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Recensioni |
Pubblicato il 23/01/2011 alle 13:46:15 | |
Paolo Fresu, il pendolino gentile del Jazz italiano
In concerto al Conservatorio Verdi di Torino regala,insieme al suo Quintetto, una serata di emozioni, parole e silenzi cavalcati da note tenute e groove incalzanti da intenditori che stregano anche i neofiti.
Mi sono più volte chiesto se si può parlare di accessibilità nella musica, soprattutto se nelle orecchie arriva jazz e magari neanche troppo standard.
Oggettivamente può esistere una difficoltà di approccio a questo genere, dettata talvolta da una pigrizia d’orecchio, da una dissuetudine ad uscire dal proprio guscio musicale che ci blocca e in alcuni casi, ci rende impossibile un ascolto sereno.
Si sa, de gustibus non disputandum est ma forse tutto cambia se si abbassano le difese e complice la curiosità si resta in ascolto, lasciandosi andare.
Lasciando che il piede batta e che la testa oscilli al ritmo di quel pendolino gentile del Jazz che è Paolo Fresu, per esempio.
Per me l’occasione speciale è stata la rassegna Linguaggi Jazz organizzata presso il Conservatorio G. Verdi di Torino, Sabato 22 Gennaio.
Fin dalla prima nota Fresu, con il suo quintetto d’eccezione, ti porta lontano, ad ognuno la propria stazione. Io ad esempio mi sono ritrovato in una Parigi coperta da uno scialle di foglie dorate come il metallo dei fiati e del charlestone. Nei mari profondi seguendo il vociare, in un silenzio da lasciare a bocca aperta, del flicorno e del clarino, richiami antichi sotto le onde blue note di due delfini innamorati.
La tentazione di seguire i vorticosi scambi e le scale percorse su tempi dispari per un attimo mi ha portato al calcolo, ad un’analisi ardita di spartiti invisibili.
Certo si apprezza la tecnica, l’andirivieni vorticoso del Contrabbasso di Attilio Zanchi , la zampata nervosa e precisissima della batteria di Ettore Fioravanti, per non parlare della presenza elegante del pianoforte di Roberto Cipelli, che è presente ma mai prima donna, lasciando spazio al sax sensuale e caldo di Tino Tracanna e alla tromba di Fresu.
Anche agli occhi e alle orecchie di chi non è addetto ai lavori, arriva la compattezza, la complicità e il sentimento trasmesso dall’ensemble, sinergia profusa e collaudata frutto di un legame che dura ormai dal 1984.
Nelle poche pause tra un brano e l’altro Fresu presenta i suoi brani, suoi e del resto della band oltre ad un omaggio a Mia Martini e Bruno Lauzi con, Almeno tu nell’Universo, riproposta nella famosa versione Jazz.
C’è stato un piccolo accenno alla politica e al disagio di chi fa cultura nel nostro Paese ma Paolo preferisce lasciarsi alle spalle queste note stonate per tornare a quegli incastri e fughe su scale impossibili che non danno mai la sensazione di un artificio esasperato. La commistione è densa, compatta e scivola agevolmente nel palato della sala che gradisce e a gran voce reclama il bis…
La sensibilità del quintetto e di Fresu si esprime anche aldilà delle composizioni a giudicare dall’attenzione verso i giovani musicisti. Infatti, parlando del suo ultimo lavoro con il quintetto Songlines / Night & Blue, uscito nel 2010, ha ricordato della sua etichetta discografica, la Tŭk Music, che ha l’obbiettivo di promuovere gli artisti emergenti italiani e non… che altro dire, Chapeau!
Ringraziamo l'ufficio stampa del Centro Jazz di Torino per la collaborazione.
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