Massimo Ranieri - Sulmona (AQ), 26 aprile
di: Massimo Giuliano
Tutto esaurito per la prima nazionale del nuovo tour di Massimo Ranieri. Il concerto, straordinario, si è tenuto al Teatro Comunale “Maria Caniglia”. Massimo Ranieri ormai è un habitué di Sulmona, la cittadina in provincia di L’Aquila che sembra diventata un po’ la sua seconda casa, visto che non è la prima volta che si esibisce qui. Sta di fatto che la patria di Ovidio (e dei confetti) è stata scelta dal cantante partenopeo per aprire anche questo suo nuovo tour, legato all’album “Nun è acqua”, che riprende la fortunata formula del precedente lavoro “Oggi o dimane”: ricantare, con inediti arrangiamenti ma uguale passione, i classici della canzone napoletana. Il risultato? Straordinario. Al Teatro Comunale “Maria Caniglia”, che era sold out, Ranieri ci ha portato a fare una vera e propria full immersion nella cultura e nello spirito partenopeo: il medley iniziale, solo voce e chitarra (in cui si distingue l’ottimo Mauro Pagani), sorprende perché Massimo “brucia” subito tutti i suoi maggiori successi, come ad esempio “Rose rosse”, “Perdere l’amore” ed “Erba di casa mia”, con la motivazione di voler proporre uno spettacolo nuovo, dove quindi il suo passato viene un po’ lasciato alle spalle. Un modo per far capire che il recital a cui il pubblico assisterà verterà solo ed esclusivamente su brani storici della melodia non solo napoletana, ma italiana, come “Luna rossa”, “Giacca rossa”, “Maruzzella” e “Malafemmena”.
Ranieri fonde con abilità, in questo suo personalissimo e particolarissimo spettacolo, tutta una serie di elementi: canto, monologhi parlati e balletti. Le coreografie, curate da un maestro del genere quale Franco Miseria, sono ben organizzate e si dimostrano strutturate con classe, come del resto tutto il recital. La cosa più interessante è la riuscita commistione tra musica e danza: i ballerini accompagnano davvero bene le performances vocali di Ranieri, che del resto spesso sgambetta in prima persona sul palco. Massimo interpreta anche alcune tipologie di uomini napoletani: in “Guapparia” è vestito come un boss sicuro di sé, che canta “Scetateve guagliù”, mentre in “Agata” è un povero impiegato comunale che si lamenta di essere tradito dalla sua donna (“Agata, tu mi tradisci, Agata”). Ma c’è spazio anche per il proprio vissuto, soprattutto se riferito alla sua gioventù: l’America (“Ci sono andato a 13 anni, col piroscafo, a cantare. L’America era un sogno: a Napoli guardavo il mare e pensavo che gli americani stavano di fronte… una specie di dirimpettai”) e i “pedinamenti” - imposti dalla madre - alla sorella Nunzia col fidanzato Gennaro, anche se Massimo all’epoca era solo uno “scugnizzo” di 10 anni. Quest’ultima storia gli fa venire in mente un classico partenopeo, “I’ mammeta e tu”, che interpreta egregiamente. “’E ccerase” offre invece il pretesto per parlare di multirazzialità: “Napoli mi faceva sentire che gli americani abitavano di fronte e che gli arabi e i musulmani stavano nella porta affianco. Insomma, la mia città ci ha insegnato a stare tutti insieme”. C’è anche un sentito pensiero sulla guerra: “Sono passati quasi 60 anni dalla prima di Napoli Milionaria di De Filippo. Era appena finita la guerra, la città era controllata dagli americani e al teatro San Carlo Eduardo disse per la prima volta: “Adda passa’ a nuttata”. Sono passati quasi 60 anni da quella guerra: pare che sta’ nuttata non finisca mai…”. “Reginella”, immancabile, è suonata inizialmente in una suggestiva versione a cappella in cui Ranieri duetta col pubblico, per poi sfociare in un’esecuzione arricchita da tutti gli strumenti della band.
Questo sono le canzoni napoletane: un modo per comunicare con la gente, in maniera semplice e diretta. Ranieri lo ribadisce, ad un certo punto dello spettacolo: “Nelle canzoni napoletane si parla di cose naturali che succedono a tutti. Non si parla di filosofia o cose del genere”. Ecco perché anche un brano come “I’ te vurria vasà” assume un fascino e un significato particolare: “Io ti vorrei baciare”, questo è quanto vuol dire il titolo, e il cantante invita il pubblico in sala a scambiarsi baci, anche se non ci si conosce. Grandioso.
Si prosegue con altri classici come “Marechiaro” e “’O ccafè”, intervallati da una versione riveduta e corretta di “’O surdato ‘nnamurato”: non la solita tarantella per uno dei cavalli di battaglia di Ranieri, ma un brano di più ampio respiro, che il cantante napoletano (come poi ci confiderà nel dopo concerto) ha scelto di realizzare in questo modo, “allargandolo”, come si dice in gergo, per rendere il giusto tributo ad una canzone dal testo molto profondo. Riflessioni valide, e il concerto prosegue bene per poi giungere alla meritata fine, con il bis che vede Ranieri tornare sul palco invocato a gran voce. E via nuovamente a canzoni napoletane, acclamatissime.
Qualcuno dal loggione richiede “Rose rosse”: evidentemente non ha capito lo spirito della serata. Una serata che ci regala diverse certezze: Ranieri è qui, in forma, ha molto entusiasmo ed è pronto a regalarci ancora tante emozioni con la sua voce piena e potente come non mai… e pensare che fra una settimana compirà 52 anni!
Non poteva non esserci, trattandosi della prima data del suo tour, l’ingresso sulla scena della graziosa Federica Bisestile, figlia del “patron” Vincenzo (che ha organizzato la serata insieme al Nomadi Fans Club "Un giorno insieme", di cui è presidente, e che è ritratto nella foto in alto con Ranieri): la ragazza, come di consueto, regala a Massimo i fiori.
Nel backstage, a fine concerto, io e il nostro vicedirettore Antonio Ranalli veniamo ricevuti dal cantante insieme ad altri colleghi della stampa: disponibilità, gentilezza, simpatia e semplicità sono le qualità che caratterizzano il Nostro, che ci parla anche dei suoi progetti per il futuro, come un nuovo album in napoletano realizzato sempre con il fido Mauro Pagani, un disco live e il debutto nell’opera lirica.
Una sfida, quest’ultima, che Ranieri sicuramente vincerà alla grande.
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