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Pubblicato il 18/04/2012 alle 13:32:57
Ginevra Di Marco: canto l'Amore e la Vita
di Martina Neri
E’ da poco uscito ‘ Canti, richiami d’amore’, un disco che Ginevra Di Marco ha realizzato insieme all’ ‘Orchestra da Camera Stazioni Lunari’. L'abbiamo incontrata prima di uno dei concerti del nuovo tour. ( Foto di Mauro Taddei)

E’ da poco uscito ‘ Canti, richiami d’amore’, un disco che Ginevra Di Marco ha realizzato insieme all’ ‘Orchestra da Camera Stazioni Lunari’, vale a dire gli ‘indispensabili ed insostituibili’ Francesco Magnelli e Andrea Salvatori. L'abbiamo incontrata prima di uno dei concerti del nuovo tour. ( Foto di Mauro Taddei)

Questo disco può dirsi un concept album sull’ amore?

Non proprio. È un disco nato da un concerto dal vivo che abbiamo tenuto l’anno scorso al Cenacolo della basilica di Santa Croce a Firenze; dato il prestigio e la sacralità del luogo, avevamo deciso di cambiare repertorio rispetto alle cose che in quel momento stavamo portando in giro che erano gioiose, aperte e comunicative per concederci un momento di riflessione. Abbiamo scelto di ridurci all’osso e di proporci in maniera più scarna del solito: due strumenti (tastiere e chitarre n.d.r) e una voce, abbiamo registrato tutto in presa diretta.
C’è un’aria di verità che pervade il disco, lo spirito è quello di voler regalare un’emozione. Si parla dell’amore nel senso lato del termine, si parla dell’Uomo e della sua ricerca continua di superamento del limite: le cadute, le sofferenze e il dolore, la capacità che a volte si ha di superarsi, ma anche la presa di coscienza di non riuscire a oltrepassare mai questo limite in maniera definitiva. Quindi l’amore è la ricerca di qualcosa che vada al di là, qualcosa che possa consolare, che possa mettere requie a questo grande dolore. Sono tutte canzoni d’autore e qualche tradizionale, è un disco che, ancora una volta, mi vede in veste di interprete e non di autrice.

Ci sono brani di Battiato, De Andrè e c’è ‘La sposa’ di Giuni Russo, un vero goiello. L’intenzione era omaggiarla?

Ho scelto di cantare ‘La sposa’ per la bellezza del pezzo più che per fare un omaggio a Giuni Russo di cui ho sempre apprezzato il coraggio di essere così fuori dai canoni, ma che non ho mai seguito in maniera appassionata. Questo pezzo però mi ha travolto sin dal primo ascolto, so che è una canzone che lei ha scritto ispirata dal Cantico dei Cantici ed è una richiesta di vicinanza e di consolazione molto intensa che mi ha davvero colpito. Per l’album ho cercato di trovare canzoni il più possibile evocative, che avessero degli sviluppi melodici tali da poter essere interpretati da una voce sola. A livello concettuale ho cercato di dare al disco un movimento, raccontando le varie sfaccettature emotive che l’uomo può attraversare nell’arco della sua esistenza.

Ascoltando il disco la sensazione è quella di trovarsi in una stanza con qualcuno che ti racconta, sussurrandole, queste storie. La registrazione in presa diretta è stata funzionale alla creazione di questa sensazione di intimità?

Esatto. La sensazione di cui mi parli è proprio quella che volevamo arrivasse. Con Magnelli e Sabatini abbiamo lavorato a un disco che non si palesasse in maniera troppo ridondante, ma che fosse fatto di sussurri, di sfumature, che fosse un disco da ascolto che potesse muovere anche molta emozione senza necessariamente tenere delle dinamiche forti.

E’ ovviamente una strada più difficile, ci si deve avvicinare non essendo l’impatto delle canzoni immediato. Va un po’ controcorrente rispetto alle scelte odierne della discografia.

E’ vero, ma credo che la gente abbia voglia di ascoltare cose diverse e che sia anche molto preparata e sensibile per ascoltare cose di questo genere. Tutto dipende anche da quello che vuoi fare, da quello che ti aspetti dalla musica, da cosa ci cerchi dentro. Questo fa una grande differenza.

Sei molto amata dalla critica, ‘Donna Ginevra’, l’album precedente, ha vinto la Targa Tenco come Migliore Interpretazione. Hai un bacino abbastanza nutrito di gente che ti segue, non ti piacerebbe essere più conosciuta?

E’ vero che non ho una popolarità evidente, quella che deriva dalla televisione. Se mi incontrano per strada non mi riconoscono e, anche se sanno chi sono, non mi fermano. Non mi reputo adatta per la fama, sono abbastanza schiva. Adoro cantare e fare musica nel modo in cui lo stiamo facendo: in maniera libera e indipendente. All’ inizio è stato cosi’ perche’ contratti con case discografiche, nella prima parte della mia carriera, non ne ho trovati, dopo di che la liberta’ è diventata una necessità indistruttibile; non potrei più sopportare che qualcuno mi venga a dire cosa devo o non devo fare. Abbiamo creato una macchina che funziona. Facciamo concerti, facciamo i dischi, li vendiamo. Stiamo diventando sempre più autonomi e questo mi sta piacendo molto perche’ è tutto limpido, senza mediazioni. Sono certa che questo disco potrebbe piacere a moltissima gente che non lo ascoltera’ mai solo perche’ non sa che esiste. Noi cerchiamo di fare il massimo e arrivare dove possiamo.

Come è avvento l’incontro con la musica popolare e quali sono, in generale, i tuoi ascolti?

Come tutti sono passata attraverso varie fasi: nella mia adolescenza, quando ho cominciato a sentire che la musica era qualcosa di cui non potevo fare a meno, Peter Gabriel è stato l’artista che più ha segnato la mia vita, che ha forgiato la mia sensibilità musicale. Ho fagocitato tanto di tutto, sono sempre stata abbastanza famelica, curiosa. Ero proiettata all’ascolto di musica del passato, di epoche che non avevo vissuto. La musica popolare è arrivata con Stazioni Lunari, uno spettacolo in cui ci siamo aperti all’interpretazione perché ci basavamo sulla rivisitazione dalla musica antica e moderna. Quello è stato il momento in cui mi sono ritrovata interprete sorprendendomi io stessa, mi sono ritrovata questa musica nelle corde senza conoscerla. Mi sono tuffata con passione in un repertorio enorme, inseguendo una bellezza che mi sono ritrovata fra le dita, affrontandolo con naturalezza. Questa scoperta ha collimato con un momento in cui ero un po’ stanca e volevo ritrovare un significato forte nella musica, qualcosa che mi stimolasse di nuovo e la musica popolare me lo ha dato. Ho ritrovato significati, scoperto storie, valori che è bello far continuare ad esistere ai giorni nostri.

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