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Interviste |
Pubblicato il 29/12/2011 alle 15:15:02 | |
Francesco Baccini: ''Conta solo la musica''
È un periodo importante per Francesco Baccini. Il suo live “Porto a spasso Luigi nei teatri”, dedicato a Luigi Tenco, è stato apprezzato da pubblico e critica, e nel 2010 l'artista genovese ha celebrato 20 anni di carriera. Lo abbiamo incontrato.
È un periodo importante per Francesco Baccini. Il suo live “Porto a spasso Luigi nei teatri”, dedicato a Luigi Tenco, è stato apprezzato da pubblico e critica. E nel 2010 il cantautore genovese ha celebrato 20 anni di carriera con la pubblicazione di un libro e di un greatest hits. Lo abbiamo incontrato.
Hai ricevuto molti elogi per il tuo omaggio a Tenco. Come è nato questo progetto?
Io ho sempre amato Luigi Tenco. E sin da piccolo mi hanno sempre detto che somigliavo a lui. Tenco non ha mai fatto concerti con le sue canzoni perché è morto prima degli anni ’70, quando si iniziarono a fare i tour. Così, con l’aiuto di Armando Corsi e del compianto Pepi Morgia, abbiamo voluto immaginare come Luigi avrebbe costruito la scaletta di un suo live. Ma non c'è solo il concerto dedicato a Tenco. C'è anche un cd, con il quale me ne fotto delle radio: se lo passano o meno non me ne importa niente, è un problema loro. Sicuramente corri un rischio enorme quando ti misuri con un mito. Noi l'abbiamo fatto senza doppi fini perchè ci piaceva l'idea di fare questo omaggio, sia dal vivo che su disco. Tenco è stato il primo cantautore che ho ascoltato insieme a Fabrizio De Andrè. Mi ero rotto un'anca e quindi dovevo stare a letto: l'unica cosa che potevo fare era ascoltare dischi. E' cominciato tutto così. Tenco e De Andrè mi hanno fatto scoprire che nelle canzoni anche il testo ha la sua importanza. Tra l'altro, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, io li ho scoperti in maniera casuale, non perchè fossero genovesi come me.
Però Genova resta sempre un riferimento importante…
Ti dico una cosa. Molta gente all'inizio mi prendeva per bolognese, vedendomi così allegro e solare: i genovesi, infatti, non ridono. Neanche i comici ridono! Oltre ai cantautori, abbiamo avuto personaggi illustri anche nel mondo del cinema: non tutti sanno, ad esempio, che Vittorio Gassman e Pietro Germi erano genovesi. I genovesi non sbattono i pugni, vedono la vita in maniera disincantata, con un'ironia che diventa sarcasmo. Sotto questo punto di vista, Genova è una città molto inglese. Andiamo a vedere uno spettacolo dicendo: "Dai, facci ridere". Siamo molto critici, ma anche autocritici. Tutti, a Genova, devono dire la loro: abbiamo un grande senso di libertà, anche perchè già 500 anni fa eravamo una Repubblica.
Tenco era un artista scomodo per i suoi tempi. E tu ti ritieni scomodo?
Diciamo che ho scoperto che in questo Paese, se affronti certi argomenti, non vieni più invitato su Raiuno o Canale 5. Sì, diventi scomodo: non ci volevo credere, ma è così. E allora ho deciso di fare come dico io, fregandomene del resto. Ciò che conta è la musica. Giorgio Conte, uno dei miei primi produttori, mi insegnò che la canzone è fatta di parole e note che devono sposarsi insieme: la poesia, così come la musica strumentale, è un'altra cosa. In una canzone, capisci subito quando parole e musica si sposano bene. E poi c'è l'ispirazione, che per me è una cosa molto importante. Quando finisco un disco, dico sempre: "Speriamo che me ne venga un altro". Passo 6 mesi senza suonare, lasciando le bottiglie sopra il pianoforte. Poi all'improvviso mi metto lì e suono per un mese di seguito.
Vent'anni fa facevi "Nomi e cognomi", destando scandalo. Oggi pensi che sarebbe ancora possibile un'operazione del genere?
Beh, oggi ce ne sarebbero molti di più, di nomi da fare! Il primo singolo di "Nomi e cognomi" fu "Giulio Andreotti", e il diretto interessato mi scrisse per farmi i complimenti. Peccato, però, che in radio non passassero la canzone... Questo accadde perchè di lì a poco la Dc crollò, e quindi le radio non volevano più questo brano. In un certo senso anticipai Tangentopoli. Comunque, anche dopo quell'album ho continuato a fare nomi. Nel 2001, ad esempio, feci "Devo diventare come", in cui citavo Berlusconi. Mi spinsero a chiamare la canzone in questo modo perchè dicevano che così era più incisiva. In realtà non volevano che nominassi Berlusconi nel titolo.
E poi non bisogna dimenticare "Sono stufo di vedere quelle facce alla tv", una canzone del 1996 dove te la prendevi con Fini, Bossi, Maroni, D'Alema e Casini...
Hai ragione. In realtà, io ho sempre detto ciò che pensavo, senza guardare in faccia nessuno. "Vendo tutto" parlava di emigrazione quando questo problema era ancora all'inizio. Poi, come sappiamo, il fenomeno è cresciuto. Ero in Sardegna, e un africano si uccise in spiaggia davanti a tutti perchè alcune persone lo stavano prendendo per il culo. Questo fatto mi colpì molto, anche perchè la gente continuò a fare il bagno, indifferente, nonostante quello che era successo. Mi aspettavo che un episodio del genere facesse clamore, e invece il giorno dopo la notizia era riportata in un trafiletto di giornale.
Anche "Il mio nome è Ivo" è un pezzo che ha fatto epoca...
Era un brano sul preservativo, e io, durante i concerti di quel periodo, facevo "il monologo di Ivo". Arrivammo al punto che in certi posti del sud Italia i manifesti recavano la scritta "Vietato ai minori di 14 anni". C'era chi mi chiedeva esplicitamente di non cantare questa canzone nei miei spettacoli. Ma la cosa incredibile fu che la Hatu mi contattò perchè voleva produrre un profilattico da chiamare "Ivo". Mi avrebbero dato un miliardo e mi avrebbero sponsorizzato il tour. In cambio, io avrei dovuto cedere la mia canzone per farla diventare la colonna sonora dello spot di questo nuovo preservativo. Ovviamente rifiutai, ma fui costretto ad andare da un notaio per depositare il marchio "Ivo", altrimenti l'avrebbero fatto lo stesso anche senza il mio consenso.
"Ho voglia di innamorarmi" segnò, nel 1993, una tua svolta verso una musica più cantautorale.
Quando feci "Ho voglia di innamorarmi" venivo da un periodo particolare della mia carriera: avevo inciso "Nomi e cognomi", e uno dei singoli di quell'album era dedicato all'ex brigatista Renato Curcio. Avevamo persino girato un video insieme a Curcio, che quando uscì mi creò qualche problema. Per alcuni ero diventato un brigatista. Ma io non volevo essere un aizzatore di folle. Così, per uscire da questa situazione, decisi di cambiare rotta: "Ho voglia di innamorarmi" mi venne in 10 minuti. Era una confessione, dove parlavo, appunto, del mio bisogno di innamorarmi. Un giorno, mentre stavo suonando questa canzone in casa mia, una mia amica la sentì dal piano di sopra e venne a dirmi che era bellissima. Eppure, dopo la pubblicazione dell'album, che si chiamava "Nudo" ed era molto intimista, i fan mi scrissero per chiedermi se fossi impazzito.
Hai fatto riferimento a Renato Curcio. Come ti venne l'idea di dedicargli una canzone?
Ero rimasto colpito da questa figura che aveva deciso di pagare il proprio conto con la giustizia senza chiedere sconti. Scrissi una canzone d'amore tra lui e lo Stato, una specie di confessione tra sè e sè. Tutto ciò gli piacque, e volle incontrarmi. Così, insieme al regista dei miei video, andai a trovarlo a Rebibbia. Rimanemmo cinque ore a parlare: una conversazione molto piacevole, anche perchè Curcio ha una cultura mostruosa. Alla fine mi disse: "Se vuoi fare con me il video della canzone, mi offro come attore". Accettammo, e ovviamente la casa discografica si disperò. Il direttore del carcere ci diede il permesso per girare nel braccio dei detenuti politici. Le riprese durarono due giorni, e fu un'esperienza incredibile: non capivo più chi fossero i detenuti e chi i secondini!
So che Vincenzo Mollica è stato uno dei tuoi primi estimatori.
Sì, è vero. I discografici, ascoltando le mie canzoni, mi dicevano che l'ironia non vendeva. Per realizzare il mio primo album, "Cartoons", mi misero dietro un arrangiatore che aveva una precisa idea: "Siccome tu sei genovese, devi essere triste". Il risultato fu che questo signore mi stravolse tutti i pezzi. Alla fine sembravo un Johnny Dorelli antipatico, perchè se canti un testo ironico in maniera seria diventi insopportabile. Inoltre, secondo questo arrangiatore, io non avrei dovuto suonare il pianoforte, ma dedicarmi solo al canto. Mollica ebbe modo di sentire prima i miei brani in versione voce e piano, e poi i provini del disco. A quel punto chiamò Caterina Caselli della Sugar ed espresse tutto il suo disappunto. E' stato così che ho potuto fare il disco come volevo io. Comunque, se fosse per me, io i miei pezzi non li arrangerei, ma li lascerei tutti piano e voce. I miei primi tre dischi sono stati fatti seguendo sempre lo stesso metodo: io arrangiavo il pianoforte, e Andrea Braido, grande chitarrista che ha suonato anche con Vasco Rossi, faceva tutto il resto.
Cosa facevi prima di diventare musicista a tempo pieno?
Ho fatto per cinque anni l'impiegato al porto di Genova, ed è stata un'esperienza tremenda: ti basti sapere che di fronte ai film di Fantozzi non ridevo, perchè mi ci rivedevo appieno. Combinavo un sacco di guai, non era proprio il lavoro per me. Io volevo fare il musicista: di notte andavo nei locali a suonare e uscivo alle 6 di mattina. Se consideri che un'ora dopo dovevo stare in ufficio, puoi ben capire quanto ci arrivassi poco lucido. Così alla fine mi sono licenziato, per inseguire il mio sogno. Oggi mi reputo fortunato perchè sono riuscito a far sì che la mia passione diventasse anche il mio lavoro, in grado di darmi da vivere.
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