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Editoriale |
Pubblicato il 07/01/2009 alle 11:01:45 | |
Futuro della discografia, della radiofonia e della promozione
Ogni giorno arrivano segnali che dovrebbero farci capire da che parte va la discografia ed il modo in cui fruire di musica: ci sembrano spesso segnali tra loro contrapposti e questo non aiuta. Ritorneremo al vinile?
Ogni giorno arrivano segnali che dovrebbero farci capire da che parte va la discografia ed il modo in cui fruire di musica: ci sembrano spesso segnali tra loro contrapposti e questo non aiuta. Ritorneremo al vinile?
Partiamo da un dato drammatico e tutto italiano: la pirateria! Se questo cancro non lo affrontiamo nel modo adeguato, ho paura che ogni altra iniziativa o idea lascera' il tempo che trova. La pirateria e tutte le altre iniziative illegali, sono una mina sulla quale tutta la filiera musica molto spesso salta: le colpe dei discografici, le loro scelte insulse, i festival che costano miliardi, i programmi televisivi musicali che non aiutano la crescita culturale, la mancanza di una scuola vicina all'educazione musicale, una legge sul mondo musicale ferma al 1941, il costo del supporto fonografico un po' fuori mercato ... e tanti altri aspetti tutti italiani, si sposano con una cultura di base che dobbiamo aiutare a cambiare, senno' il mondo della musica rischia dei futuri davvero tristi e non prevedibili. Nessun li puo' prevedere, nemmeno con la sfera di cristallo...
I dati recenti che arrivano dagli States dicono che si e' passati da 500,5 a 428,4 milioni di pezzi, intendo tutto ovvero sia cd, nastri, vinili e download digitali. In particolare il solo vinile e' arrivato alla bella cifra di 1,9 milioni di pezzi venduti, ma la percentuale e' sempre minima sull'intera discografia, come e ' facilmente calcolabile.
Quindi possiamo parlare di ulteriore crisi e di una discografia sempre piu' in calo? Direi di si', perche' statisticamente e' un meno 14% rispetto al periodo precedente. Ma (sempre nello stesso arco temporale di tempo) dobbiamo registrare un piu' 10,5 di acquisto di musica da parte del singolo acquirente: due dati quindi in netta contrapposizione che si possono spiegare facilmente, spostando l'analisi dal livello personale a quello industriale. Detto in parole povere, questi due dati dicono che io spendo di piu' (e questo non vuol dire automaticamente dire che compro di piu'...), ma che l'industria guadagna di meno. Se non interviene una rivoluzione culturale, questi due dati si diversificheranno in maniera esponenziale, allontandosi sempre di piu'! Agli economisti le logiche tabelle d'analisi e le previsioni a medio e lungo raggio...
A noi interessa segnalare in questa sede (ancora una volta...) come tutto questo non solo penalizzi chi compra musica (cd, vinile, download, biglietto concerto, viaggi culturali, strumentazione...), ma anche e soprattutto le nuove generazioni di musicisti, sempre piu' limitati nel presentare le loro idee, nonostante vivano in una dorata illusione che fare musica ora e' piu' facile, data la tecnologia che abbiamo tutti a disposizione (a poco prezzo!) sul nostro computer.
Non resta che puntare sulla qualita' e diversificare il prodotto, come insegnano le iniziative (anche industriali) degli ultimi due secoli: ma questo non avviene nelle scelte della case discografiche italiane, terrorizzate spesso nell'investire in produzioni originali e (come malamente dicono loro) poco radiofonici. E qui si apre l'altro fronte tutto italiano e tutto negativo: la musica che ascoltiamo in radio che e' spesso predigerita, tutta uguale su tutte le emittenti e mai propositiva. La chiusura di molte piccole emittenti e' un dato drammatico di cui nemmeno i politici si rendono conto: nel mio piccolo ho offerto la mia modesta disponibilita' a tutte le radio, offrendogli consulenza ed anche produzioni che gratuitamente possono mandare in onda, vedi il format quotidiano de Il Re del Gancio.
Ma bisognerebbe fare di piu' e forse in questo la tecnologia ci puo' venire incontro, grazie alle web radio. Anche in questo caso specifico, Siae (politica, sindacati, discografia...) dovrebbero favorire e defiscalizzare molti oneri e spese varie: se il nuovo movimento delle web radio decolla, tutti a cascata ne potrebbero avere dei benefici, come e' facile intuire. Facciamo un esempio banale e (lo riconosco!) utopistico? Se una nuova produzione discografica costa 100... se le royalties/tasse da pagare per lanciare una web radio assommano a 100 .... questa cifra dovrebbero essere pagata da chi e' gia' famoso e lanciato, mentre chi sta partendo (e non ha alcuna agevolazione) questa cifra di 100 non solo non dovrebbe pagarla, ma riceverla come sussidio ed aiuto ad intraprendere questa attivita'! (defiscalizzazione degli oneri sociali?) La relativa promozione che si potrebbe far partire, potrebbe ringraziare le strutture che l'hanno concretamente aiutata, citandola come mecenate, sponsor e/o partner.
Rifaccio l'esempio banale ed utopistico? Una nuova produzione discografica italiana che affronta il mercato estero potrebbe citare la FIMI (o Assoartisti o IMAIE o la stessa Repubblica Italiana) come partner, cosi' come una piccola emittente provinciale potrebbe alla SIAE non pagare un sacco di tasse, ma prevedere la sua presenza come mecenate e qindi assieme a garantire un futuro a tutta la filiera musica italiana. La RAI poi potrebbe sviluppare di piu' il suo aspetto da servizio sociale, anche curando le programmazioni radiofoniche e televisive: piu' spazio ai giovani, piu' vetrine per le nuove idee, piu' liberta' ai conduttori di scegliere quale brano programmare (sbaglio o e' rimasto solo Demo di Pergolani e Marengo su RadioUno ad avere questa liberta' propositiva?) e meno similitudine con quello che Mediaset fa, perche' questa e' una struttura commerciale.
Fine dei miei sogni ad occhi aperti, almeno per oggi...
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