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Interviste |
Pubblicato il 05/01/2016 alle 09:04:52 | |
Troppo larghe le divise da marines: Renato Marengo e la nascita del Napule's Power ..
Una foto storica dei primissini anni'80: siamo a Formia e Renato Marengo sorride a Pino Daniele e tutta l'ammuina di musicisti che stavano lavorando al nuovo disco. Chi ha inventato il termine Napule's power?
Una foto storica dei primissini anni'80: siamo a Formia e Renato Marengo sorride a Pino Daniele e tutta l'ammuina di musicisti che stavano lavorando al nuovo disco. Chi ha inventato il termine Napule's power?
Grosse novita' per la N.C.C.P. Nuova Compagnia di Canto Popolare, fiumi di fans per i concerti di Tullio De Piscopo, tributi televisivi su Pino Daniele con alti indici di ascolto ..Nel Febbraio di dieci anni fa, ho avuto modo di intervistare Marengo, ma ora sono piacevolmente costretto a fargli tre domande veloci, proprio per riuscire a comprendere storicamente perchè è tornato di moda il sound rock che giunge dal Golfo di Napoli, considerando anche come il mondo universitario gli stia dando il giusto risalto ... e penso direttamente al lavoro del Professor Lello Savonardo ..
Bentrovato a Renato Marengo, con il quale oggi vogliamo parlare di un argomento specifico... tralasciando per una volta tutte le sue altre mille attività …Mi riferisco a questo prepotente ritorno del sound napoletano degli anni'70, quello denominato
Napule's power... come vedi questa sua rinascita? E' un fenomeno solo musicale o anche culturale?
Negli anni ’70 a Napoli i fermenti sociali, giovanili e culturali in genere erano in piena esplosione, Impegno sociale, presa di coscienza coincidevano pienamente con la protesta musicale e con il bisogno di fare e ascoltare cose nuove... La Napoli della gente onesta e dei giovani cercava di reagire ai disastri ambientali e sociali operati dalla cricca del sindaco Achille Lauro e seguaci vari che avevano letteralmente devastato la città con le loro scellerate speculazioni edilizie, come puntualmente e duramente descritto e denunciato da Francesco Rosi nel suo storico film Le mani sulla città. I guappi , la manovalanza della camorra di allora, aveva addirittura un giorno sequestrato le telecamere e i pullman per le riprese Rai del Festival di Napoli, divenuto da vetrina di melodici successi napoletani, soprattutto ricettacolo del sottobosco più becero di affari e canzoni sempre più brutte .. melense e volgari, neomelodiche, populistiche da sceneggiate e da matrimoni di padrini d’oltreoceano... prive sempre più di quella brillantezza che aveva invece caratterizzato la grande canzone napoletana, progenitrice di tutta la musica leggera italiana e senza , naturalmente , il benché minimo collegamento con le crescenti realtà musicali rock, jazz o di musica popolare che invece già coinvolgeva e interessava, anche a Napoli, giovani e cultori della buona musica internazionale. Nei grandi raduni, nei concerti rock e nelle manifestazioni legate al mondo alternativo (Bee In, Festival d’avanguardia, Feste de L’Unità e dei gruppi extraparlamentari ..), alla protesta giovanile e alla voglia di cambiamento accanto a suoni provenienti d’oltreoceano, a Napoli, anche grazie alla presenza della base NATO, con molti musicisti cui stavano forse troppo larghe le divise da marines delle truppe di occupazione, che suonavano la sera nei localetti del porto affollati di “signurine” e di giovani musicisti ansiosi di scambiare musica con “gli americani”. Questi ragazzi si chiamavano Mario Musella, James Senese, Tony Esposito, Pino Daniele, Enzo Avitabile, Lino Vairetti, Roberto De Simone... Si comincia a respirare suoni d’oltreoceano quasi naturalmente mescolati a quelli mediterranei, a fare un rock contaminato da tammurriate e da jazzrock vesuviano. E’ alla fine degli anni ’60 che, accanto alla mia attività di critico musicale e autore radiofonico e televisivo, grazie alle mie relazioni personali con le major milanesi , che corteggiavano noi incorruttibili e rigorosi critici per farci lanciare i loro big del rock, inizio quasi inconsapevolmente ad agevolare la realizzazione dei primi LP. ai tanti talenti nostrani meritevoli di farsi sentire da tutto il mondo autori di quella nuova musica nata proprio da queste irripetibili contaminazioni, mi improvvisavo produttore. I discografici napoletani (nemo profeta in patria) guardavano con diffidenza questi giovani ribelli che proponevano sonorità mai udite prima, tra melodie, ritmi, jazzrock, etno, funky. Le grandi multinazionali come EMI, Polygram, Sony, Virgin, CGD, ma anche a Roma la RCA, invece anche ascoltando i suggerimenti di alcuni di noi critici, seguiti come santoni dai giovanissimi, che operavamo sia sulla stampa specializzatissima di quegli anni che in radio, iniziarono a rischiare offrendo i primi contratti discografici a questi emergenti molto particolari che facevano una musica unica in Italia, forse mai udita prima dal grosso pubblico ..
Da dove nasce il termine Napule's Power?
Producendo i primi artisti e promuovendoli creai di fatto una sorta di factory nella quale oltre agli artisti da me prodotti davamo “asilo” ad altri artisti geniali e originali che condividevano progetti e aspettative simili alle nostre. Quel gruppo e la musica che scambiavano tra di loro, diede origine a un vero e proprio “genere”, un movimento musicale che battezzai Napule’s Power, ispirandomi, nella scelta di quel nome al Black Power, movimento di neri rivoluzionari, afroamericani degli USA, neri con l’orgoglio di essere neri , diffusosi nel 1966 i cui appartenenti sostenevano un tipo di rivoluzione “di difesa”, anche violenta, ma non di attacco. Come il nostro gruppo selezionato di musicisti era orgoglioso di essere napoletano. Diedi anche un “sottotitolo” al movimento Napule’ s Power … I negri del Vesuvio. Negri, non neri, sia per sottolineare l’emarginazione alla quale il nord dei padroni della musica ci aveva condannati per anni, sia, anche noi con l’orgoglio di essere originali e con quella marcia un più che eravamo convinti di avere. La grande cosa che ne ha fatto un vero e proprio movimento musicale è che questi artisti collaboravano tra loro, sia come autori che, soprattutto suonando e collaborando gli uni con gli altri. Tre anni fa Giovanni Minoli ha dedicato a questo movimento un’ intera puntata di La storia Siamo Noi, affidandomene anche la cura : il titolo di quello speciale è appunto “I negri del Vesuvio”: Tra i tanti artisti, critici intellettuali intervenuti nel programma (che Franco Schipani... il mitico inviato a N.Y. … sta ora rilanciando negli USA, programmandolo nei prossimi mesi su Rai World, e traendone spunto per un suo speciale su Rai 24 Ore) , Gino Castaldo alla domanda di Minoli circa la paternità di questo nome e del movimento Napule’s Power, divenuto negli anni molto popolare, ha risposto che ...in tutte le culture dove si genera una musica rappresentativa di un intero territorio, qualcuno si assume il compito di aggregare e incanalare , questo ruolo per la nuova musica napoletana negli anni ’70 è toccato a Renato Marengo...
C'è stato qualche altro articolo che ultimamente ha sottolineato questi aspetti storici?
A questo punto mi fa piacere citare una frase di un’intervista a Pino Daniele pubblicata due anni fa su La Repubblica, scritta da Ernesto Assante che in occasione di quel grande concerto che Pino tenne al Palapartenope di Napoli (...per 5 giorni con 5000 persone a sera, dove di fatto aveva raggruppato attorno a se proprio i più rappresentativi artisti del Napule’s Power, di cui lui a furor di popolo era diventato una sorta di leader maximo...), gli chiese Ma come avete fatto negli anni ’70 a venire fuori dal mucchio di cantanti, festival di Napoli e canzoni napoletane dominate da sceneggiate e neomelodici, a farvi accettare dalla nascente discografia italiana rock.., Pino rispose ...Dobbiamo tutto al lavoro e alla costanza di un giornalista musicale, che riuscì a portarci dai grandi discografici e a promuoverci: Renato Marengo e a Renzo Arbore che ci aiutò con i suoi programmi... Vado fiero di questi apprezzamenti, fatti da Pino .. perché ho speso forze energie e passione per imporre quel movimento e quegli artisti.
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