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Interviste |
Pubblicato il 06/09/2008 alle 11:40:59 | |
Andrea Chimenti: una vita intensa , tutta rock , amore e poesia
Non capita certamente tutti i giorni di poter intervistare un grande musicista. Un uomo eclettico e raffinato che riesce a conciliare la musica con il teatro, il cinema, la danza e la letteratura.
Non capita certamente tutti i giorni di poter intervistare un grande musicista.
Un uomo eclettico e raffinato che riesce a conciliare la musica con il teatro, il cinema, la danza e la letteratura.
Un artista dunque completo che vive per l’arte e che non si è fatto mai abbattere dalle numerose difficoltà che incontra chi ha scelto di vivere delle proprie passioni.
Andrea Chimenti è tutto ciò e molto altro ancora.
Quel “molto altro ancora” che potete scoprire leggendo l’intervista che ha concesso in esclusiva a Musicalnews.com
Andrea sei ormai un veterano dell’ambiente musicale. Che cosa ti ha indotto a farne parte?
Una camera da letto vuota durante un trasloco.
Allora avevo dodici anni e con una chitarra acustica misi in fila i due o tre accordi che conoscevo.
Improvvisando un canto, rimasi ammaliato dal riverbero della stanza.
Quello è il mio più lontano ricordo, la porta attraverso la quale sono entrato nel mondo della musica.
E la Musica cosa rappresenta per te?
Un personale viaggio nel sentire più profondo.
Ritrovarsi in un brano musicale anche scritto da un altro è un’emozione che non ha uguali.
Le note portano alla luce una parte di te, quella che non puoi descrivere perché parla il linguaggio dello spirito.
La musica traduce questo linguaggio riuscendo a trasmetterlo e puntando dritto al cuore.
Chi ti ha avvicinato ad essa?
Sicuramente mio padre.
Sono stato abituato sin da bambino ad ascoltare molto; forse è stato l’unico dialogo avuto con mio padre durante l’adolescenza.
Ascoltavamo musica per ore e per me era un vero e proprio viaggio nella fantasia.
Ha dunque costituito per me un’inesauribile fonte di stimolo creativo.
Hai compiuto studi musicali da ragazzo? Quali?
Non ho compiuto studi musicali se non un po’ di sassofono e solfeggio; non ero un bravo studente e la mia voglia di applicarmi durava pochi minuti.
Insomma: di studi musicali ne ho fatti ben pochi!
Se dovessi riassumere i punti più salienti della tua brillante carriera quali diresti?
Il primo direi che è stato l’incontro con Alberto Pirelli che ci scoprì come gruppo proprio nel periodo in cui pensava di aprire un’etichetta indipendente la “IRA”, poi “Canto Pagano”, il migliore album dei Moda insieme alla collaborazione con Mick Ronson (mi raccomando, nulla a che vedere con i più recenti Modà), poi metterei la realizzazione dell’Albero Pazzo e l’incontro con David Sylvian, anche “Il Porto Sepolto” che ha segnato nel 2002 il mio rientro nella musica dopo un periodo di silenzio forzato, infine gli amici e collaboratori che hanno reso possibile il mio lavoro, senza i quali avrei fatto ben poco come Roberto Bardelli o Fernando Maraghini, ed Erica Pacileo.
Del resto sono spesso sono gli amici che ti consentono di muovere passi in avanti!
Sei diventato famoso negli anni Ottanta grazie ai Moda. Che cosa ricordi con maggior orgoglio e felicità di quel periodo?
Non ho bei ricordi di quel periodo.
Anzi ti dirò di più: sono felice che siano finiti gli anni Ottanta.
Non tornerei mai indietro!
Ricordo una gran fatica e imprese ciclopiche per ottenere spesso il nulla.
Di solito si ricordano con piacere gli anni che ci hanno visto giovani, ma non è così per me: ho più entusiasmo oggi di allora e una consapevolezza che mi aiuta a gustare le cose in modo diverso, più serenamente.
Però devo dire che un po’ di orgoglio c’è: in fin dei conti eravamo pervasi da uno spirito pionieristico, capace di farci fare cose tipo una data a Caltanissetta e la data successiva a Touluse spostandoci in treno con tutti gli strumenti, batteria compresa.
Ricordo che non avevamo i soldi per comprarci le custodie e tenevamo gli strumenti avvolti in coperte di lana: sembravamo degli zingari!
E poi l’orgoglio di aver girato mezza Europa con un furgone che cadeva a pezzi e andava alla velocità di 80 all’ora.
Ogni tot di tempo si fermava e a turno andavamo sotto per fasciare i tubi che perdevano olio e acqua.
Credimi: potrei scrivere un libro di avventure perché ne abbiamo vissute di tutti i colori!
Poi i Moda si sono sciolti e hai ricominciato la tua carriera solista. Chi o che cosa ti ha spinto a continuare a percorrere il tortuoso cammino nel mondo musicale?
Io credo che se sei afflitto dal morbo della musica, se è reale il bisogno di scrivere canzoni, di tirare fuori quello che hai dentro, è difficile se non impossibile smettere.
Posso dire che le difficoltà incontrate nel mio percorso mi hanno spinto più di una volta a tentare di abbandonare la musica, ma è sempre stata questione di mesi e poi riprendevo; accadeva sempre qualcosa che mi costringeva a rientrare in pista.
Con il tempo ho desistito da questi tentativi e oggi sono convinto che posso fare solo questo.
Dopo lo scioglimento dei Moda (dicembre 1989) mi sono trovato completamente da solo: non più il gruppo, non più un’etichetta discografica.
Trovarsi con una famiglia e con un bambino di un anno oltre che una prospettiva di lavoro pari a zero, la tentazione di mollare tutto e “mettere la testa a partito” è stata forte.
Come spesso accade bisogna scavare dentro e trovare da soli la forza e il convincimento di andare avanti anche se sembra tutto assurdo.
Nessuno mi ha aiutato in quel momento se non mia moglie che mi ha spinto a proseguire dandomi fiducia.
Ed è proprio in seguito a questa tua rinascita musicale che sono nate importantissime collaborazioni artistiche... Vuoi darcene una bella rinfrescata in merito?
Iniziai a collaborare con Gianni Maroccolo che nello stesso giorno in cui lasciavo i Moda aveva lasciato, con Antonio Aiazzi, i Litfiba.
Sono seguite altre collaborazioni come gli Africa X, il Consorzio Produttori Indipendenti, David Sylvian, Carlo Verdone, Fernando Maraghini e Maria Erica Pacileo con i quali ho fondato l’etichetta “Le Vie dei Canti” e realizzato alcuni cd, la collaborazione con la grande attrice Anita Laurenzi per il Cantico dei Cantici, avventure nel teatro con Massimo Luconi e Riccardo Sottili o nella danza con Silenda, l’incontro con tanti musicisti con alcuni dei quali ho lavorato per anni, da Massimo Fantoni o Marco Parente a Steve Jansen e Matteo Buzzanca.
Tuttavia Andrea tu non sei solo un valente musicista e compositore ma sei anche un eccellente scrittore e attore teatrale e cinematografico...Come riesci a conciliare tutte queste tue mansioni?
Se scrivo un racconto o una canzone, una colonna sonora o mi trovo su un palco teatrale a recitare, ho la sensazione di fare sempre la stessa cosa, sono stazioni di uno stesso percorso.
Quello che cerco è l’esprimere, tirare fuori, il mezzo può mutare.
Chi fa il mio mestiere altro non fa che togliersi da dentro un ingombro, qualcosa che non può resistere a lungo senza uscire, pena l’autodistruzione.
Ti piace dunque definirti un artista eclettico?
Perché no: tale definizione mi calza a pennello!
Ma parliamo ora di cinema...Nel 1996 hai partecipato a “Sono pazzo di Iris Blond”, nota pellicola cinematografica di Carlo Verdone? Quale ruolo hai svolto in tale occasione?
Il mio è stato un ruolo marginale.
Infatti altro non ho fatto che interpretare il brano "Black Hole" nella colonna sonora.
E’ la canzone che Verdone canta nella scena finale de film.
Mi ha fatto un certo effetto vederlo cantare con la mia voce!
Com’è nata la collaborazione con il celebre attore e regista?
Con una sua telefonata a casa.
Ho saputo poi che conosceva i miei cd e che spesso li aveva fatti mettere in radio in alcune trasmissione in cui veniva ospitato.
Posso dire di essere un suo fan e il fatto che mi abbia cercato mi ha lunsingato,eccome!
Successivamente ti sei dato anche al teatro, alla poesia e all’arte...Vuoi riassumerci tu le tue più importanti esperienze in questi ambiti?
In teatro ho iniziato con Massimo Luconi nello spettacolo "Chaka" e per finire con Il deserto dei Tartari per la regia di Riccardo Sottili.
In questi anni mi sono occupato di poesia realizzando cd come il “Qohelet”, “Cantico dei Cantici”, “Il Porto Sepolto” dove ho messo in forma canzone alcune poesie di Ungaretti.
Ho lavorato ad installazioni sonore e visive in musei e performance d’arte contemporanea.
Ho inoltre lavorato ad alcune colonne sonore come quella del film “Cantico dei Cantici” e la prossima che andrò a realizzare in Normandia a settembre per un film che vedrà unite le idee e la forza lavoro di italiani e francesi.
E infine eccoti impegnato come scrittore...
Sono ancora acerbo come scrittore, ma lo scrivere mi appassiona…ho iniziato a pubblicare perché invitato da Daniele Lira a scrivere su il libro “Perchè il Silenzio non ha Parole” insieme a compagni di viaggio ben più illustri di me (Mario Luzi, Alda Merini, Mario Rigoni Stern…ecc…).
Poco tempo dopo sono stato contattato dall’editore Keller che mi ha proposto di scrivere all’interno di una raccolta di racconti dal titolo “Voci di Fiume”. Il racconto si intitola “Il Fiume Perduto”, che vede come protagonista Monaldo Rui un giovane avvolto dalla stanchezza del vivere e improvvisamente trascinato in una vicenda ricca di mistero che cambierà definitivamente la sua esistenza.
Questo Autunno sarà pubblicato “Il Cantico dei Cantici” per la casa editrice Zona con allegato il dvd dell’omonimo film.
Anche qui ho scritto una piccola parte della pubblicazione.
Ho scritto per anni testi di strofe e ritornelli e oggi mi piace poter scrivere al di fuori dello schema canzone quando mi è possibile.
E ora dopo la pubblicazione di “ChimentidanzaSilenda” che cosa dobbiamo aspettarci da Andrea Chimenti? Prossimi obiettivi da raggiungere e progetti?
Tornato dalla Normandia inizierò la realizzazione del nuovo cd.
Sono in attesa di una risposta importante per quanto riguarda il produttore.
Sto realizzando,insieme ad alcuni musicisti dell’Emilia, un nuovo progetto di cui ancora preferisco non parlare.
Infine spero di riprendere anche l’attività live questo autunno/inverno, ma di questi tempi suonare dal vivo sembra che sia diventato un lusso!
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