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Interviste
Pubblicato il 15/02/2008 alle 11:54:13
Angela Kinczly: la regina dell'elettrofolk nostrano si svela ai nostri microfoni
di Laura Gorini
Geniale.Accattivante. Affascinante. E soprattutto ricca di talento.Sono questi gli epiteti che più si addico alla cantante bresciana Angela Kinczly.L'abbiamo incontrata in esclusiva per i lettori di MusicalNews davanti a un the caldo fumante...

Geniale.Accattivante. Affascinante. E soprattutto ricca di talento.Sono questi gli epiteti che più si addico alla cantante bresciana Angela Kinczly.
L'abbiamo incontrata in esclusiva per i lettori di MusicalNews davanti a un the caldo fumante.
Angela come ti sei avvicinata al mondo delle sette note?Avevo dieci anni e stavo per iniziare la scuola media, così venni a sapere che c'era un'accademia di musica a poche centinaia di metri da casa mia. Non ricordo bene perché scelsi quello strano strumento di cui non conoscevo fino ad allora manco l'esistenza... Sto parlando del clarinetto.Comunque, mi ci appassionai sin da subito. Le prime volte che mi esercitavo il mio povero cane Charlie si esibiva in tragicomici ululati e i vicini telefonavano per sapere quando avrei smesso e sto ancora suonando!!! Dopo aver appreso i fondamentali, sono entrata nella banda e ci sono rimasta per dieci anni abbondanti. Suonavo ai funerali, alle cerimonie religiose e alle feste degli alpini, perdendo le scarpe per strada perché non sapevo marciare bene! Ma facevamo anche concerti piuttosto impegnativi e seri. Insomma, è stato decisamente diverte!
A parte la scuola vicino a casa tua hai frequentato altri istituti musicali?Ti dirò che ho incominciato a studiare a dieci anni, a quindici sono entrata in conservatorio e mi sono diplomata in chitarra. Con questo mi sono creata un bagaglio culturale musicale di cui faccio tesoro e che continuo a nutrire attraverso lo studio della chitarra classica. Accanto a ciò, le esperienze parascolastiche da autodidatta, le esperienze sul campo, quelle sono anche molto importanti. Nella musica la disciplina, la costanza, sono fondamentali, ma pur essendo arrivata a certi traguardi formali, quello che mi ha spinto sempre più oltre credo sia la voglia di osare, e per osare non serve fare azioni particolarmente appariscenti. La prima volta che mi sono messa a suonare qualcosa che non avevo letto da uno spartito né appreso a memoria, insomma, quando cominci a metterti a nudo, che paura! che bella paura, che imbarazzo, che vertigine! il coraggio di dire quello che pensi e senti, superando prima di tutto la convinzione che non sia una cosa da nascondere, cose che si imparano soprattutto da soli!
Che cosa rappresenta la Musica per te?Una gran bella ragione per vivere, e vivere pienamente, coniugare ragione e sentimento, comunicare, amare, sviluppare l'intelligenza più profonda dell'essere umano. Una cosa per cui la musica ha un valore incommensurabile è che vive attraverso di noi, non finisci mai di apprendere, di imparare, di capire chi sei, cosa c'è intorno e perché. La Musica è la mia consolazione, quando non riesco a sentire dalle persone cui tengo le risposte di cui ho bisogno, quando non so più come fare a chiedere: scrivo una canzone, mi perdo a fantasticare su come potrei vestirla di suoni e note, mi metto in viaggio in un mondo che solo così posso sentire, un posto dove mi sento riscaldata, amata. Per me è anche un lavoro, insegno chitarra da tempo, e credo che la musica sia una delle materie che andrebbero sicuramente privilegiate nel curriculum ogni studente, perché è un potente veicolo di contenuti, idee e sentimenti, nella formazione di un essere umano. Non voglio pronunciare slogan banali, ma in poche parole, la musica porta amore, quindi fate la musica e non farete la guerra!
Il tuo genere è stato etichettato con la nomenclatura di "elettrofolk"...Vuoi spiegare meglio ai lettori di Musicalnews che cosa si intende con questo termine?Folk/acustica più elettronica. anche se questa etichetta a volte mi suona un po' troppo rudimentale e grezza, nei fatti rende almeno in parte l'idea. Come artefice primaria delle mie azioni musicali, mi sono accorta col tempo che questa fusione di folk, canzone d'autore ed elettronica ha un gancio molto profondo dentro me, alcune canzoni sono come una lastra del mio vissuto, il modo in cui le ho cantate ai tempi in cui sono state registrate è un reperto psico-biologico! Questa consapevolezza non è scontata, perché spesso non trovavo corrispondenza tra questa cacofonica parola "elettrofolk", che da più l'idea di un'addizione matematica che di una fusione, e quello che facevo. Poi ho capito, forse anche perché nel frattempo mi sono spostata, ho camminato altrove, e guardando con un po' di distacco vedo questo mio primo lavoro, il disco, come un frutto un po' ingenuo, i frutti di solito sono acerbi ma preferisco dire ingenuo. Ingenuo perché non sempre pienamente consapevole e maturo, ma anche perché lasciandomi trascinare da questi suoni mi sono trovata senza premeditazione a parlare un linguaggio inedito e in fondo molto personale.
Veniamo ora a parlare di "The Legendary Indian Aquarium and Other Stories”, il tuo primo album ufficiale...Qual'è stata la sua genesi?Questo disco è nato dalla mia collaborazione con Maurizio Rinaldi e Isacco Zanola, e dall'incontro con Paolo Bruno di Kandinsky Records. Avevamo da poco iniziato a suonare un po' in giro, non cercavo un'etichetta, non sapevo bene nemmeno cosa fosse (e forse tutt'ora non mi è molto chiaro!) Poi Paolo si è proposto e semplicemente ho accettato. Il disco è stato registrato da Isacco nel suo studio a Ome nell'arco di un anno, tra il 2005 e il 2006.
Con quale criterio hai scelto la tracklist?è stata una cosa piuttosto problematica, anche perché quando mi venne proposto di fare questo disco io non ero molto convinta che gli arrangiamenti delle canzoni, alcune parti elettroniche soprattutto, fossero quelli giusti. A volte ho pensato di mettere in questo primo disco tutto ciò che non avrei certamente messo nel secondo! Poi, lavorando intensamente su ogni singola canzone mi sono resa conto che questo criterio schizofrenico non era praticabile, non era spontaneo, e così nel disco sono confluite semplicemente le canzoni che mi piacevano di più, senza obbligare la scaletta a produrre un risultato forzatamente omogeneo, mettendo un brano praticamente dance come Black Beast così come una ballad quasi interamente acustica in tempo di walzer come The Bench. L'eterogeneità del disco può essere anche fuorviante, magari uno che ascolta si chiede, "ma che cavolo è quest'accozzaglia di canzoni?!", anche se sono tutte unite da qualcosa, che magari non è così palese e non salta fuori al primo ascolto. Mi ci riconosco, e anzi sento anche in questo caso di aver osato a fare qualcosa che qualcuno mi sconsigliava di fare perchè "campata in aria", e invece mi ha mostrato tante cose di me.
Attualmente sei molto attiva dal punto di vista "live"...Com'è organizzata la tua scaletta? Proponi anche delle cover?Certo, poche ma buone! Ho suonato spesso Things behind the Sun di Nick Drake, così come Long Black veil (tradizionale americano che io conoscevo nella versione di Joan Baez) in maniera molto fedele all'originale, ma anche Bang Bang, Riders on the Storm dei Doors rivisitate con arrangiamenti super elettronici, The man I love di Billie Holiday, Summertime di Gershwin, e pure la Gymnopédie di Erik Satie! L'ultima volta mi sono arrischiata a fare una versione piuttosto modificata di I shot the sheriff di Bob Marley, e ho fatto pure una cover di una mia stessa canzone con questo spirito di cercare altro da ciò che in queste canzoni mi è sempre parso di scorgere.Le ho guardate da un diverso punto di vista.
Ultimissima domanda: se non fossi Angela Kinczly chi vorresti essere ? Ci ho pensato per alcuni giorni, ma non mi viene in mente veramente nessuno e nessuna battuta frivola che possa almeno far ridere! Forse ho trovato un precario equilibrio tra ciò che sono (quanto di me conosco) e ciò che vorrei sviluppare. Spesso ho provato il desiderio di essere qualcun'altro, a volte in maniera straziante (l'invidia!), a volte in maniera pateticamente adulatoria; a volte per lunghissimi periodi, altre per pochi istanti. Spesso ho provato, e provo, ammirazione e stima profonde per persone sconosciute così come per personaggi famosi, morti o viventi, e in essi mi riconosco, mi immedesimo. In tutti i casi e loro combinazioni, credo che riconoscere fuori da sé qualcosa di molto desiderabile al punto da volersene identificare sia un grande stimolo a migliorarsi, a crescere, a mettersi alla prova, a confrontarsi con se stessi e gli altri, a combattere la pigrizia.
Se invece la domanda fosse "Quali sono i tuoi idoli?", allora potrei rispondere con un lungo elenco, ma anche per compilare quello ci vorrebbero dei giorni!Diciamo che al momento ascolto alla nausea Cat Power, e malgrado la sua fama da disgraziata mi affascina (o forse proprio per quello) Amy Winehouse. Se invece la domanda fosse "Cosa volevi fare da grande quando eri piccola?", si va dal medico, all'architetto etc. Poi crescendo ho sempre più fortemente desiderato di essere qualcosa di speciale ma non capivo che figura professionale poteva corrispondere a questo mio desiderio, e così ho incontrato Angela Kinczly!

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