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Pubblicato il 19/10/2011 alle 04:04:12
The Equatorial Stars: Fripp, Eno, ed una nuova sfida allo spazio siderale.
di Dario Albelli
A 30 anni di distanza da Evening Star, Brian Eno e Robert Fripp tornano a collaborare. Il risultato? Una volta celeste costellata da note brillanti, ritmi ipnotici e space-ambient sperimentale, in The Equatorial Stars.

A 30 anni di distanza da Evening Star, Brian Eno e Robert Fripp tornano a collaborare. Il risultato? Una volta celeste costellata da note brillanti, ritmi ipnotici e space-ambient sperimentale, in “The Equatorial Stars”.

Chi non conosce Brian Eno?
Un nome che dice tutto, e non dice niente. Un “termine” incontrato con tale frequenza nel corso delle quotidiane ricerche in rete, da divenire quasi un ente astratto, una garanzia subliminale di affidabilità del prodotto a cui di volta in volta è associato. Con tutta probabilità, il vostro occhio ha colto per anni la presenza di quel nome in articoli giornalistici, titoli di coda di pellicole cinematografiche, pubblicazioni da libreria, cover di EP, tanto da interiorizzarne una figura autoritaria evanescente ancor prima che concreta. Per gettare benzina sul fuoco potrei persino provare a riformulare la domanda che introduce questo articolo: “Quanti di voi possono affermare di non aver mai gioito dell’ascolto di un prodotto legato a Brian Eno?”.
Credo sia giusto venire al dunque: a meno che abbiate trascorso gli ultimi 30 anni segregati sulla cima di una montagna, è quasi certo che almeno una piccola parte del genio di Brian Eno è entrata in contatto con voi. Come posso dirlo?
Ecco qualche nome: The Joshua Tree – Achtung Baby (U2), Low - Heroes (David Bowie), Us (Peter Gabriel) – Viva La Vida (Coldplay).
Lasciando il campo della musica per quello dell’elettronica, Eno è legato al videogame di successo “Spore” (EA), del quale ha progettato il sistema di generazione automatica di musiche.
Nel 2009 crea “Bloom”, applicazione I-Phone per la musica d’ambiente.
Per dovere di sintesi, la stoccata finale: Microsoft si è rivolta ad Eno per la composizione della jingle iniziale del primo vero sistema operativo a largo successo, Windows 95.

Brian Eno è compositore, musicista, polistrumentista, produttore discografico, teorico musicale, e cantante britannico: come egli stesso ama definirsi, un “musicista non musicista”.
Affianchiamo ad un personaggio così poliedrico, una seconda figura, una personalità forte che ha influenzato a dismisura il panorama musicale britannico e non dal ’69 ad oggi: Robert Fripp, leader storico e chitarrista della progressive-rock band dei King Crimson.
I due hanno già collaborato in passato: nel 1972 Eno attraverso l’etichetta discografica di Fripp pubblica “Roxy Music”, esplosivo nella sua originalità, seguito poi da “For Your Pleasure”.
La personalità del tastierista britannico è straripante, e i disaccordi col frontman dei Roxy Music non tardano ad arrivare.
Eno lascia la band, ed intraprende un percorso musicale del tutto personale, innovativo ed enigmatico per l’epoca: l’ossessiva ricerca di nuove sonorità, l’approccio matematico/taoistico alla musica, lo studio del linguaggio informatico come strumento musicale iperproduttivo.
Nel 1973 Fripp e Eno sono di nuovo in studio per incidere gli album che getteranno le basi del nostro “The Equatorial Stars”. Vedono così la luce “No Pussyfooting”, di genere ambient elettronico, seguito a breve da “The Evening Star”.

Il ritorno di Fripp & Eno sulla scena mondiale è necessariamente un ritorno alla sperimentazione psichedelica che caratterizza gli inizi del ’70. Discostandosi da sempre dalla componente più ribelle ed istintiva del movimento, il duo britannico è qui voce dell’élite musicale che mira alla perfezione, al lavoro di cesello, ad uno spartito che è specchio dell’interiorità dell’artista, senza alcun compromesso volto alla semplificazione.
“The Equatorial Stars” è un album concepito per essere consumato ad occhi chiusi, al buio di una stanza silenziosa. Eterea e intangibile, l’opera non permette restrizioni di etichetta: se in principio appare doveroso inscrivere l’album fra le fila dell’”ambient music”, l’ascolto prolungato di tracce come “The Lupus”, “The Tarazed” , ci obbligherà presto a smussare gli angoli di ogni denominazione affrettata.
Un album che è un mezzo più che un fine. Nessuna voce umana a guidarci nell’ascolto delle 7 lunghe tracce di quest’opera, ma un numero indefinito di strumenti musicali, di campionature, di “materia ancestrale”.
La psiche umana è una galassia di emozioni, impressioni, e sentimenti diversi. Se metà della nostra vita scivola via nel tentativo di ricondurre tutto a costellazioni di elementi ordinati, l’illusione è presto spezzata dal potere preponderante del caos, l’altro polo di questa lotta impari.
“The Equatorial Stars” è una chiave, uno strumento raro, utile ad aggirare astutamente la barriera schematica attraverso cui vediamo il mondo. Conoscere la realtà attraverso una semplificazione forzata dei suoi elementi è necessario al quieto vivere di ognuno di noi, ma non è saggio privarci della facoltà di “vedere oltre”.
“The Equatorial Stars”, alla maniera kantiana (e superando il filosofo in ottimismo), sembra quasi sussurrare: “ non temete di posare per una manciata di minuti i vostri amati occhiali mistificatori…”

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