressionato dal suo atteggiamento sul palco e dalla sua voce. In seguito l’ho conosciuta e mi ha conquistato come persona: ho conosciuto tante cantanti, ma devo dire che lei ha veramente molte qualità umane e mi ha affascinato molto. La collaborazione non è finita lì: non solo ho scritto un altro testo per un altro brano del suo disco, che uscirà dopo l’estate, ma lei ha cantato poi con me nel mio disco in un duetto. Per chi l’ha sentita in studio, è stato un momento molto emozionante. Ha una dote rara, che di solito cresce con il tempo, ma in lei è naturale, quella dell’eleganza, ha solo 24 anni!
A: Pensi che possa ricapitarti in casa Sugar di fare altre collaborazioni di questo tipo?
P: Sì, penso di sì, lavorerò per loro anche come autore, com’è già successo per Bocelli. Diversi artisti dell’etichetta sono anche autori delle canzoni che cantano, come Elisa e i Negramaro. Però, essendoci stima reciproca con gli artisti di Sugar, credo che succederà. Per me è sempre stata un’occasione di crescita quella dell’adattamento della mia scrittura per altri, perché ho scoperto altre possibilità e ho dovuto piegare ed ampliare le mie conoscenze. Se scrivi per Frankie e Bersani puoi permetterti l’uso di linguaggi diversi rispetto a quando scrivi per Bocelli o per Raf. Spero quindi che questa collaborazione continui, anche perché spesso gli artisti di Sugar sono molto giovani: è una cosa molto interessante, perché puoi far riferimento ad un pubblico giovane, di ragazzi di 20-30 anni, ed affrontare tematiche diverse da quelle di un testo per Morandi, per fare un esempio.
A: Come riesci a distinguere parole che senti solo tue da quelle da “prestare” alla voce di altri? Ricordo che quando hai cominciato, dopo i Rossomaltese, il tuo percorso da solista, inizialmente pensavi di proporti come autore, ma ti convinsero a cantare le tue canzoni, perché erano così intrise della tua sensibilità, così dentro il tuo immaginario, che avevano bisogno della tua interpretazione. Come riesci ad adattarti ad artisti molto differenti, per genere musicale, età, pubblico, da Morandi alla Laquidara, dalla Nannini alla Vanoni?
P: Beh, scrivere per personaggi appartenenti a scene molto diverse mi fa molto piacere e se capita, è anche grazie alla mia attività di interprete: su myspace, che è uno strumento molto utile per contattare gli artisti, mi scrivono i rapper irriducibili, come gruppi che cantano i brani di Anna Oxa!Questo vuol dire che evidentemente le parole, che servono a veicolare delle emozioni, arrivano a persone molto diverse: vuol dire che si è lavorato bene. La scelta poi non è molto complessa. Esistono delle canzoni che tuttora restano incollate a me, per il taglio autobiografico o un’intimità che c’è dentro, che non riuscirei a dare ad altri. Mi è capitato raramente di scrivere un brano per me e di darlo ad altri: è successo per “Il nodo”, poi cantata da Raf, ma ricordo che quando ho finito di comporla, le soluzioni musicali e il testo mi facevano venire in mente proprio Raf. Solitamente invece ora lavoro su commissione: incontro l’artista e cerco di pensare a lui mentre scrivo, di capire quale può essere il linguaggio più adatto a lui. Da una parte voglio che il testo sia riconoscibile come mio, ma dall’altra per firmarlo, non voglio neanche sovrappormi all’interprete: sempre di più scelgo la parola più semplice, che meglio serve il cantante, anche se avrebbe potuto scriverla chiunque. Mi convinco sempre di più che nel pop funziona così…D’altra parte Morandi mi ha detto che non aveva mai cantato parole come “una lampada spenta oscillava da sola, ecc.” (ridiamo. Ndr: la canzone in questione è “Stringimi le mani”). Però si è aiutato con il ritornello aperto... Ci sono però canzoni che non potrei dare a nessuno e quando sono stato molto impegnato nella scrittura per altri, ho scritto per me per riposarmi e ritrovarmi!Questa divisione schizofrenica non è complessa da mantenere!
A: Beh, nel mio piccolo, credo che tu riesca magnificamente nel mantenere questo equilibrio tra il tuo stile e i caratteri dell’artista per cui scrivi, perché sono canzoni che risultano credibili cantate da altre interpreti, ma poi nascondono una serie di versi più cantautorali, o lo stigma di una sensibilità che non può che essere la tua…Sono versi tuoi, possiamo dire, ma con discrezione!(sorrido) Dedicarti all’attività di autore serve anche a conservare la tua libertà di cantautore?Spesso, a tal fine, si consiglia di mantenere un’altra attività parallela a quella musicale e ci sono cantautori come Paolo Conte [ndr: avvocato] o Roberto Vecchioni [ndr: professore di latino e greco] che hanno effettivamente continuato a svolgere il loro lavoro anche proprio per questo…
P: Sì, per me è decisivo, per l’età a cui ho cominciato a fare il solista e per i tempi che corrono, in cui è davvero molto difficile, più del passato, vivere di musica. Avevo sempre pensato anche io di fare un altro lavoro, ispirandomi ai nomi che hai fatto, anche a Jannacci [nrd: medico], e per me è un grande privilegio riuscirlo a fare sempre nell’ambito della musica. Ti aiuta molto. La grande apprensione per me ora non è tanto l’uscita del singolo, ma scrivere bene e cercare di realizzare quello che ho in mente, magari alla fine anche superando le idee che avevo, sorprendendomi con quello che succede in studio e sfugge al mio controllo. Sono sicuro che Sugar seguirà molto bene il mio disco e non dovendo dipendere dalle prime settimane, dall’airplay, ora è come se il mio lavoro per il nuovo disco l’avessi già fatto e dovessi solo preparare il live. La cosa strana è che mi trovo a lavorare molto sui testi, che è un’attività più recente [è cominciata nell’attività come solista]: ho capito che in realtà per la musica ci si arrangia, perché tanti scrivono, tanti musicisti propongono i loro pezzi al cantante di riferimento, per cominciare un’altra attività, mentre per i testi con gli anni gli artisti sentono la necessità di uscire da schemi consolidati. Ci sono dinamiche anche banali che governano tutto ciò. Come artista in ogni caso sono protetto dal fatto di essere anche un autore. Poi cerco comunque sempre angoli inattesi nei testi di chiunque: solo per Bocelli ho adottato uno stile più neutro, perché in quel caso servono parole spaziosissime e non si può usare molto lo stile metaforico.
A: Tornando un attimo a “Sospesa”, nel video della canzone tu sei “l’uomo dei palloncini”…Erano già comparsi in alcuni foto promozionali, mentre sappiamo che dal vivo hai usato spesso le bolle di sapone. Come mai ti ritrovi spesso tra questi elementi appunto “sospesi”?Ti sembrano un po’ un’immagine dello stupore, della bellezza della fragilità e della fragilità della bellezza?
P: Nella fattispecie è stata una scelta casuale dei registi [ndr: Paolo Zambaldi e Roberto Battaglia], in un momento volutamente leggero e poetico del video, in cui mi sono trovato a mio agio. Le bolle di sapone sono state un modo per raggiungere certi effetti con mezzi molto precari, non potendo mettere su spettacoli molto elaborati, e sono servite all’inizio, quando non ero magari ancora sicuro che le canzoni arrivassero al pubblico. Ora sento meno la necessità di questi piccoli artifici, do più attenzione a quello che dico. Però sono anche molto affascinato dalle piccole illusioni utilizzate nei film e negli spettacoli teatrali, in cui ci sono effetti particolari ottenuti con nulla. Io ho sempre fatto da me, ma in futuro mi piacerebbe lavorare con qualcuno che se ne intende e possa suscitare stupore: ci sono piccoli trucchi che possono rendere lo spettacolo davvero unico. Certo, per me è stato un po’ laborioso reperire e mantenere tutta questa accozzaglia di giocattoli, con il sapone che si versava in valigia!(io rido). Ricordo che in viaggio per Bari avevo comprato una pistola molto bella per le bolle in un autogrill: quando l’ho provata in camera faceva un rumore pazzesco e salì il portiere dell’albergo, perché qualcuno l’aveva chiamato spaventato, dato che sembrava un inseguimento di polizia con tanto di sparatoria!Però era divertente anche per me vedermi in camera a provare i giocattoli…!
A: Beh, poi l’incanto anche negli adulti davanti alle bolle di sapone resta sempre!Bastano pochi secondi per ritrovarsi preda dello stupore…!
Prevedi a breve esibizioni con una formazione allargata?a settembre intanto sarai a New York con Petra Magoni e Ferruccio Spinetti [il 22 a Casa Italia, il 23 al Joe’s Pub].
P: Sì, ho scritto per il loro disco un brano che a loro è piaciuto molto e mi hanno invitato quindi nelle loro date americane [“Pazzo il mondo?!”, nell’album “Musica nuda 55/21”). Non credo che farò concerti con una formazione allargata a breve…Comincerò a preparare lo spettacolo comunque, può darsi che ci saranno anche delle anticipazioni, non so. Vorrei preparare vari moduli per i concerti, questa volta prima dell’uscita del disco. Ci sarà una formazione più allargata e un po’ più tradizionale, bisognerà vedere come reinterpretare le canzoni dal vivo, senza snaturarle ovviamente il loro carattere fondamentale. Penso che farò diverse date con questo duo, che magari diventerà ad un certo punto un trio con un chitarrista. Mi piacerebbe fare anche degli esperimenti, perché ci sono diversi musicisti che hanno offerto la loro collaborazione, anche se la canzone d’autore è un genere complesso da reinterpretare, con il testo in primo piano. Non è facile inserirvi nuovi elementi…Userò questo periodo per lavorarci e mettere a fuoco la ricetta giusta. Spero che per gennaio sia tutto pronto.
A: Prevedi quindi di fare un tour invernale?
P: Sì, penso che faremo una presentazione mirata e accurata del disco, una decina di eventi piuttosto grandi in varie città. Poi, anche in base al riscontro ottenuto dal disco, faremo un tour…
Foto:Pacifico in studio.
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