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Pubblicato il 29/04/2007 alle 16:07:33 | |
I 40 anni di Dio è morto. Festa a Roma con i Nomadi
Compie quarant'anni "Dio è morto", una delle canzoni più famose della musica italiana, simbolo del beat. Il brano, scritto da Francesco Guccini nel 1965, venne portato alla notorietà dai Nomadi che lo incisero nel 1967.
Compie quarant'anni "Dio è morto", una delle canzoni più famose della musica italiana, simbolo del beat. Il brano, scritto da Francesco Guccini nel 1965, venne portato alla notorietà dai Nomadi che lo incisero nel 1967, 40 anni fa, e che domani, lunedì 30 aprile, festeggeranno l'anniversario a Roma, al locale "La Palma", alle ore 22, in una serata organizzata in partnership con Radio Città Futura.
Moderatori dell'incontro saranno Vincenzo Mollica ed Ernesto Assante.
Nella serata la band di Beppe Carletti si esibirà anche in un set live. La festa per i 40 anni di "Dio è morto", alla quale parteciperà anche l'assessore alle Politiche culturali di Roma, Silvio Di Francia, si inserisce nel programma di Roma Laboratorio Musica, il percorso di eventi musicali che culminerà nel concertone del Primo Maggio di Piazza San Giovanni, a Roma, organizzato con la collaborazione dei responsabili del coordinamento di Cgil, Cisl e Uil e con il patrocinio degli Assessorati alle Politiche Culturali e alle Politiche Educative e Scolastiche del comune di Roma.
La canzone, considerata il primo vero brano di protesta italiano, fu presentata al Cantagiro e fece parte dell'album dei Nomadi "Per quando noi non ci saremo". Il brano dei Nomadi fu subito al centro di un caso: venne censurato dalla Rai perchè ritenuto blasfemo ma fu messo in onda da Radio Vaticana: anni dopo persino Paolo VI lo definì un lodevole esempio di esortazione alla pace e al ritorno a giusti e sani principi morali.
In effetti è davvero difficile trovare qualcosa di blasfemo nel testo. La canzone, una riflessione rabbiosa sui sogni e le speranze degli adolescenti, contiene tre strofe: la prima (con l'inizio "Ho visto la gente della mia età andare via") parla di ragazzi senza obiettivi, che girano le notti ubriachi, drogati e impasticcati contro una civiltà ormai stanca. Nella seconda strofa la rabbia si sfoga contro i falsi miti in cui i ragazzi non credono più: la patria, l'eroe, "le fedi fatte di abitudini e paura" ma anche "una politica che e' solo far carriera", perbenismo e ipocrisia; infine la terza strofa che apre alla speranza pacifista e ad un futuro senza armi. In mezzo il ritornello "Dio è morto" trasformato nel finale in "Dio è risorto", metafora dei giovani che diventano le uniche speranze per il futuro. "Aggiunsi una speranza finale non perchè la canzone finisse bene, ma perchè la speranza covava veramente", ha spiegato Francesco Guccini, "Il brano è stato una spallata presessantottesca, sentivamo che tante cose dovevano essere cambiate per riedificare con Dio, che non è il Dio della religione".
Guccini ("Dio è morto" fu la sua prima canzone depositata alla Siae)non ha mai registrato in studio il brano, anche se lo ha inciso live (la prima volta con gli stessi Nomadi) e si ispirò ad una frase di Nietzsche contenuta nella "Gaia scienza" sulla decadenza del mondo occidentale. Ma l'ispirazione più precisa, e quella dichiarata dallo stesso Guccini, è quella che si rifà all'"Urlo" di Allen Ginsberg, in una riflessione sulla difficoltà dei giovani di rendere realizzabili le loro utopie. A decretare il successo del brano è stato anche quel riferimento esplicito alla "mia generazione" adolescenziale che per la prima volta arrivava in Italia dopo l'esplosione di My Generation dei Who avvenuta nel 1965.
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