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Recensioni |
Pubblicato il 22/05/2007 alle 14:54:07 | |
Tori Amos - American Doll Posse (Epic Sony 2007), cinque archetipi femminili in musica
Nono disco per Tori Amos, ma e' il momento di darle il bentornata in Italia, anche come grande estimatrice del Brunello di Montalcino, come rivelò in un’intervista durante la presentazione di Scarlet’s Walk a Roma.
Nono disco per Tori Amos, ma e' il momento di darle il bentornata in Italia, anche come grande estimatrice del Brunello di Montalcino, come rivelò in un’intervista durante la presentazione di Scarlet’s Walk a Roma.
Ogni dito in questa stanza/Punta dritto verso di me/Voglio sputargli in faccia/
Ma poi ho paura delle conseguenze/Ho una palla da bowling nello stomaco/
E un deserto in bocca/Sembra che il mio coraggio voglia svendersi ora
Da: Crucify - CD: Little Eartquakes
Questo è stato il primo biglietto da visita di Tori Amos che nel 1992, a quasi 29 anni, dopo 7 lunghi anni di rifiuti da parte della discografia americana, riesce a raggiungere il grande pubblico. Attualmente i suoi testi vengono studiati anche nelle università oltreoceano, perché sorprendenti e magiche sono quelle sue associazioni di immagini ascrivibili alle sue origini Cherokee. Recentemente in Italia è stata pubblicata la sua singolare autobiografia La Danza dell’Anima (titolo originale Piece by Piece), composta a quattro mani con Ann Powers:
“Come compositrice di canzoni cerco continuamente occasioni e spunti, sia che quel giorno veda un pianoforte oppure no. Ho cercato di spiegare agli altri come raccolgo questi messaggi, perché penso sia una cosa che chiunque può fare. Quando attacco la spina, a volte possono venirmi in mente anche solo un verso o due battute della melodia. Ci sono elementi di un pezzo che potrebbero non essere mai incisi. Ai tempi di Little Earthquakes iniziai a capire che avevo bisogno di un archivio di appunti, frasi, parole che mi sarebbero potuti tornare utili in qualsiasi momento. In pochi mesi raccolsi centinaia di frammenti. La metà non sarà mai usata. Poi entra in gioco un’altra tecnica, quella che serve a dipingere un mondo. Chi ascolta deve sentire il profumo di lavanda, avvertire la punta dei ferri da calza nella borsa della nonna. Chi ascolta deve accorgersi del crepitio della legna nella stufa, quando entra nella canzone con me. La musica coinvolge tutti i sensi, non solo l’udito.”
Il 28, 30 e 31 la Amos sarà in Italia a presenterà il suo nono lavoro in studio American Doll Posse, in cui cinque archetipi femminili (associati alle rispettive divinità greche) rivendicano il proprio posto nel mondo ed invitano ad una rivoluzione culturale, nel segno della più atavica (e pacifica) matrilinearità. Cinque personaggi che si alternano nei 23 brani dell’album e autrici persino di un blog ciascuna (da scovare nella rete!). In ogni tappa dell’imminente tour europeo Tori vestirà i panni di una di queste cinque donne “che mi hanno fatto capire che non ho esplorato onestamente tutte le mie estensioni dell’io, lati di me che ora sento reali quanto la donna dai capelli rossi…”:
Isabel/Artemide (hisTORIcal): fotografa e attivista
Clyde/Persefone (cliTORIdes): emotiva ed idealista
Pip/Atena (expiraTORIal): attenta e combattente
Santa/Afrodite (sanaTORIum): sensuale e passionale
Tori/Demetra e Dioniso (terra-TORIES): lei?
“Il messaggio principale del mio nuovo album è: il politico è personale. E’ l’esatto opposto dello slogan femminista del passato in cui il personale era politico. So che è stato detto che è valido in entrambi i sensi, ma ora dobbiamo ribaltarlo. Dobbiamo pensare in questo modo. Ora sto affrontando delle tematiche che non sarei stata capace di affrontare quando avevo 20 anni. Con Little Earthquakes sono rimasta sul personale. Ma se sei una donna americana nel 2007, con una visione reale di ciò che sta succedendo, devi essere coraggiosa e devi sapere che alcune persone non vogliono sentirne parlare.”
Questa volta è l’attivista e storica Isabel/Artemide ad aprirle l’album nella più geniale composizione anti-Bush mai pensata: Yo George, in cui Isabel, col suo fare documentaristico, ribattezza l’attuale presidente americano come ‘King George’ (sì, “il re che perse l’America”, il re di cui l’America si volle disfare nella rivoluzione del 1776).
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