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Recensioni
Pubblicato il 25/03/2006 alle 17:24:32
Mike Oldfield – The Platinum Collection (Emi Marketing)
di Antonio Ranalli
Un’antologia riassuntiva ed esaustiva dell’estro compositivo di Mike Oldfield. Per ricordare ai più che non esistono solo le campane tubulari nella carriera artistica del grande musicista inglese.

C’erano una volta le campane tubulari, che hanno fatto vendere milioni di copie ad un giovane musicista inglese e fatto la fortuna del suo discografico (Richard Branson) che da quel successo ha tratto le basi per dare vita al suo impero prima discografico e poi finanziario (la Virgin). Sono ormai passati 33 anni dalla pubblicazione di “Tubular Bells” best seller che ha rivelato al mondo il genio di Mike Oldfield (merito dovuto anche all'inserimento del tema nella colonna sonora del film "L'esorcista"). Sono passati 33 anni, e delle campane tubulari nessuno sembra ancora essersene dimenticato. In tanti però ignorano l’inestimabile produzione che Oldfield ha realizzato e continuare a realizzare. Eppure si torna a parlare di lui solo all’ennesimo seguito o remake di “Tubular Bells”, tanto che tra “II”, “III”, remix, versioni orchestrali ecc. abbiamo perso il conto delle infinite uscite realizzate dal musicista intorno alle campane tubulari. Proviamo allora a rimettere ordine nella carriera di Oldfield. La possibilità ci viene offerta dalla “Platinum Collection” della Emi a lui dedicata e ben compilata. Come noto tutto il catalogo Virgin, con cui Oldfield ha inciso album fino ai primi anni ’90, è ora di proprietà della Emi, che ha pensato di arricchiare la tripla antologia con aluni brani del successivo periodo con la Warner (per la cronaca ora l’artista è passato alla Universal), oltre a versioni alternative di alcuni brani. Possiamo dividere la carriera artistica di Mike Oldfield in tre decadi, che in qualche modo ricalcano la track-list dei tre CD che compongono la “Platinum Collection”. La prima, segnata dal botto di “Tubulars Bells”, che in qualche modo ricalca questo successo. Lo si può evincere anche da lavori di spessore come “Hergest Ridge” e “Ommadawn”, album che ruotano attorno ad un nucleo / tema compositivo centrale, per poi evolversi in affascinanti variazioni e suite, tutte eseguite quasi per intero dal solo Oldfield, ottimo polistrumentista, che si fa aiutare anche dalla sorella Sally. Non mancano singoli di successo, che sono in alcuni casi rielaborazioni di temi classici, come “In Dulci Jubilo” di Bach e l’ouverture del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini. Alla fine degli anni ’70 l’artista sviluppa delle armonie folk pop in chiave disco, come dimostrano lavori come “Platinum”. Un percorso che lascia presagire alla svolta dei primi anni ’80. Svolta che si può identificare in un singolo, apparentemente pop, ma di grande successo, “Moonlight Shadow” (qui presente nella versione estesa). Si tratta della canzone più venduta in Europa nel 1983. Il pezzo, che vede al canto Maggie Railly, trascina in classifica anche l’album “Crises”, progetto decisamente interessante. Su questa linea si può inquadrare anche il singolo “To France” del 1984, sempre con la voce di Maggie Railly e contenuta nell’album “Discovery”. Poi una fase di stanca sembra attraversare la produzione di Oldfield, che torna però a far parlare di se nel 1992 con “Tubular Bells II”, album che segna l’inizio del rapporto con la Warner. Seguono, tra alti e bassi, album interessanti come “Voyager” (1996, una rilettura di brani della tradizione celtino-irlandese, oltre a brani di Oldfield composti per l’occasione) e “Guitars” (1999, progetto ambizioso con brani per sole chitarre), fanno capolino in un’epopea di riedizioni di “Tubular Bells”: il volume “III”, uscito nel 1998, è influenzato dallo stile chill-out tanto in voga ad Ibiza (luogo per un periodo molto frequentato dall’artista), mentre “Tubular Bells 2003” è una sorta di festa per il trentennale del celebre album. Ecco, alla fine ci siamo ritrovati a parlare ancora di queste campane tubulari. Fanno ormai parte inconsapevolmente della nostra cultura e del Dna di ogni appassionato di musica. Speriamo però che Oldfield riesca ad abbattere definitivamente questo muro sonoro per costruirci sopra qualcos’altro di affascinante.

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