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Dream Theater al Palalottomatica di Roma (26/10/07)di: Paolo Ansali Concertone romano per i Dream Theater, due ore e un quarto di grande musica, prog-metal ai massimi livelli e citazioni di Pink Floyd e Marillion. Negli anni ’70 gruppi come Genesis ed EL&P riempivano i nostri Palasport con concerti esaltanti. Oggi tocca ai Dream Theater seguire le loro orme, ogni disco un tour italiano con grande risposta di pubblico. Ecco tornare il quintetto di New York per il “Chaos in motion tour” a sostegno di “Systematic Caos”, il nono album in studio, il primo per la Roadrunner. Cinque date italiane organizate dalla Live. Il Palalottomatica di Roma è strapieno e dal parterre si gode un buon colpo d’occhio degli anelli soprastanti. Ad aprire ci sono i Symphony X con un set di 45 minuti. La line-up, guidata dai virtuosi Michael Pinnella (tastiere) e Michael Romeo (chitarra), soffre un sound impastato, tipico della struttura romana, che non permette di gustarli al meglio. Le note del tema di Psycho di Hermann fanno capire che è arrivato il momento dei Dream Theater. Introdotti da un clip con alcune immagini della loro carriera, salgono sul palco nel tripudio generale. La scenografia è semplice ed efficace, c’è il cartello stradale con il loro logo, lo stesso che campeggia su molte t-shirt, e il mega-schermo. L’enorme drum-kit di Mike Portnoy troneggia con tanto di punchball. Il primo brano è il singolo “Constant motion”, in cui si sentono evidenti echi dei Metallica. L’unico estratto da “Images and words”, eseguito per intero all'ultimo Gods of Metal, è “Surrounded” che si dipana in un lungo assolo di John Petrucci. Tecnica e feeling al top per il chitarrista, acclamato dai fans, che cita “Mother” dei Pink Floyd e “Sugar Mice” dei Marillion. Momento solista anche per Jordan Rudess e la sua tastiera fretless Haken. Sono le composizioni di “Systematic” a trovare più spazio. La prima parte di “The Ministry of Lost Souls” è una struggente ballad con la voce di James Labrie che da il meglio in questi frangenti. La suite “In the presence of enemies” mette in risalto, ancora una volta, tutta la loro preparazione strumentale. Due ore e un quarto di concerto, quanti grupppo oggi suonano così? Articolo letto 6478 volte Riferimenti Web
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