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Recensioni
Pubblicato il 30/07/2006 alle 15:42:56
Claudio Lolli – Aspettando Godot / Un uomo in crisi / Canzoni di rabbia / Ho visto anche degli zingari felici (Emi Marketing)
di Antonio Ranalli
La Emi ripubblica in CD i primi quattro album di Claudio Lolli. Edizioni rimasterizzate e booklet molto curati contenenti i testi delle canzoni e le note dell’artista.

Avevamo già avuto modo di parlare negli ultimi tempi di Claudio Lolli in occasione dei suoi ultimi show dal vivo. Ora la Emi, proprietaria dei master dei suoi primi dischi e tra le più attente nella valorizzazione del catalogo e del materiale di repertorio legato alla canzone d’autore italiana, ripropone in digitale i primi quattro album del cantautore bolognese (sempre la Emi ha di recente dato alle stampe l’antologia “Claudio Lolli Studio Collection”). Diciamo subito che questi lavori erano già stati editi in precedente sul CD: ma in questa occasione non solo vengono rimasterizzati, offrendo quindi una qualità sonora decisamente superiore alle attese, ma offrono anche libretti molto curati contenenti tutti i testi delle canzoni e delle note scritte appositamente da Claudio Lolli. Un doveroso omaggio ad uno dei cantautori tra i più politicizzati degli anni ’70 che, come abbiamo già avuto modo di scrivere, nelle sue canzoni ha sempre messo in evidenza il suo lato schivo, problematico, innamorato delle atmosfere desolanti tristi e malinconiche, ma sempre abile a mettere in musica le delusioni e il pessimismo di un'epoca generazionale. Gli album ristampati dalla Emi appartengono per 3 / 4 al primo periodo, quello che va dal 1972 al 1975: album che si caratterizzano per la presenza di brani con arrangiamenti minimali e con la prevalenza della sola chitarra acustica. Canzoni che parlano di amicizia, ecologia, problemi generazionali, prendendosela in qualche modo con la società dei primi anni ‘70. “Aspettando Godot” (1972) è un disco che si ricorda sin dalla copertina: riproduce una banconota da 5 mila lire, ma con l’effigie di Claudio Lolli. E’ proprio la title track ad aprire il CD, caratterizzata da quel testo che si muove nell’attesa di qualcosa che non arriverà mai. “Borghesia” è il manifesto dei giovani studenti dell’epoca, che avevo intravisto in Lolli un personaggio alla loro portana (“alla mano” se ci è consentita questa espressione), in grado di mettere in musica i loro pensieri. “Michel” è una delle canzoni sull’amicizia scritte da Lolli, mentre il tema ecologico riaffiora in “L’isola verde” e in “Angoscia metropolitana”. Un esordio decisamente di alto livello, cui fa seguito il triste (sin dal titolo!) “Un uomo in crisi” (1973). Sottotitolo del disco è “Canzoni di morte, canzoni di vita”: in pratica l’album, nelle sue nove canzoni, è espressione di questi due aspetti. Ad esempio a “Morire di leva”, contro il servizio militare, si contrappone idealmente “Un bel mattino”. In questo album c’è “Quello lì” (Compagno Gramsci) dedicata appunto al fondatore del Partito Comunista Italiano, Antonio Gramsci. Il primo periodo di Lolli si chiude nel 1975 con la pubblicazione di “Canzoni di rabbia”. Il suo progetto musicale inizia piano piano ad abbandoare la formula chitarra e voce per approdare ad un’idea più completa, con l’aggiunta di violino, fiati e percussioni. Anche in questo caso il disco si divide in due parti: la prima denominata “La rabbia solitaria”, di cui fanno parte “Prima comunione”, la generazione “Vent’anni” e la triste “Viaggio di ritorno”. La seconda parte del disco, chiamata “La rabbia lucida”, è invece più idealista e si compone di quattro brani, tra cui “Al milite ignoto” e “Compagnia a venire”. Dopo la pubblicazione di questo long playng inizia una nuova fase per Claudio Lolli. Fase che inizia nel 1975 con la pubblicazione del concept album “Ho visto anche degli zingari felici” e che porta l’artista a dotarsi di una band completa per fare ricorso ad arrangiamenti più complessi, e a portare in tour un concerto con numerosi musicisti sul palco. Un disco decisamente particolare. Purtroppo la minuscola grafica dell’edizione su CD non consente di leggere bene la bellissima nota riportata all’epoca sul retro dell’LP e scritta dallo stesso Claudio Lolli che spiega: “Ho visto degli zingari felici nasce come ballata alla fine di giugno del 1975, come conseguenza e tentativo di adeguamento e rinnovamento espressivo nei confronti della nuova e più dinamica situazione politica che, secondo gli autori, richiede nuovi e più avanzati livelli di intervento anche in campo di elaborazione culturale. Nella sua parte letteraria la ballata è una specie di storia affettiva di una piazza e delle evoluzioni che il rapporto tra noi e questa subisce nel corso di un determinato periodo (un anno?) sempre più facendosi organico e importante. Dove la piazza (che nell'occasione è Piazza Maggiore di Bologna) rappresenta non solo tutte le piazze d'Italia, che in questo anno hanno vissuto una notevole crescita di "crucialità" anche culturale, ma in generale lo spazio aperto, politico, che rompe i contorni di isolamento che il riflusso degli ultimi anni aveva in parte ricreato. La piazza simboleggia una nuova spinta al concreto operare politico, un nuovo ritrovarsi insieme in modo non artificioso nè frustrante, a festeggiare senza illusioni e trionfalismi, ma pur sempre a festeggiare, una vittoria reale e popolare. Questa storia si svolge attorno a due poli, e se uno è appunto quello del 15,16,17 giugno 1975, l'altro è quello dell'agosto 74, quando a breve distanza dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia, la Piazza di Bologna doveva ospitare i funerali di dieci delle dodici vittime dell'Italicus, subendo anche l'affronto della presenza, a dir poco sconcertante, in nome del governo, di personaggi del calibro di Leone e Fanfani. Tra un polo e l'altro sono inserite delle storie “private”, storie di vita e di morte, comunque viste nell'ambito di un sempre più organico confronto e di una sempre più progressiva sovrapposizione tra laria quella della piazza (cioè della società), come unica possibilità di vivere dei rapporti umani soddisfacenti e autentici. “La morte della mosca” riflessione allegorica sulla morte di un uomo, riporta alla evidenza della divisione in classi della società; “Anna di Francia”, popolana anarchica dal nome di regina, rappresenta la difficoltà e l'insicurezza di una libertà autentica, contraddittoria e angosciosa nella misura in cui è per forza di cose libertà individuale... “Albana per Togliatti” presenta un momento di superamento anche se chiaramente solo euforico e volontaristico, delle divisioni all'interno della sinistra, un momento in cui i compagni che sono lì si riconoscono come compagni proprio per l fatto di esserci. Le esperienze e i personaggi che forniscono il materiale per questa ballata sono in parte autentici in parte inventati come sintetizzazione di esperienze particolari. Il titolo della ballata è citazione di un vecchio film jugoslavo che non c'entra comunque assolutamente niente. Nell'ultima parte vi sono quattro strofe, di tre versi ciascuna, liberamente rielaborate dal testo di P. Weiss “Cantata del fantoccio lusitano” (pag. 25 Ed. Einaudi ) trattate con mutamento di prospettiva rispetto all'uso originale: prese cioè come un rifiuto dei colonizzati alla colonizzazione, per un recupero dei beni di cui sono stati espropriati”. All’epoca il CD uscì ad un prezzo decisamente politico: 3.500 lire, vale a dire quasi più della metà del costo medio un vinile all’epoca. Un impegno artistico, quello di Claudio Lolli, che merita decisamente di essere recuperato su CD.

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