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Recensioni |
Pubblicato il 08/05/2009 alle 09:35:45 | |
Mannarino – Bar della Rabbia (Leave / Universal 2009), finalmente un nuovo cantautore alla corte di una major
Via Casilina a Roma: il trentenne Alessandro Mannarino passeggia con Domenico Modugno, Gabriella Ferri, Manu Chao, Tom Waits, Vinicio Capossela ed un gruppo variopinto di musicisti gitani. Il borsalino, i baffetti, Fellini, l'osso di seppia...
Via Casilina a Roma: il trentenne Alessandro Mannarino passeggia con Domenico Modugno, Gabriella Ferri, Manu Chao, Tom Waits, Vinicio Capossela ed un gruppo variopinto di musicisti gitani. Il borsalino, i baffetti, Fellini, l'osso di seppia...
Non e' un busker vestito da pagliaccio che canta per strada, ma nemmeno l'alter ego tra una strega ed un diamante fatto uomo: forse potrebbe essere la nuova effige da mettere (al posto di Giuseppe Verdi o Leonardo da Vinci) su un biglietto di piccolo taglio, magari del valore di 3 o 7 mila lire. Peccato che pero' la Lira Italiana sia fuori corso da un quinquennio: ma allora qual'e' la valenza che traspare da un disco come Bar della Rabbia? Se analizzate subito il package, vi accorgerete che il primo aggettivo da usarsi per questo esordio di Mannarino e' chic: se poi leggete i testi riportati nel booklet, subito vi sentirete di usare il secondo gruppo di aggettivi ovvero spensierato e profondo, anche se in apparenza puo' sembrare una dicotomia. Come ci suggerisce la sua cartellina stampa, e' vero che partendo dalle sonorità e dai ritmi della musica popolare italiana, Alessandro Mannarino condisce il proprio mondo con elementi di musica balcanica e gitana, citazioni felliniane e evoluzioni circensi, ma senza assumere cosi' il ruolo di clone di esperienze gia' viste e sentite. Non e' infatti un mero fan della follia di Capossela, perche' nella sua composizione sono piu' forti gli elementi umani, forse volutamente macchiati dai forti toni del surrealismo, anche senza assumere i connotati della tragedia o della cronaca nera.
Un brano come Me so'mbriacato sembra uscito dal repertorio di un antesignano Goran Bregovic ovviamente nato a Scampia o in qualche languida spiaggia del nostro Sud piu' iconoclasta: Mannarino e' abile nell'entrare ed uscire dalle piu' svariate situazioni (si ascolti Tevere Grand Hotel o la felliniana Il pagliaccio), senza mai perdere il suo sorriso, forse un po' crepuscolare, come la bella copertina del cd fa intendere.
Le sue sono veramente musiche di confine, eclettiche e contaminate, ispirate ai suoni ed ai volti di quello che incrocia nel suo modus vivendi, ma il suo aprire le braccia sul palco ha il senso circadiano di voler abbracciare tutti i presenti che lo stanno ascoltando. E se poi la ribalta e' grande come il recente Primo Maggio in piazza S. Giovanni in Laterano a Roma, allora le persone da abbracciare sono veramente tante.
Infine un plauso alla Universal, perche' mi sembra evidente che punti molto su un artista come lui: la grinta messa nel promuoverlo e' (oltre ad una garanzia per lo stesso Alessandro Mannarino) una speranza per tutti noi fruitori di buona musica, perche' finalmente una major italiana sembra voler superare la crisi che attanaglia la discografia italiana con l'unica strada percorribile ovvero investire sul nuovo, diversificare le produzioni e cercare di svecchiare il parco dei cantautori di casa nostra.
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