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Pubblicato il 11/08/2009 alle 11:18:56 | |
Happy rock birthday, Mark Knopfler! 60 anni e un redde rationem
Il 12 Agosto ricorre il sessantesimo compleanno di una pietra miliare della storia della musica. Leader e fondatore dei Dire Straits, autore di musiche per film, oggi prosegue la sua brillante carriera da solista.
Il 12 Agosto ricorre il sessantesimo compleanno di una pietra miliare della storia della musica. Leader e fondatore dei Dire Straits, autore di musiche per film, oggi prosegue la sua brillante carriera da solista.
Sarebbe fin troppo semplice lodare la sua carriera riassumendone le tappe più importanti, ma tali riflettori vanno lasciati alle rockstar più istrioniche e narcisiste.
Knopfler invece è un tipo che preferisce passare inosservato, cercando di evitare megatorte, striscioni e sfavilli: e allora sembra più consono un omaggio inusuale, in simbiosi con la sua originalità artistica, tentando di rintracciare aspetti meno evidenti della sua arte, talvolta oscurati da una condotta manchevole da parte di critici e giornalisti. Effettivamente, il principale merito del musicista Knopfler consiste nell’aver dato sempre precedenza alla musica e a tutto ciò che può esserne direttamente collegato, dallo sfruttamento della tecnologia, intesa come nuova potenzialità espressiva, alle iniziative benefiche, intese sia come strumento etico di unione volto all’eliminazione della conflittualità sociale, sia come funzione pedagogica per la crescita collettiva. In tal modo egli ha vissuto la musica in tutte le sue varie forme e direzioni: arte fonica, pratica sociale, servizio per la comunicazione, forma culturale, mezzo di conoscenza, stimolo espressivo.
Ciò che al contrario ha sempre spontaneamente evitato va rintracciato nel comportamento della maggior parte delle rockstar: visibilità mediatica, vizi ed eccessi vari, protagonismo da gossip, business, risalto dell’immagine e via dicendo. Naturalmente queste caratteristiche non basterebbero da sole a fare di un artista un caposaldo della storia della musica se non vi fossero stati alla base l’estro creativo, la predisposizione artistica, l’innata capacità compositiva e una straordinaria abilità esecutiva. Ma questo anniversario rappresenta anche l’occasione per sfatare svariati luoghi comuni che una critica troppo approssimativa ha generato sull’immagine dei Dire Straits e di Knopfler in particolare. Ad esempio, si rileva da più fonti che la purezza degli esordi dei Dire Straits sarebbe seguita da una progressiva commercializzazione.
Oltre all’opinabilità di entrambi i concetti, frutto di un’ottusa corrente molto rock-centrica e maniacale, le metamorfosi di Knopfler sono state una manifestazione di diuturna costanza evolutiva e dunque, quasi per paradosso, un tratto di continuità stilistica alla ricerca della varietas in prospettiva diacronica. Un altro errore della critica knopfleriana consiste nella predominante attenzione nei confronti della melodia, tralasciando armonia e ritmo in posizione subordinata, come se si trattasse di parametri secondari nella produzione di questo musicista. Ma evidentemente una critica troppo approssimativa non ha tenuto conto delle componenti armoniche e ritmiche e della loro rilevanza nel significato e nella comunicazione di tali canzoni.
E comunque, l’aspetto più ridicolo, quasi farsesco, riguarda il livello artistico del Knopfler chitarrista: solitamente i critici fanno a gara per rivelare, a seconda della corrente di pensiero, i pregi o i difetti per accrescere o sminuire il valore di un chitarrista. Per i “malati della tecnica” i migliori chitarristi sono i “super-tecnici”; per i fanzinari, invece, il proprio idolo non ha rivali; mentre per gli amanti dello spettacolo sono i “guitar heroes” a rappresentare il gotha delle sei corde; e via dicendo.
La verità? Tutte e nessuna, nel senso che per valutare l’abilità di un chitarrista andrebbero valutati tutti i parametri (estro compositivo, ricerca timbrica, originalità, versatilità e così via) e farlo in maniera oggettiva, senza considerare nulla in senso assoluto: ad esempio, non esiste una scala gerarchica tra generi musicali e la velocità non è sinonimo di arte.
È solo in quest’ottica che si può giudicare senza pregiudizi un musicista o un suo album, cosa che si verifica raramente nella critica, soprattutto italiana: ecco perché ad esempio un capolavoro come ON EVERY STREET è stato definito da critici superficiali e incapaci come Riccardo Bertoncelli e Piero Scaruffi rispettivamente ..un disco molle o il peggior album dei Dire Straits o come Giacomo Pellicciotti, che ha definito le armonie dell’album come soffici e un po’ sonnacchiose o come Ernesto Assante che ha definito questo disco come ..uno splendido involucro musicale, elegantemente vuoto, definizione molto più adatta per i libri e le recensioni che solitamente egli stesso firma.
In realtà, come ho già rilevato in altre pubblicazioni o durante le lezioni che ho tenuto all’università o ancora nei convegni di musicologia, ON EVERY STREET è il disco più eteroclita dei Dire Straits, per influenze musicali, per influenze letterarie, per atmosfere, per inventiva. È il disco attraverso il quale Knopfler è riuscito ad esprimere tutto ciò che aveva dentro. Per questo si è sentito realizzato ed ha avvertito di aver raggiunto l’apice dell’espressione musicale à la Straits. Si esaurivano in quell’album tematiche e stili che colmavano quella parossistica ricerca musicale sviluppata nella carriera di Knopfler fino ai primi anni ’90. Finalmente il leader dei Dire Straits riusciva a colmare quel desiderio di varietas in prospettiva sincronica.
Ma, a differenza degli altri, Scaruffi pare avercela con Knopfler, definendolo Morricone dei poveri, non immaginando di essere egli stesso un Franco Fabbri dei poveri. Ciò nondimeno Scaruffi & c. non vanno così biasimati per aver espresso un’idea, come andrebbero al contrario disdegnati coloro che non sono capaci di esprimerla e tirano avanti a comunicati stampa e copia-incolla. Tali loschi figuri vivono di accattonaggio giornalistico e parassitismo professionale, ignari di cosa possa essere la deontologia, e talvolta arrivano perfino a recensire concerti a cui non hanno assistito, come ad esempio capita spesso a Mario Luzzatto Fegiz e a tante altre penne del cosiddetto "grande giornalismo". Infine, un altro spunto può nascere da Domenico Baldini, che parla dell’americanità dei Dire Straits nel periodo di Money for Nothing: ora, volendo considerare, spero con non eccessiva beneficenza, che l’affermazione dello studioso ...i Dire Straits sono americani, anzi americanissimi, sia una pura e semplice figura retorica, essa risulta in ogni modo ingannevole in quanto le caratteristiche anglosassoni ed europee della musica dei britannici, anzi britannicissimi Dire Straits (perlomeno nel periodo a cui risale Money for nothing) non sono messe in secondo piano da quelle d’oltreoceano, anzi, i due generi vivono in perfetta simbiosi senza oscurarsi l'un l'altro.
È lo stesso Knopfler a dichiarare continuamente che la sua musica si trova nel punto in cui confluiscono il Tyne e il Mississippi e il riscontro è tangibile nelle sue creazioni e, se da un lato è vero che con il primo disco i Dire Straits erano più orientati verso la tradizione americana, nei dischi successivi le componenti sono più bilanciate. D’altronde BROTHERS IN ARMS, cui Money for nothing appartiene, è il disco di maggior successo nella storia delle charts britanniche, ma il temerario Baldini definisce la musica dei Dire Straits “latitante rispetto al gusto europeo”. Senza considerare che lo stesso disco si avvicina all’easy listening che alla metà degli anni ’80 furoreggiava in Europa. Ma Baldini insiste: “la loro musica è all’insegna del rock più tradizionale che l’America in quel momento conosca”.
Insomma, a un personaggio antieroe come Mark Knopfler, nel giorno del suo compleanno ho regalato un gesto di rivalsa. Un controsenso? Forse, ma una sorpresa con tanto di coro “Happy birthday to you” lo avrebbe messo a disagio. Meglio così, tanto quei giornalisti non si schioderanno dalle loro comode poltrone dove continueranno a blaterare sull’anima poco rock di ON EVERY STREET e questo articolo passerà in sordina come è nell’essere del festeggiato: un personaggio che non ama i riflettori. E poi, non è un controsenso anche che per i suoi 60 anni il regalo sia lui a farlo ai suoi ammiratori? Sta infatti per uscire un nuovo album di inediti, dal titolo GET LUCKY, sperando che la critica musicale lo giudichi per quel che è, senza osannarlo oltremisura, come accadde per BROTHERS IN ARMS, un tassello come gli altri nel grande progetto complessivo di Knopfler, né negandone le qualità, come accadde per ON EVERY STREET, ma semplicemente valutandolo con onestà intellettuale e capacità critica: prego astenersi perditempo.
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