|
Recensioni |
Pubblicato il 05/07/2006 alle 18:01:39 | |
Cesare Basile – Hellequin Song (Mescal/Sony BMG)
In un panorama musicale non proprio roseo in cui il successo di alcuni artisti è dato immeritevolmente dalla creatività e originalità di qualcuno venuto prima di loro, Mr Basile ha il pregio di narrare e scrivere musica perché gli viene naturale...
In un panorama musicale non proprio roseo in cui il successo di alcuni artisti è dato immeritevolmente dalla creatività e originalità di qualcuno venuto prima di loro, Mr Basile ha il pregio di narrare e scrivere musica perché gli viene naturale ed è questa la sua ambizione maggiore.
Cos’è Hellequin Song se non un lavoro intimo, raccolto, capace di essere la colonna sonora di un particolare tipo di viaggio (quello interiore), di trascinare in qualche luogo profondo della mente attraverso parole molto intense. Casere Basile, catanese, in questo disco racconta quattordici diverse storie di vita quotidiana, intrise di paure e di piacere. Si tratta di una parata di personaggi che hanno in comune la sconfitta davanti ai fatti della vita, personalità che non si arrendono ma accettano in modo anomalo di vivere o perdere le loro passioni. Un lavoro in cui il musicista conferma il talento da songwriter già dimostrato nei precedenti lavori come Gran Calavera Elettrica del 2003. I due dischi hanno in comune la stessa produzione vale a dire John Parish (già al fianco di PJ Harvey ed Eels, solo per fare dei nomi) e gli stessi musicisti: Giorgia Poli al basso, Michela Manfroi al pianoforte, Marcello Sorge alla batteria e Marcello Cadullo alla chitarra. Per l'occasione, l'ex rocker dei Quartered Shadow accantona gli archi, per dare spazio a banjo, chitarre acustiche e pianoforte. Si fa apprezzare senza schiamazzi e senza suoni distorti in quanto è un disco prevalentemente acustico, fatto di canzoni per metà cantate in italiano e per metà in lingua inglese. Una dolce ballata, “Dal cranio”, ci introduce all’ascolto del disco. I toni diventano più forti in “Fratello Gentile” e di seguito il primo brano cantato in inglese che ci ricorda una certa somiglianza con Tom Waits. “Il deserto” invece è caratterizzata da un ritmo sincopato. Hellequin Song non è un gran capolavoro ma il fatto di esser concepito con semplicità e sincerità ne fa il suo punto forte.
Articolo letto 4185 volte
|