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Pubblicato il 11/08/2013 alle 16:02:16
Omar Pedrini – Campo di Giove (L’Aquila) 10/08/2013
di Manuela Ippolito Giardi
Grinta, ritmo, rock energico e trascinante: queste le principali caratteristiche della musica di Omar Pedrini, che ieri sera ha tenuto a Campo di Giove (L’Aquila) un concerto pieno di sorprese.

Grinta, ritmo, rock energico e trascinante: queste le principali caratteristiche della musica di Omar Pedrini, che ieri sera ha tenuto a Campo di Giove (L’Aquila) un concerto pieno di sorprese. Il fondatore dei Timoria ha eseguito tutti i suoi maggiori successi, incominciando da “Casa mia”.

Il concerto era inserito nel programma del “Premio Campo di Giove”, format ideato da Domenico Silvestri e organizzato dallo “Gnaff Bar” di Giacomo Ruscitti. Tra il pubblico c’era anche Michele Muti, discografico che tanti anni fa in Polygram credette nei Timoria sin dall’EP di esordio “Macchine e dollari” (il disco però uscì su label Polydor, perché sembra che Omar Pedrini chiese di uscire con la stessa etichetta del suo idolo Jimi Hendrix). Un periodo che ha visto protagonista anche il nostro direttore Giancarlo Passarella, che a suo tempo venne coinvolto nel lancio del mini album, per il quale produsse un numero speciale della sua rivista “Stress”.

Seppur lontano dai riflettori, Pedrini con grande coerenza ha scelto di restare un’artista rock. Lo ha dimostrato anche con le sue incursioni nel mondo della tv (i programmi per Rai 5 “Rock e i suoi fratelli” e “Pop! Viaggio dentro una canzone”) e lo si è sentito anche ieri dal vivo. Quest’anno poi è un anno decisamente particolare, visto che ricorre il ventennale dal capolavoro “Viaggio senza vento” dei Timoria”. Omar, accompagnato da un’ottima band composta da Alberto Parisi (batteria), Larry Mancini (basso), Marco Grasselli (chitarra) e Gilda Reghenzi (voce e cori), ha ripercorso le tappe salienti della sua carriera.

Percorso che si è aperto con l’ultimo periodo dei Timoria, ovvero con “Casa mia”, con cui la band partecipò al Festival di Sanremo nel 2002 e “Lulù”, entrambi tratti dalla colonna sonora di “Un Aldo qualunque sul treno magico”. Lo show è stato denso di ritmo, movimento, gioia, vita e musica e il pubblico è subito entrato in sintonia con l’artista con le prime note di “Senza vento”. Pedrini, da buon “zio rock”, ha offerto preziosi suggerimenti ed omaggi musicali, anche a beneficio del pubblico più giovane. In tal senso è arrivata la cover di “Hey Hey My My (Into The Black)” di Neil Young, un brano che, come ha ricordato Pedrini “è stato "scelto" da Kurt Cobain dei Nirvana come testamento prima di togliersi la vita”. Ancora un estratto da “Viaggio senza vento” con “Verso oriente”, mentre “Via Padana Superiore” (da “2020 SpeedBall”) ha aperto al pubblico lo scrigno dei ricordi. Perché i Timoria sono stati per la generazione degli anni ’90 un importante punto di riferimento. Pedrini ha saputo rielaborare con originalità alcuni dei più aggiornati modelli del rock contemporaneo, con una spiccata tendenza per atmosfere di grande intensità emotiva.

Ancora un omaggio a Neil Young con “Motorcycle Mama” (“un pezzo scritto sulla mamma dei motociclisti”), per poi approdare a “Sole spento”, tatto dal pluripremiato disco “El Topo Grand Hotel”. Un brano molto atteso dai fans che Pedrini ha voluto dedicare a Michele Muti “un discografico illuminato che tanti anni fa ha creduto nei Timoria”. Un breve accesso acustico di “2020” e quindi la chiusura della prima parte dello show con “Lavoro inutile” (dal secondo disco solista “Vidomàr”).

Nella seconda parte, che praticamente è tutta una bis, l’artista ha ceduto un po’ alla richieste del pubblico. Prima “Shock (dolcissimo shock)” jammata con “Psyco Killer” dei Talking Heads. “Questo brano è nato in un momento particolare”, ha raccontato Pedrini, “Nel giugno del 2004 mi trovano in ospedale. Tutti i giornali scrivevano di una rockstar in fin di vita. Invece a me successe questa cosa divertente. Ero sul letto di ospedale. L’infermiera cercava di sistemarmi la flebo. Per un movimento rocambolesco mi sono ritrovato il suo sedere sulla faccia. Mi sono sentito come in un film di Alvaro Vitali. Allora ho pensato che avrei dovuto raccontare quella situazione”. Ancora una cover, "Zobi la mouche" de Les Negresses Vertes e poi, sempre dal disco “Pane, burro e medicine”, è arrivata “La follia”, un pezzo un po’ battistiano.

Introdotti dalla presentatrice e madrina della serata Imperata Liberatore, sono saliti sul palco l’ideatore della rassegna Domenico Silvestri e l’organizzatore Giacomo Ruscitti, i quali hanno consegnato all’artista un’oggetto d’arte orafa realizzato dal Maestro Franco Coccopalmeri di Roccaraso in collaborazione con la sorella Gioia Coccopalmeri: l’opera, forgiata in un unico esemplare per l'occasione, rappresenta un sole molto particolare che si richiama allo stemma del Comune di Campo di Giove e allo stesso tempo alla canzone di Pedrini “Sole spento”. L’artista si è poi intrattenuto con la presentatrice Imperia Liberatore, raccontando aneddoti sulla sua carriera e svelando anche che il suo nuovo album è in arrivo. “Sarà un disco molto particolare”, ha detto l’artista, “perché è stato realizzato tra Brescia, Manchester e Londra e che mi ha consentito di collaborare con alcuni musicisti inglesi. Questo disco è arrivato in un momento particolare della mia vita, ovvero proprio quando avevo meno voglia di viaggiare per il mondo”. Poi, a chiusura di una serata indimenticabile, Pedrini ha riproposto prima “Sole spento” e, quindi, quasi come una preghiera laica, “Redemption Song” di Bob Marley.

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