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Interviste |
Pubblicato il 14/05/2009 alle 14:16:42 | |
Gabriele Ortenzi – Areamag : dalle canzoni “Cavallo di Troia” a Feisbum
Gabriele Ortenzi valente cantautore, musicista e compositore romano,porta avanti da anni vari progetti tra musica e teatro,l’ultimo dei quali è la canzone che accompagna l’uscita di Feisbum, un film a episodi sul fenomeno dilagante dei social network
Gabriele Ortenzi, Areamag valente cantautore, musicista e compositore romano,porta avanti da anni vari progetti tra musica e teatro,l’ultimo dei quali è la canzone che accompagna l’uscita di Feisbum, un film a episodi sul fenomeno dilagante dei social network.
Hai scritto la canzone che fa da colonna sonora a Feisbum il film uscito l’8 maggio sull’ormai famosissimo social network. Come ti hanno coinvolto nel progetto?
Ho conosciuto il regista Mauro Mancini tramite Marte Live (manifestazione romana per emergenti n.d.r.) lui ha realizzato il video di “Cara” , una mia canzone. Lo hanno scelto tra i sette registi emergenti che hanno fatto Feisbum e mi ha proposto come compositore. Le cose che ho portato sono piaciute al produttore. All’epoca ancora non c’era il copione, serviva una canzone e le indicazioni che mi hanno dato erano di inventarne una che prendesse un po’ in giro Facebook.
Il film è in otto episodi e io ho musicato quello di Mancino, in più ho fatto delle pillole di un minuto tra un episodio e l’altro e la canzone “Feisbum” che dovrebbe cominciare a passare anche in radio. E’ una canzone cha parla di Facebook in maniera ironica ma anche inquietante: analizza il fatto che Facebook sia diventato un po’ come una religione perché lega le persone, come la teoria dei sei gradi di separazione. Questo scambio continuo, questo sentirsi uniti, è simile al concetto di comunità religiosa. All’inizio il profilo non ce l’avevo, mi sono iscritto per studiarmelo e ci son rimasto intrappolato. La grande forza di Facebook è quella di sentirsi vicini a persone che non conosci però rimane un rapporto virtuale, se ti incontri per strada magari non ti saluti. La canzone parla di questo.
Cos’è Areamag?
Areamag è il mio progetto come cantautore. Nasce nel 2001 e da quel momento ad oggi i musicisti sono sempre cambiati; l’unico rimasto sono io che scrivo, canto e arrangio i pezzi. Ho scelto Areamag per differenziare il lavoro cantautorale rispetto a quello di compositore per teatro e cinema. Ora, per esempio, suono con Simone Cristicchi.
Come è nata questa collaborazione?
Aprivo un concerto di Generazione X all’Auditorium di Roma con Lorenzo Lambiase e Cristicchi era ospite, è venuto dietro le quinte e mi ha chiesto semplicemente di suonare con lui perché gli ero piaciuto. Con lui suono il theremin, le percussioni, faccio loop, vengo presentato come “quello che suona le cose”.
Tornando ad Areamag, parlaci del tuo progetto.
Come Areamag ho un cd autoprodotto chiamato “L’Omino e altre storie”, sono canzoni di cronaca. Ogni canzone racconta un fatto umano, mi piace definirle “canzoni Cavallo di Troia” perché dietro un aspetto apparentemente allegro di canzoncina spensierata c’è un dramma che viene raccontato e il fulcro di questo dramma è generato dall’Omino che è l’uomo che non sa stare al mondo e che vive in maniera totalmente superficiale, curandosi solo del suo piacere immediato e non fa caso alla psicologia del bambino o ai problemi del mondo e della natura. In copertina ho messo L’Uomo di Vitruvio diventato Omino come a dire che l’uomo superficiale è simbolo della perfezione.
Tu hai studiato psicologia?
Si, ma non in maniera istituzionale, per conto mio.
Te lo chiedo perché dal testo di “ Cattivo” si evince una conoscenza profonda della psicologia infantile.
Per provare questo progetto ho scritto uno spettacolo teatrale e nel momento di “Cattivo” le luci si abbassano e al centro della scena c’è un divano con un televisore acceso che manda immagini di guerra, di telegiornale, tutte immagini di repertorio. Ho pensato che poteva essere la rappresentazione del bambino messo senza cura dai genitori davanti alla televisione come se quest’ultima fosse un intrattenimento, una baby sitter. Il bambino accumula immagini violente e una riflessione che fa è: “se mi lasci solo io sarò cattivo perché mangio cattiveria da quello che vedo”. Quindi per lui la guerra sarà normale, come è successo a me. Io sono cresciuto guardando immagini violente e adesso guardando al tg la notizia della morte di duecento persone cambio canale come se fosse un programma come un altro; in realtà è un dramma reale.
Forse il terremoto in Abruzzo ha risvegliato le coscienze perché c’è capitato proprio vicino, l’abbiamo sentito e quando le cose ti capitano vicine si rompe tutto il mondo virtuale, l’informazione è diretta.
Di che parla lo spettacolo teatrale?
Racconta la storia di adulti e bambini: gli adulti sono Cara, donnetta superficiale che vuole lavorare in tv e corteggia l’Omino perché è un uomo potente; l’Omino che è la rappresentazione dell’uomo di potere, il politico o il direttore artistico di un canale televisivo, insomma l’uomo che ha una certa influenza. Poi ci sono i bambini: Bombino, che è un bambino che per lavoro cuce palloni di una nota marca però vive in un campo minato e c’è il paradosso che lui gioca rischiando al vita. Un contributo a questa canzone è stato dato dalla lettura di “Pappagalli Verdi” di Gino Strada dove si racconta che ci sono degli ingegneri che si sforzano per capire come attirare l’attenzione dei bambini usando il pretesto che loro saranno i terroristi di domani. Questo mi ha fatto venire in mente la figura di Bombino. Poi c’è Tombino, bambino che vive nelle fogne di Bucarest. Due anni dopo aver scritto il pezzo è uscito il film “Parada” e ho rivisto tutto quello che avevo letto e studiato, molto inquietante. Tana libera tutte è una bambina alla quale viene fatta la promessa di lavorare in Italia ma che, in realtà, viene sfruttata come prostituta e poi c’è Cattivo che è il bambino occidentale viziato dalle sregolatezze della nostra vita. Ci sono poi canzoni collaterali, come ad esempio “Mestiere duro” che parla delle persone che fanno le figuranti in tv.
Mi piace molto il tuo stile di scrittura, non è facile parlare di temi sociali così forti
Sono molto critico con me stesso ma, se ho una qualità, credo sia quella di saper trattare gli argomenti. La canzone sociale o di cronaca, a mio modo di vedere, è una tipologia di scrittura che ostenta il dramma e te lo sputa in faccia. Per esempio Tombino è una figura negativa, ma la colpa non è sua la colpa è dell’adulto che gli dà i soldi e lo sfrutta sessualmente, dell’adulto che non denuncia, delle istituzioni che non si muovono e di tutto quello che gira intorno a questa cosa e che l’alimenta.
Ho riscontrato una certa similitudine con la maniera di scrivere di Simone Cristicchi, soprattutto riguardo a quello che faceva nel periodo antecedente la pubblicazione. Non vi somigliate stilisticamente ma sembra abbiate in comune una certa visione, un approccio descrittivo, un punto di vista comune.
Può darsi, ma è una casualità. Prima di suonarci insieme non avevo mai visto un suo concerto né ascoltato i suoi dischi.
Per ora hai solo un cd autoprodotto, stai lavorando a pezzi nuovi?
Si. De “ L’Omino e altre storie” in due anni ne abbiamo vendute ai concerti 2800 copie.
Ho pensato di pubblicare una seconda autoproduzione e mi sono rivolto ad una etichetta indipendente ma il contratto che mi hanno offerto era inferiore a quello che ero riuscito a fare io da solo. Servirebbe una etichetta che permetta la distribuzione su scala nazionale, che ti permetta di suonare anche fuori dalla tua città. Io non voglio diventare famoso mi basta pubblicare un disco e fare belle serate. Anche poter suonare fuori è importante, per farsi conoscere. Fare meno serate ma organizzate bene è meglio. Lavorare in questo senso sarebbe molto più appagante.
In questi due anni sono arrivato ad avere pronti 40 pezzi. Aspetto il tempo del cambiamento. Forse Simone (Cristicchi, n.d.r.) prenderà dei brani miei per il nuovo disco che uscirà ad ottobre, ma aspetto che ci sia un’occasione per fare le mie cose.
Cosa pensi di talent show tipo X Factor?
Il fatto che la musica debba essere un sogno che si realizza in un disco che va per le radio non ha molto senso per me perché io sono autore di quello che faccio e voglio il controllo, almeno artistico, di quello che realizzo. Conosco persone che sono state ad X Factor di cui non è trapelato nulla di quello che fanno come autori; sei spersonalizzato, è come se venissi resettato e ricominciassi da zero, nonostante sia la cosa più dignitosa che c’è in giro.
La televisione non è il posto della musica, ma se il pubblico si abitua a questa cosa poi avremo i cantautori che cantano sulla base come in tv. Fino a che rimarrà un pubblico affezionato alla musica dei locali, quella suonata dal vivo o dei dischi fatti bene ci sarà una speranza, ma se iniziano anche i grandi musicisti o gli artisti che io stimo a fare queste cose non ci rimane niente.
Secondo te Myspace è valido per farsi conoscere al di fuori della propria area?
Secondo me è valido solo come biglietto da visita. Nella rete di My space uno si sente parte di qualcosa ed è più facile vedere i video, leggere la biografia, farsi un’idea immediata di un artista. Possono poi crearsi contatti con i musicisti che gestiscono da soli il proprio My space e che magari sarebbe stato più difficile raggiungere. Si trovano contatti diretti anche con le radio, da questo punto di vista mi sembra più facilitante. Per il resto non penso che abbia tutto questo potere. Il potere ce l’ha il fatto di suonare bene dal vivo, di comunicare, di rendere il concerto non noioso da tutti i punti di vista. Bisogna concedere dei compromessi che non sono di tipo commerciale ma di tipo comunicativo. Per me è questo: voglio raccontare un dramma attraverso una canzone inquietante, pesante? Bene, dopo il concerto deve essere ritirato su, c’è bisogno di alternare il momento di coscienza, emotivo, con pezzi più allegri. Non si deve mai parlare del niente altrimenti si cade nel mondo parallelo che è quello di voler fare il disco, voler emergere per diventare famoso, fare i provini per i programmi televisivi, cosa che non riguarda la musica, secondo me, anche se poi è inevitabile perché è allettante. Magari passi anni a suonare e non ti si fila nessuno poi vai due ore in tv e ti chiamano tutti. Ma rischi di buttare gli anni di lavoro precedenti. Le case discografiche vogliono cose che non dicano niente, che abbiano uno slogan, immediate, altrimenti “poi la gente che ricanta?”
Sembra che l’ispirazione per le tue canzoni sia il sociale e poco il personale.
C’è anche la vita personale però non mi va, per adesso, di parlare di me. L’ho fatto, ma penso che se uno ha la possibilità di scrivere debba mettersi un po’ da parte e filtrare le cose che legge, vede, vive e raccontarle come fa un giornalista che si spinge un po’ oltre. In questo momento credo vada fatto, poi magari se divento famoso faccio la canzoncina d’amore.
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