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Interviste
Pubblicato il 22/05/2007 alle 18:57:41
Dal 23 al 27 maggio, 4° edizione del Mantova Musica Festival: ne parliamo con Ricky Gianco
di Ambrosia J.S. Imbornone
Dal 23 al 27 maggio Mantova ospiterà la 4°edizione della manifestazione, ideata da Nando dalla Chiesa e Lidia Ravera.Abbiamo fatto due chiacchiere con il direttore artistico Ricky Gianco sul festival e su com'è cambiata la musica negli ultimi 50 anni

E’ giunto alla quarta edizione il Mantova Musica Festival, ideato da Nando dalla Chiesa e dalla scrittrice Lidia Ravera. Il tema di quest’edizione, che si svolgerà dal 23 al 27 maggio, sono i muri, fisici e invisibili, culturali, morali, spirituali, che la musica, al contrario dei corpi, può agevolmente attraversare attraverso la sua storica funzione iconoclasta, per costruire un nuovo ordine basato sui valori e sulla solidarietà. In merito Nando dalla Chiesa ha dichiarato:“I muri, grazie alla musica, vanno fatti cadere nelle nostre relazioni interpersonali, oltre che nei rapporti tra i popoli o tra le etnie” .Le serate del festival saranno pertanto dedicate rispettivamente al rapporto i muri e l'arte, le idee, l'amore, le persone e il tempo. Su tali temi si incentreranno sia i dibattiti del dopofestival e della notte bianca (tra il 26 e 27 maggio), che coinvolgerà scrittori, intellettuali e musicisti in Piazza L.B.Alberti, sia le canzoni degli artisti emergenti della Rassegna musicale, che si articolerà in tre serate dal 24 al 26 in Piazza Bordello. Sul palco saliranno sia nomi affermati della musica italiana e comici di grande notorietà che giovani talenti, scelti dalla Commissione Selezionatrice del concorso. Si tratta di Roberta Alloisio, Micol Barsanti, Germano Bonaveri, Barbara Cavaleri, Mattia Donna, Fabularasa, Claudia Fofi, Forestiere/Sturniolo, Polveri Sottili, Kobayashi, Rudy Marra, Gigi Marras, Angela Milanese, Piero Sidoti, Sur Sum Corda, Piccola Bottega Baltazar, Lou Tapage e Marian Trapassi, che saranno valutati da una giuria composta da Enrico de Angelis (club Tenco), Carmelo Labionda, Giovanni Paoli, Christian Zingales ed Ernesto De Pascale. Ospiti delle serate, presentate da Pamela Villoresi e Lucia Vasini, per la regia di Velia Mantegazza, saranno il 24 Vergassola, Luca Carboni, Mingardi e Nino Bonocore, il 25 Simone Cristicchi, Teka-P, Zuzzurro e Patrucco, il 26 Mimmo Locasciulli, L’Aura, Bebo Storti e Ginevra di Marco. Sul tema unico del rapporto tra i muri e le generazioni verterà invece un evento autonomo ospitato dal Mantova Musica Festival, intitolato “Talenti dei conservatori”, che prevede l’esibizione di giovani e giovanissimi musicisti (pianisti, violinisti, clarinettisti, arpisti, violoncellisti) che hanno vinto competizioni nazionali o internazionali provenendo da un conservatorio italiano. Tali giovani promesse sono l’esempio di come la musica possa infatti travalicare le barriere del tempo, per permettere l’incontro di ragazzi di giovane età con compositori dei secoli precedenti. D’altra parte anche il muro che divide l’opera e la musica leggera si può oltrepassare e sgretolare per uno spettacolo suggestivo e alternativo: è quanto avverrà domani, 23 maggio, quando l’apertura della manifestazione sarà affidata ad un originale omaggio a Giacomo Puccini, di cui saranno protagonisti Patrizio Fariselli, Eugenio Finardi, Alessandra Gatti, Ricky Gianco, Nada, Roy Paci, Gino Paoli, Raiz, Giovanni Sollima e Roberto Vecchioni, con la partecipazione straordinaria dell’Orchestra Bruno Maderna di Forlì (che ha suonato in occasione delle Olimpiadi di Torino). Non mancherà poi lo spazio dedicato al jazz, con un viaggio attraverso la storia del genere a cura di Gaetano Liguori, che vedrà la partecipazione in piazza L.B.Alberti, tra gli altri, dei Colonial Club Ragamuffins. Nella suggestiva Loggia dei Mercanti, all’interno del prestigioso Palazzo Andreani, ci saranno inoltre molti momenti di dibattito e riflessione sulla storia della musica con la presentazione di alcuni interessanti libri di letteratura musicale e i relativi incontri con i loro autori. Un giusto tributo alla musica alternativa di qualità sarà invece “Musica in piazza” con i concerti in piazza delle Erbe e piazza L.B.Alberti, a cui parteciperanno il 24 rispettivamente Maler e Patrizia Laquidara e i Ridillo, il 25 FCS e Cecco in piazza delle Erbe e Luca Bonaffini in piazza Alberti, il 26 Riccardo Sinigallia (produttore di Tiromancino, Franky-Hi-Energy e Max Gazzè) e Maria Pierantoni Giua da una parte, I cosi sull’altro palco, il 27 Abbracadabra e Riaffiora da un lato e Graziano Romani dall’altro. Domenica la conclusione della manifestazione in piazza Sordello sarà all’insegna dei giovani talenti del panorama musicale locale mantovano, come TerzoBinario, Pig Tails e Sine Frontiera. A seguire la Bandabardò, Riserva Moach e Portoflamingo. Il Festival, che ha come partner istituzionali il Comune e la Provincia di Mantova, la sua Camera di Commercio, la Regione Lombardia,la Fondazione Banca Agricola Mantovana e la Fondazione Carialo, prevede quest’anno solo appuntamenti gratuiti, nei luoghi più suggestivi della città. La direzione artistica è affidata a Vittorio Cosma, Velia Mantegazza, Antonio Occhiato e Ricky Gianco, che abbiamo intervistato per sapere di più sullo spirito di questa rassegna e per fare due chiacchiere sulla storia della musica e la sua evoluzione, sociale e culturale. Gianco, che con Alberto Tonti ha scritto nel 2004 uno spettacolo teatrale sui primi dieci anni del Rock (1954-64) e ha raccontato nel 2005 la storia della musica dal ’54 al 2004 in 50 puntate registrate per la Radio Svizzera Italiana, sarà infatti protagonista anche delle presentazioni dei volumi “Rock music 2” (Mondadori) di Mimmo Franzinelli (24 maggio, ore 12, con l’autore ed Enzo Gentile), “100 dischi per capire il rock” (Editori Riuniti) di Enzo Guaitamacchi (25 maggio, ore 12 con l’autore e Brunella Boschetti), “Piper Generation” (Lampidistampa, il 26 maggio ore 16, con Guido Michelone e Alberto Tonti) e “Ballarono una sola estate” (Ed. Rizzoli) dello stesso Tonti il 27 alle ore 18. Attualmente Gianco è anche impegnato con lo spettacolo “La terra della mia anima”, tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto (edizioni E/O): dello scrittore l’artista è ormai da anni compagno di avventure, tanto da aver partecipato di recente anche al volume in suo onore curato da Laurent Lombard, in vendita solo sul sito della casa editrice.
Ecco cosa ci ha detto Gianco della sua collaborazione con il Mantova Musica Festival, delle varie sezioni in cui la manifestazione si articola, di com’è cambiata la fruizione e la creazione della musica in questi 50 anni di storia del rock, del valore che attribuisce a questa forma d’arte meravigliosa.


Ambrosia: Come ha avuto inizio la sua collaborazione con il Mantova Musica Festival?


Ricky Gianco: Beh, intanto conoscevo già Nando dalla Chiesa ed altri organizzatori del festival, che mi hanno parlato del progetto e mi hanno presentato un altro perno fondamentale del loro gruppo, Fabio Zanchi [n.d.r. che si occupa della direzione generale], che allora scriveva per Repubblica. Così è cominciato questo viaggio. Ho iniziato soprattutto ad occuparmi della scelta degli artisti, ascoltando centinaia di canzoni con la commissione selezionatrice, che quasi sempre è stata composta come quest’anno da Alberto Tonti, Gianni Mura, Antonio Silva, Gianni Biondillo, il produttore Annibale Bartolozzi, Gaetano Liguori, che è un musicista, Ezio Guaiatamacchi, editore di musica [e direttore di Jam], Enzo Gentile e Giorgia Fazzini, la più giovane del gruppo. Poi sono entrato anche nella direzione artistica, che ora è composta da quattro persone (me, Velia Mantegazza, Vittorio Cosma e Antonio Occhiato).


A: Quest’anno ci sarà l’omaggio a Puccini, che cercherà di infrangere il muro posto tra la tradizione operistica e la musica leggera: come avete maturato quest’idea e che tipo di tributo sarà musicalmente?


RG: L’idea è venuta proprio per questo tentativo di questa edizione di infrangere i muri, soprattutto quelli invisibili, che sono i più terribili, come quelli della xenofobia, della misoginia, soprattutto in certi paesi, della discriminazione della diversità, ecc. Non c’è una provocazione in questo, ma volevamo infrangere un po’ un altare e confrontarci con un’icona, come lo sono i grandi compositori del melodramma. E’ un po’ una scommessa: sarà bello vedere come saranno cantate le arie di Puccini dai vari artisti, a seconda di come le vede ognuno, e come verranno interpretate musicalmente da chi farà pezzi strumentali.


A: Se la musica oltrepassa ogni frontiera, la stessa cosa non si può dire per i musicisti, che spesso rischiano di vedere confinato il loro talento al livello provinciale o di pubblico di nicchia. Questo festival nella sezione Hide Park e nella Rassegna musicale cerca di dare spazio a chi di muri ne incontra tanti…Come presidente della Commissione selezionatrice che ci può dire dei giovani artisti in gara quest’anno? C’è tanta qualità che aspetta la giusta valorizzazione?


RG: Abbiamo scelto quello che si reputava il meglio; c’erano tanti altri iscritti, che a me o ad altri sarebbe piaciuto portare al festival, ma purtroppo c’erano solo 18 posti disponibili (sei per serata). Tra l’altro ogni artista non canta un pezzo solo, ma due, ed ha più tempo a disposizione per esprimersi. Molti artisti in gamba pertanto non abbiamo potuti ammetterli, speriamo abbiano una possibilità un altro anno. Ci sono molte cose buone; quest’anno comunque c’è meno musica etnica e meno musica rock. Non è facile comunque scrivere delle belle canzoni con dei bei testi in una situazione socio-politica che non è per niente bella: può scriverle anche l’individuo, ma certe cose nascono di solito da un movimento, da un insieme di movimenti culturali, in letteratura, musica, pittura, scultura, ecc.


A: A proposito, questa manifestazione è caratterizzata anche per il suo impegno e valore sociale…Lei collabora con Emergency e si è schierato in diverse battaglie e si è dimostrato attivo da un punto di vista sociale in più occasioni, per esempio producendo il cd “La battaglia di Canne” contro la legge Fini o rifiutando l’Ambrogino d’oro perché consegnato anche alla Fallaci. Quanto dovrebbe contare l’impegno sociale per gli artisti secondo lei e quanto conta per lei in prima persona?


RG: Secondo me l’impegno dovrebbe coinvolgere tutti. Non si può vivere pensando solo a sé stessi e ai propri interessi, tanto poi si lasciano qui. E’ giusto che si combatta per stare meglio, ma bisogna rendersi conto che ci sono gli altri e ci sono tantissime persone che stanno molto peggio di noi. Questo dovrebbe spingere ognuno di noi a far qualcosa. Se poi hai un lavoro pubblico, perché fai l’artista e non l’impiegato di banca o delle poste o l’artigiano, e quindi stai a contatto con il pubblico, hai il dovere di impegnarti. Non mi puoi venire a dire che fai musica per tutti e quindi va bene per tutti. Tu dici delle cose. Se non dici delle cose, ma canti lo stesso, vuol dire che sei uno non vuol dire niente! (ride) Ora non voglio dire che tutti dovrebbero portare la bandiera o andare in prima linea, per carità. Però è lo stesso discorso che si fa per l’acqua: improvvisamente tutti si sono accorti che tra un po’ non avremo più acqua. C’è chi dice: “Eh ma se io chiudo il rubinetto quando mi lavo i denti, a cosa vuoi che serva?”. Non è vero: quello che fai tu può non contare niente, ma moltiplicalo per milioni di persone e fa la differenza.


A: Lei sarà protagonista anche delle presentazioni di alcuni libri sulla storia della musica. Com’è cambiato il pubblico rispetto alla Piper Generation?


RG: Non esiste più quella specie di mitologia che si era creata attorno agli artisti. La gente aspettava per ore che uscisse Orietta
Berti con i bambini che dovevano essere a letto già da 3 o 4 ore per dirle: “Tocca, tocca Orietta” e farglieli accarezzare, come se fosse la Madonna (ride)!Li vedevano in televisione e vederli dal vivo era tutta un’emozione. Certe cose sono state superate, in altre la gente continua a cadere. Molte persone fanno le stesse cose per dei nessuno che vanno a delle trasmissioni televisive, che li rendono famosi per sei mesi…Poi piombano di nuovo nell’anonimato…Ci sono delle cose che cambiano, in meglio e in peggio, in altre cose il mondo è sempre uguale. Per certi versi gli uomini di oggi sono uguali a quelli che vivevano nelle caverne nell’età della pietra. Il buono e il cattivo, lo scemo e l’intelligente c’erano allora e ci sono oggi. Quello che è preoccupante è che, andando avanti, certe cose, grazie anche alla memoria, dovrebbero cambiare o non essere ripetute. Purtroppo non è così. Trent’anni fa ho scritto canzoni come il “Fiume Po” sullo stato drammatico di quel fiume e proprio qualche giorno fa uno l’ha sentita e mi ha detto: “Che bello quel pezzo, l’ho sentito alla radio, quando l’hai scritto?”. E io gli ho risposto “Trent’anni fa!”. Preferirei che non lo trasmettessero più e che fosse una cosa obsoleta, invece è ancora valido! (ride)


A: Lei ha esordito a soli 11 anni nel 1955. Che differenze riscontra tra la gavetta che era necessaria quando lei si è affacciato sul panorama musicale e quella che affrontano i giovani artisti oggi?


RG: Basti pensare a come era il mondo allora e com’è oggi. Una volta facevi un pezzo e doveva stare in piedi solo cantato solo con la chitarra o il pianoforte. Ora si fanno tutti i dischi con il computer, facendo delle cose che possono andare a discapito della creatività, anche se dipende dall’individuo. Poi questo lavoro aveva un sapore artigianale. Io la guerra non l’ho vista, perché sono vecchio, ma non sono Matusalemme! (ride) Però molti anni dopo ho capito che vivevamo immersi nel vento della ricostruzione, della voglia di ridere, scherzare, persino mangiare, tutto ciò che era maturato dopo la fine della guerra. C’era un’atmosfera diversa, era tutto più spontaneo e sincero, in maniera innocente. Poi tutto cambia ed ha delle conseguenze… Quando hanno inventato il telefono, si è smesso di scrivere le lettere. Anche in treno ormai non parla più nessuno, tutti o stanno al telefono (tutti sono sempre al telefono, ma con chi parlano??) o stanno al computer. C’è il rovescio della medaglia in ogni cosa. E’ un mondo completamente diverso, non si possono fare paragoni. E’ come chiedere a chi fabbricava le candele o le lampade ad olio che cosa gli sembra dell’invenzione dell’elettricità…!(ride) Poi con il progresso si può essere in sintonia o meno, ma la storia, in meglio o in peggio, va avanti comunque e non c’è niente da fare.


A: Una delle particolarità di questa edizione del festival è la rassegna autonoma dedicata ai ragazzi dei conservatori. Secondo lei, quanto conta lo studio della musica in questa carriera?


RG: Conta tanto quanto conta aver letto dei libri e aver studiato per scrivere un libro. Se non sai leggere, non potrai mai scrivere un libro. Non è una regola assoluta, perché c’è anche il genio che ha solo visto altri suonare e suona anche lui, ma è un discorso di cultura, che andrebbe fatto nelle scuole per tutti, anche per chi non farà musica nella vita. Invece di lasciarli i telefonini, con cui fanno cretinate incredibili, sarebbe importante far fare musica ai ragazzi. E’ una ricchezza in più. Ormai quando si parla di ricchezza, si pensa solo ai soldi!Ma ci sono anche altri tipi di ricchezze…


A: In chiusura, una domanda classica per gli organizzatori e la direzione artistica dei festival. Cosa distingue questa manifestazione da tutte le altre?


RG: Prima di tutto, noi facciamo tutto gratis da sempre, è super-volontariato fatto per amore della musica…Poi c’è musica per tutti i gusti dalla mattina alla sera e anche per gli spettatori del festival è tutto gratis, senza biglietti o altro. C’è la gioia di fare un festival dove c’è tanta musica, dove non ci sono vincitori o vinti, e si cerca di fare anche un discorso politico, direi di sinistra, se ha ancora un valore questa parola: non so più che sto dicendo, alla luce dell’attualità…!




Nella foto:Ricky Gianco con Adriano Celentano nel 1962.


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