|
Recensioni |
Pubblicato il 03/01/2015 alle 18:00:56 | |
Paolo Benvegnù - Earth hotel (Woodworm/Audioglobe, 2014)
Più innamorato, ma non meno cinico e disincantato, Paolo Benvegnù pubblica il suo quarto album solista. Ed è il capolavoro della maturità, come scrittore, compositore e cantante.
Paolo Benvegnù è semplicemente il più grande talento della musica d’autore italiana degli ultimi venti anni. Solo un carattere dispersivo, e soprattutto una discografia oramai del tutto disinteressata a curare il talento, con annesso pubblico superficiale, diseducato all’ascolto di qualcosa di diverso da canzonette dalle melodie idiote, hanno permesso la sua mancata affermazione tra i grandi. Perché, e mi prendo la responsabilità di ciò che sto per dirvi, per me Benvegnù vale i nostri grandi di ieri ed oggi, non vedo cosa manchi al nostro per meritare l’attenzione che hanno, tra i “nuovi” Daniele Silvestri o Niccolò Fabi, tanto per dire due nomi, ma io provoco ancora di più e cito Franco Battiato e Ivano Fossati, per non scomodare idoli defunti. In questo suo quarto album da solista, l’ex Scisma, firma l’ennesima meraviglia in dodici canzoni, dove non regala nulla alla facile melodia, ma incanta per poetica e lucidità allo stesso tempo, con canzoni meravigliose e parole mai banali. Ostinato, ribelle, emozionato ed emozionante come sempre, meno disilluso e più innamorato rispetto al passato, Paolo Benvegnù (o i Paolo Benvegnù come tiene a precisare, anche per gratificare una band composta da musicisti straordinari), è il re dei perdenti, e ‘Nello spazio profondo’, ‘Nuovosonettomaioista’, ‘Life’ e ‘Feed The Descruction’, (si anche in inglese, ma non è una novità) sono canzoni stupende, dal suono antico, ma con arrangiamenti freschi, armonie inedite, costruite con garbo e genialità, dove è sempre l’uomo al centro di tutto, anche quando si canta di mondi allo sfacelo o in evoluzione. Magnifico il binomio centrale della stupenda ‘Divisionisti’ e ‘Orlando’, che inizia come una filastrocca per poi trasformarsi, in una dichiarazione ad un amore forse rimpianto, stesa su un tappeto di accordi incantevole. E che dire di ‘Sempriterni sguardi e primati’, degna della lirica del grande Francesco Di Giacomo? Disco capolavoro.
Articolo letto 2333 volte
|