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Pubblicato il 10/09/2011 alle 01:43:52
Un Piatto forte di ironia e sonorita' fresche: Useless Wooden Toys
di Ambrosia J.S. Imbornone
Contaminazioni gustose di hip-hop e house, indie-pop,italo-disco e pop, di ironia e divertimento, con tante collaborazioni: Riccardo Terzi ci racconta il nuovo album degli Useless Wooden Toys per la EMI, reduci del successo de Il Tirannosauro.

Contaminazioni gustose di hip-hop e house, indie-pop,italo-disco e pop, di ironia e divertimento, con tante collaborazioni: Riccardo Terzi ci racconta il nuovo album degli Useless Wooden Toys per la EMI, reduci del successo de Il Tirannosauro.

Non fatevi ingannare dalle apparenze: il “Piatto forte” che il duo cremonese degli Useless Wooden Toys ci propone e' gustoso, fresco, leggero. Ma ha anche un retrogusto satirico, ironico ed autoironico, che ritrae efficacemente disagi e tic, problemi reali e idiosincrasie italiane. Senza nessuna retorica.
Scopo principale di Riccardo Terzi e Gilberto Girardi e' divertire. E alletta i palati la loro ricetta gustosa che mescola sapientemente hip-hop e house, indie-pop, l' electro old school e rock, italo-disco e funk. In una nuova attitudine pop che ricrea la forma canzone orecchiabile ed ha permesso loro di convincere anche una major blasonata come la EMI.

Forti di successi come “Teen Drive In” e “Carenza di basso”, così come reduci dal successo di “Bomba!” (ftr. Mistaman) della scorsa stagione estiva, i due sono tornati con un nuovo lavoro, il primo appunto targato EMI, martedi' 6 settembre. Mixato da Tommaso Colliva, l’album non solo contiene il singolo “Il Tirannosauro”, accompagnato da un video “virale” realizzato da Dude con tanti ospiti della creativita' milanese, ma a sperimentare inedite combinazioni sonore con gli Useless Wooden Toys c'e' un nome “di culto” dell’underground come il Piotta e tanti nomi della scena indie, act internazionali e tanto altro ancora. Vi ritroviamo infatti, scorrendo la tracklist, Ex-Otago, Il Genio, Amari, S.W.I.M, Ghemon Scienz ,Entics, Dargen D’Amico, Emilie Chick, Jams F. Kennedy, Sanobusiness, My Awesome Mixtape e Cristina Dona' con il remix di “Giapponese”.

Piatto Forte e' presentato come “una pietanza sana da gustare con calma da accompagnare con volume alto, drink freschi, cervello acceso e buona compagnia”: vediamo come ci ha raccontato i sapori di questo album Riccardo Terzi, permettendoci di saggiare le doti della band e la bonta' del percorso musicale fin qui portato avanti dagli Useless Wooden Toys.

Un tempo la vostra musica era piu' sperimentale e al contempo legata alla computer music tradizionale. Oggi invece preferite, ai loop, alle frasi musicali e vocali ripetute nei pezzi elettronici, la sintesi e l’efficacia di brani che al ritmo associano anche una melodia accattivante. C’è stato un voluto tentativo di rendere piu' orecchiabili i vostri pezzi?
Sì, decisamente sì. Questo fa parte un po’ del progetto che ci sta dentro, nel senso che non avremmo mai deciso di approcciarci e proporci ad una major italiana se non avessimo avuto questa intenzione, perché comunque tutti i nostri punti di riferimento non sono italiani, per la maggior parte. L' Italia sta cominciando ad orecchiare e scoprire forti influenze di musica elettronica, ma in questo tipo di settore creativo siamo molto indietro come paese, secondo il mio punto di vista: e' molto piu' facile scoprire sonorita' d’avanguardia e piu' moderne all' estero. Il modo piu' intelligente di provare a confezionare un genere, in una logica però di prospettiva di ascolto molto immediato, ci è sembrato questo. Secondo il nostro giudizio, ovviamente!Abbiamo cercato di acquisire ed esercitare la capacita' di scrivere canzoni che riescono facilmente a rimanere in testa, con dei ritornelli orecchiabili, di usare gli stilemi della pop music, piu' che della electronic music. Sono quindi molto d’accordo con te. Poi ovviamente una major discografiche non si sarebbe mai interessata al nostro progetto se non fossimo un progetto con delle potenzialita' di mercato, secondo le loro logiche.

Siete quindi riusciti a lavorare con una major proprio perché avete cambiato in qualche maniera il vostro modo di fare musica, ora aspirate ad una maggiore orecchiabilita' e vi siete avvicinati alla pop music…
Sì, è venuta spontanea come cosa, non l’abbiamo fatto appositamente…

Sì, certo, c’è stata un’evoluzione naturale...Mentre attraversavate questo cambiamento, come siete stati effettivamente notati e siete riusciti ad intraprendere questo percorso, a compiere questo salto dal mondo discografico indipendente ad una major, la EMI?
E’ avvenuto molto naturalmente. Abbiamo fatto tutto per i fatti nostri intorno a settembre dell’anno scorso: abbiamo registrato tre quarti del disco con Tommaso Colliva (Calibro 35, fonico dei Muse, degli Afterhours, ecc.), un produttore e mixerista bravissimo, tra l’altro molto giovane, e molto vicino al mondo del rock, un po’ lontano da quello che facciamo noi, perché volevamo proprio un tipo di mix molto analogico, molto sporco. Poi abbiamo portato questo demo alla EMI, che ha visto delle potenzialita' e da lì siamo andati avanti 3-4 mesi a costruire insieme il progetto, non solo del disco (sono stati aggiunti infatti altri pezzi, tipo quello con Cristina Dona', con Emilie Chick, ecc.): l’idea è proprio di creare un nuovo accordo tra una discografica major e una band, che non è solo finalizzato a dire “ecco il disco, vendiamolo”, perché questo approccio è completamente morto, visto come vanno i dati di vendita, ma molto piu' un discorso a 360°, perché ci sono molti modi per poter operare insieme, essendo, molto umilmente, complementari. Il web è un discorso che gestiamo noi direttamente, per arrivare ad altri tipi di promozione che gestisce la major, ragionare insieme sulla possibilita' di fare altre operazioni come remix o fare la produzione di loro artisti, ecc. E’ stato un po’ lungo, ma fortemente innovativo come tipologia di creazione ed interazione tra un artista e una discografica, molto piu' internazionale.



L’approccio alla musica che vi caratterizza magari è ancora poco diffuso e meno frequente in Italia. Anche come figure di producers, remixers, ecc. magari siete piu' vicini a figure analoghe internazionali, di altri paesi insomma piuttosto che italiani: quali artisti, dj, produttori ecc. pensate possano essere per voi un punto di riferimento, quali avete ascoltato e ammirato per decidere di intraprendere e continuare il vostro percorso?
Hai detto bene: la figura che piu' ci affascina è quella del produttore, che – come a ragione hai evidenziato – in Italia è molto diversa da come è intesa nel panorama internazionale. Noi, venendo anche molto dall’hip-hop come ascolti e cultura passata, guardiamo alla figura del produttore hip-hop, che si trasforma in r’n’b o sempre di piu' in produttore pop e veste prodotti disumanamente commerciali come potrebbero essere delle Britney Spears, Lady Gaga o Christina Aguilera in prodotti fortissimi come produzione alle spalle. Penso a Jay C, che è un produttore incredibile sia hip-hop che pop, o ai Gorillaz stessi, che sono un progetto stupendo, per quanto mi riguarda, oppure, andando indietro nel tempo, Quincy Jones, per dire, che ha saputo trasformare il suono di Michael Jackson in qualcosa di assolutamente unico. Ho sempre guardato a lui. La figura che piu' ci piace è quella del produttore hip-hop che si sposta verso una produzione pop. Nel mondo della techno, dell’elettronica, della house, Switch, James Murphy degli LCD Soundsystem. Grandissimi produttori, insomma.

Avete chiesto ai vostri fan di remixare l’ormai hit virale “Il Tirannosauro”: come è nata questa idea e com’è andata l’iniziativa?
Abbiamo ricevuto all’incirca una cinquantina di remix. Poi ne abbiamo individuati gli ultimi 5 o 6. Il team di Radio 2 “Babylon” e la EMI poi ha scelto sostanzialmente i vincitori da includere nell'Ep "Il Tirannosauro". A me piace sempre molto ascoltare le idee del web: l’avevamo fatto gia' con un altro nostro pezzo, “Bomba” con Mistaman, e l’idea di utilizzare il web come punto di incontro mi piace. Per questi ragazzi farsi ascoltare dalla EMI è una bella occasione. Ci piace molto poi sempre farci smontare, rimontare, entrare in contatto con altri…Non è una cosa che molto sinceramente capita tantissimo, perché molto spesso abbiamo avuto a che fare con artisti che erano molto piu' “arrivati” di noi, sulla scena da tanto, e all’idea di far mettere le mani sulle loro canzoni erano un po’ piu' restii. Invece a me piace molto, perché la nostra musica è fatta così, come una costruzione del Lego, difficilmente stiamo lì a sudare con la chitarra in mano. Quindi ci piaceva molto l’idea di mettere a disposizione degli elementi chiavi del pezzo e vedere come sarebbero stati reinterpretati.



In uno dei brani piu' riusciti del disco, “Facciamo la rivoluzione” (con ospite Alberto "Pernazza" Argentesi degli Ex-Otago), è molto evidente la volonta' di affrontare i disagi di essere precari a trent’anni, ma sempre con un’ironia che alleggerisce l’argomento. In questa canzone si finisce infatti per ironizzare anche sulla rivoluzione stessa, che nelle lyrics sembra organizzata un po’ come una festa. Anche quando si fanno le manifestazioni, ecc. non si ha sempre magari consapevolezza di quello che si sta facendo…In Italia a volte tutto anche nella realta' finisce per risultare leggero?
Sì, sì, assolutamente, d’accordissimo. E’ un po’ come un loop vizioso: faccio la rivoluzione, ma se la faccio, la faccio senza consapevolezza, quindi è un loop che non porta a niente, un cane che si morde la coda, è verissimo.“Facciamo la rivoluzione” è uno dei pezzi che vedo che ha colpito, è uno dei miei preferiti in assoluto e concordo con i giudizi. L’ho notato anche con altri artisti: ci sono a volte delle sinergie che riescono meglio delle altre. Non perché ci si trovi piu' simpatici, ma proprio perché è inevitabile. La cosa bella di questo disco è che abbiamo avuto proprio delle collaborazioni umane, con persone che erano con noi in studio e ci hanno cambiato la visione delle cose, perché eravamo insieme e quindi logicamente le idee si sono mischiate…Quella con Pernazza è andata proprio così.

Tra le collaborazioni di questo disco c’è anche il Piotta: con lui avete inciso “La fine del mondo”, che anche in questo caso è un brano che fonde l’ironia ed un tema serio, come quello della crisi economica: come è nata questa collaborazione?
L’abbiamo conosciuto al Circolo degli Artisti a Roma, dove ci ha detto che ci suonava molto in radio dove lavora lui e niente, gli abbiamo proposto di fare qualcosa assieme e ci siamo piaciuti!Noi riportiamo alla luce molto anche l’hip house, questo fenomeno anni ’80-90 dei rapper americani che facevano musica piu' commerciale e rappavano su bpm piu' veloci per approdare alle discoteche, sostanzialmente. Tommaso era molto affascinato da questo revival dell’hip house anni ’90 ed ha voluto avvicinarsi al nostro stile: di recente si è misurato con sonorita' vicine al rock, ma si è messo per l'ennesima volta in gioco in questa canzone.



Come notavi prima, alcune delle collaborazioni che avete messo in piedi negli anni a volte sono risultate particolarmente riuscite per una serie di alchimie musicali, umane, ecc.In passato avete collaborato con tanti nomi, Bugo, i Crookers, Uochi Toki, ecc.: tra le collaborazioni del passato, quali sono quelle di cui andate piu' fieri anche oggi?
Beh, sicuramente Napo degli Uochi Toki in “Carenza di basso”, che ancora oggi secondo me è il pezzo piu' simbolo del nostro modo di fare musica. E’ stato un brano molto spontaneo: quando non hai nessuna idea in testa, nascono le cose piu' forti, creativamente parlando. Poi Bassi Maestro con “Teen Drive In”, il pezzo piu' forte nostro in assoluto al livello di pubblico, quello che è piu' arrivato in assoluto. “Carenza di basso” è molto legata all’indie music, mentre “Teen Drive In” è il pezzo che ci ha portato piu' in radio e in discoteca.

Un' ultima curiosita': per quanto riguarda quelle che sono le caratteristiche della vostra musica, che contatti avete avuto finora con le scene estere e in quali paesi pensate, al di fuori dell’Italia, che la vostra musica potrebbe avere maggior successo? In una scena come quella tedesca, da sempre molto sensibile all’elettronica, nei club inglesi oppure dove?
Diciamo che il nostro approccio al mondo estero è stato ancora timido, nel senso che comunque abbiamo fatto una scelta forte, cioè avere spesso le lyrics del cantato in italiano e quindi sai anche meglio di me che non è facile portare all’estero musica in italiano. Abbiamo esperienze live in Francia, Svizzera, Croazia, Slovenia, paesi abbastanza confinanti. Per quanto riguarda dove vorremmo andare, hai detto bene, sicuramente Berlino, che forse oggi è la capitale europea del suono elettronico. Lo è stata Londra per circa una decina d’anni, fino a qualche anno fa, poi le sonorita' si sono spostate molto piu' verso la techno, o una backbeat piu' anni ’90. Nel mondo dell’elettronica è tutto molto fluttuante con andate e ritorni, in un attimo ci si sposta da Londra a Berlino, da Berlino a New York o a Los Angeles, che è una fucina di talenti, di produzioni house-techno incredibile. Gli stessi produttori newyorchesi, che provengono dalla patria della funk-music e della soul-music, si spostano ora a Los Angeles, che sta diventando una citta' con piu' opportunita' e ricettivita'. Io direi quindi Los Angeles, Berlino e personalmente sono anche affascinato da cosa succede nel sud-est asiatico, perché sono realta' in cui le produzioni non sono forti al livello mondiale come artisti, ecc., ma sono molto ricettivi dal punto di vista delle possibilita' di fare live, dei dj-set, ecc.

Ti ringrazio molto, è stata un’intervista molto interessante!
Grazie a te!

Si ringrazia la EMI Music.


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