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Recensioni |
Pubblicato il 19/02/2005 alle 17:29:07 | |
Andrea Mirò – Andrea (Anyway / Sony Music)
L’atteso ritorno di Andrea Mirò. Album soffice e sofisticato al tempo stesso, che guarda con introspezione a temi sociali ed universali.
Ogni album di Andrea Mirò è una piacevole sorpresa. Per la cantautrice, che vanta una carriera e un curriculum non indifferente, questo nuovo album rappresenta una decisiva svolta. “Andrea”, questo il titolo del CD, rappresenta il raggiungimento di una perfetta maturazione compositiva, che ben si sposa ad una linea di arrangiamenti che rendono giustizia al talento della cantautrice. In fondo Andrea è sempre stata una sperimentatrice: le sue canzoni sono state il pretesto per coniugare percorsi sonori differenti. L’anima rock si sposa con la tradizione cantautorale: ne escono delle bellissime gemme come “Credo”, che apre l’album, fino a “Previsioni del tempo”, senza dimenticare l’introspettiva “Da sola ma non sola”. La nostra, che si candida al ruolo di cantautrice più rappresentativa della scena italiana (del resto vi vengono in mente altri nomi?), alterna abilmente l’italiano con il francese (“La la la”), gioca con il suono e la metrica delle parole (“Come la luna”) per offrire punti di vista e spunti sempre interessanti e mai scontati. La Mirò ci guida in un percorso all’interno dell’animo umano, con le sue contraddizioni, cercando di sorreggere con il suo timbro di voce emozioni e paure, in una ricerca spirituale (“Hassiba Boulmerka”). La band, composta dal virtuoso Luigi Schiavone (chitarre), Enrico Ruggeri (che si firma Rouge e suona chitarra e tastiere), Lorenzo Poli (basso), Marco “Nano” Orsi (batteria), Davide “Billa” Brambilla (fisarmonica e tromba), Pino Di Pietro (hammond e tastiere), Alessandro Carrieri (contrabbasso) e Michele Brambilla (clarinetto), seguono l’artista in ogni evoluzione, supportandola abilmente, con preziosi inserti strumentali. Tra le 12 tracce dell’album spiccano due cover: la prima è quella di “Lili Marlen”, un classico senza tempo che Andrea Mirò interpreta con la stessa grazia di un cantante del secondo dopoguerra, mentre l’altra è nientemeno “Heroes” di David Bowie, che prosegue idealmente il percorso lanciato da Enrico Ruggeri con “Punk prima di te”.
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