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Pubblicato il 09/10/2017 alle 16:05:04
Living with machines: convegno fiorentino organizzato dal Center for Generative Communication, ricordando il rock elettronico dei Devo e dei Kraftwerk ..
di Giancarlo Passarella
L’aula 6 strapiena in Via Laura 48: presente Donald Norman del Design Lab (centro che dirige all’Università della California a San Diego) introdotto dal soddisfatto professor Luca Toschi, quanto mai contro le torri verticali ..

L’aula 6 strapiena in Via Laura 48: presente Donald Norman del Design Lab (centro che dirige all’Università della California a San Diego) introdotto dal soddisfatto professor Luca Toschi, quanto mai contro le torri verticali ..

Nel patchwork fotografico, a sx il professor Luca Toschi e Donald Norman a dx: accanto il logo del Center for Generative Communication e sopra il titolo del convegno di stamani.

Partenza con due professori dell’Ateneo Fiorentino: Andrea Arnone e Marco Bindi, con il secondo che strappa una risata, mentre esterna la sua sorpresa quando (mesi fa) ha ricevuto l’invito a questo convegno, sentendosi un pò fuori luogo. Ed invece la sua esperienza è molto utile per mettere in simbiosi (ma forse anche in osmosi) una ricerca transdisciplinare per affrontare le sfide della progettazione delle nuove tecnologie. Ma tutto il lavoro del Center for Generative Communication sta lentamente cambiando negli ultimi anni, portandosi da uno stato di mera scienza della comunicazione ad un crogiolo di relazione umana in ambito moderno. Lo si intuisce quando il professor Toschi dice (con il suo buon inglese, a tratti stars’n’bars) ...perché chi si interessa di comunicazione generativa si deve sentire coinvolto nell’evoluzione antropomorfica (ed umana) dei robot?

Domanda retorica, alla quale non vi è una risposta immediata, anche perché la recente storia passata è piena di occasioni pubbliche (e colte) in cui questa domanda è stato il focus delle discussioni, come quello che capitò diversi anni fa al Club di Roma (associazione non governativa, non-profit, di scienziati, economisti, uomini d'affari, attivisti dei diritti civili, alti dirigenti pubblici internazionali e capi di Stato di tutti e cinque i continenti). Uscirono fuori le diverse posizioni sulla componente sociale della nostra vita futura con i computer: qualcuno demonizzava il panorama del nostro domani, mentre altri gridavano al loro arrivo come ad una panacea auspicabile. Ma allora (secondo Luca Toschi) quale deve essere il ruolo dei sociologi? Difficile da dirsi, anche se sicuramente dovranno aiutare a trovare delle soluzioni per il dialogo tra le varie realtà che caratterizzando la nostra vita quotidiana: il professore poi diventa più umano (e simpatico), quando pubblicamente confessa che anche lui ha cambiato opinione con il passare dei decenni .. ma di questa variazione/maturazione molti se ne sono accorti, dialogandoci in questi ultimi anni.

L’arrivo di Donald Norman strappa applausi sin dall’inizio della sua relazione, quando dice che è bello vedere veri esperti in questo convegno e di ben 10 discipline diverse, evidenziando come sia strano il mondo universitario … pieno di expertises davvero profondi che .. alla fine si isolano e non dialogano tra loro! Ed in questo preciso momento, la tecnologia lo abbandona, perché il microfono smette di funzionare: l’inevitabile imbarazzo iniziale, diventa un coup de theatre .. lui continua senza l’ausilio dell’elettronica e per qualche minuto parla a voce alta. Al ritorno della tecnologia (forse erano solo da cambiare le pile), Donald Norman rincara la dose ed enfatizza le differenze tra i mondi universitari europei, asiatici e nordamericani .. espressione corporativistica del modus vivendi dei rispettivi popoli. La conclusione è lapidaria ...l’università è una serie di torri verticali: voi qui oggi state parlando invece di collaborazione e di come l’aspetto sociale sia sempre al suo centro!

A questo punto, quello che era una sensazione fievole diventa invece in me una robusta convinzione: perché non si racconta di come artisti (di differenti tipologie e storie) nel passato hanno già richiamato l’attenzione sulla deriva che stava avendo la tecnologia, sempre più al soldo del potere internazionale e lontana dalle esigenze dell’essere umano? In quel momento mi è venuto in mente il testo del brano dei teutonici Kraftwerk ..Man machine, semi human being / Man machine, super human being ... Era il 1978, si presentavano già vestiti da robot, rimanevano immobili per le due ore dello spettacolo e ci avevano fatto addirittura ballare al suono sincopato del loro inno al movimento che fu il brano Trans Europe Express: nelle stesse settimane un imberbe 23enne Bill Gates decideva di spostare la sua attività (con soli 16 dipendenti) a Seattle, visto il successo che aveva scatenato il suo articolo sul pancake sorting, quella variante degli algoritmi di ordinamento in cui l'unica operazione ammessa è invertire gli elementi di una parte iniziale della successione ..!

Sincronicamente sempre nel 1977/78 diventano famosi gli americani Devo, grazie ad un album altamente tecnologico intitolato Q: Are We Not Men? A: We Are Devo!, disco che conteneva la seminale Uncontrollable Urge, dove si cantava .. Got an urge, got a surge and it's outta control / Got an urge I want to purge / 'Cause I'm losing control ..

Per comprenderlo appieno, vi basti pensare che il loro nome il loro nome viene dal termine de-evolution (de-evoluzione), teoria secondo cui l'umanità, invece che continuare ad evolversi, avrebbe cominciato a regredire, come dimostrerebbero le disfunzioni e la mentalità gretta della società americana.



La devoluzione è uno dei rischi che stamani è stato paventato al convegno fiorentino e forse l’unica soluzione è proprio l’invito a riflettere sulla domanda Come sarà vivere con i robot? e di farlo in modo costruttivo e non personalistico, usando la tecnologia e non facendosi usare da essa ..






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