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Pubblicato il 20/10/2014 alle 14:02:10 | |
Morrissey, World Peace is None of Your Business Tour (Roma, Atlantico Live, 13-14/10/2014)
Abbiamo assistito al doppio concerto romano di Morrissey, tornato in Italia dopo due anni con il World Peace Is None of Your Business tour, che dopo le date di Roma, Milano, Bologna e Pescara prosegue il 21 ottobre a Firenze e il 22 a Padova.
Assistere a un concerto di Morrissey (nella foto) è un’esperienza culturale e artistica a 360°, non solo musicale, e recensire un (doppio) concerto richiede tempo, perché troppi sono gli input che si ricevono e non è facile metterli per iscritto, ovviamente sarebbe impossibile raccontare tutto, proveremo a ricordare l’essenziale (si fa per dire). Partiamo inevitabilmente dalla notizia che a pochi giorni dal suo tour italiano ha scioccato tutti i suoi ammiratori: il 7 ottobre in un’intervista al quotidiano spagnolo El Mundo, Morrissey ha rivelato di essersi sottoposto nell’ultimo anno e mezzo a ben quattro interventi per curare il cancro, “se devo morire morirò, altrimenti resterò vivo, mi riposerò quando non ci sarò più” ha dichiarato, gettando nello sconforto tutti i suoi fans. Qualcuno ha pensato ad una mossa pubblicitaria di cattivo gusto per fare impennare la vendita dei biglietti, invece credo che abbia detto semplicemente quello che si sentiva di dire in quel momento senza fare troppi calcoli, come sempre del resto. Non è questo il motivo però per cui ho deciso di seguire entrambi i concerti romani di Moz (sperando che ce ne saranno ancora ovviamente), ma perché l’ultima volta che venne a Roma due anni fa (il 7 luglio 2012 alla cavea dell’Auditorium) ero stato impossibilitato ad andare per motivi di salute e volevo rifarmi (solo ieri ho scoperto con grande meraviglia che quel concerto è interamente su YouTube!), il primo e ultimo suo show a cui avevo assistito rimaneva quello di Ostia Antica del 2006 (vedi recensione in basso) e mi aveva lasciato un ricordo indelebile, troppo ghiotta quindi l’occasione del doppio appuntamento all’Atlantico Live per lasciarsi sfuggire anche uno solo dei due concerti che hanno aperto il “World Peace is None of Your Business” Tour italiano (ancora in corso, dopo le date di Milano il 16, Bologna il 17 e Pescara il 19, seguiranno Firenze il 21 e infine Padova il 22 ottobre).
All’ingresso dell’Atlantico troviamo affissi una serie di cartelli che recitano: “La produzione di Morrissey ricorda che è vietato consumare ed introdurre carne o pesce di qualunque tipo all’interno delle aree del locale”, niente di particolarmente strano in fondo se si pensa che Morrissey è quello che già nel 1985 con The Smiths aveva scritto “Meat is Murder” (che dava anche il titolo al loro secondo disco), ma la cosa non è stata accolta troppo bene soprattutto da quelli che al concerto non ci sarebbero comunque andati, sui social network ci sono state molte critiche da parte di persone (anche vegetariani) che trovano questi metodi “nazisti” e poco rispettosi, come se mangiare una bistecca o un panino con la porchetta ai concerti fosse un diritto inalienabile, c’è chi ha scritto che sarebbe illegale e che avrebbe persino chiamato i carabinieri. Noi pensiamo più semplicemente che siccome l’artista è notoriamente vegano chi lo segue può anche fare lo sforzo di mangiare prima o dopo il concerto (per una volta non muore nessuno), visto che poi fuori era pieno di “zozzoni” (a Roma si chiamano così i furgoncini che vendono panini), altrimenti se proprio non se ne può fare a meno c’è sempre la sagra della porchetta, non è obbligatorio andare a vederlo (e chi scrive non è nemmeno vegetariano). Il fatto è che Moz si considera (giustamente) un “capolavoro”, un’opera d’arte, e allora entrare al suo concerto è come andare al Louvre o al Moma, ci vuole rispetto, anche se l’Atlantico Live non è esattamente un museo, ma stiamo parlando di un personaggio che l’anno scorso ha pubblicato la sua “Autobiography” (ancora non tradotta in Italia) per la Penguin Classics, accanto a scrittori come Oscar Wilde, Chaucer e Jane Austin, insomma non l’ultimo cantantucolo uscito da un talent show.
“Il rock è un’arte e va apprezzata nel tempo, nella società e nella cultura in cui nasce” come scrive Ezio Guaitamacchi nel suo ultimo libro, quindi per apprezzarlo in pieno bisogna calarsi nella cultura che lo ha concepito e comprenderla, se non per forza condividerla e farla propria.
Fatta questa lunga ma per me doverosa premessa veniamo quindi al resoconto del doppio concerto.
Quando si spengono le luci, il pubblico viene introdotto nel mondo di Morrissey da una serie di video che costituiscono un’antologia dei suoi riferimenti culturali: il punk-rock dei Ramones e New York Dolls, Nico, Aznavour, toreri incornati, manifestazioni anti-Thatcher, ecc. Dopo un inchino rituale con gli altri musicisti della band: Boz Boorer (chitarre, sassofono), Gustavo Manzur (piano, tastiere, fisarmonica, chitarra flamenco), Jesse Tobias (chitarre), Solomon Lee Walker (basso) e Matthew Ira Walker (batteria e percussioni), il concerto ha inizio con “The Queen is Dead”, brano provocatorio che dava anche il titolo al terzo disco degli Smiths, dove la Regina Elisabetta è chiamata “Sua Infima Bassezza” e viene preso in giro anche il principe Carlo al quale viene chiesto se abbia mai desiderato apparire sulla copertina del Daily Mail con il velo nuziale di sua madre. Il secondo brano in scaletta la prima sera è “The Bullfighter dies” (dall’ultimo disco solista W.P.I.N.O.Y.B.), che la sera precedente ha cantato anche nella fugace e surreale apparizione in tv a “Gazebo”, un brano animalista molto duro contro la corrida dove “il torero muore e nessuno piange perché tutti vogliamo che il toro sopravviva”.
La sera successiva invece c’è un cambio di scaletta e come secondo pezzo viene eseguito “You Have Killed Me” (da “Ringleader of the Tormentors” del 2006), brano intenso e struggente pieno di riferimenti a Roma dov’è stato registrato il disco (“Piazza Cavour, what the hell is my life for?”) e al cinema italiano (nel testo si citano Pasolini e il suo "Accattone", Visconti e la Magnani, al posto di quest’ultima stasera viene citato Fellini, come spesso avviene live “Fellini, you’ll never be…”), un omaggio sentito e dovuto alla città in cui Moz è anche vissuto per qualche anno.
Si prosegue quindi con “Kiss me a lot” (sempre da W.P.I.N.O.Y.B.), scritta con il chitarrista Jesse Tobias e caratterizzata da un riff di fiati che punteggiano tutta la canzone, che affronta con classe ed eleganza il tema della seduzione. La successiva “Certain People I Know” è tratta dal terzo disco solista “Your Arsenal” del 1992, che risente delle sonorità glam e rockabilly del produttore Mick Ronson (a lungo collaboratore di David Bowie, sicuramente tra le principali influenze di Morrissey). “Earth is the Loneliest Planet” (dall’ultimo W.P.I.N.O.Y.B.) è invece un brano caratterizzato da un curioso arrangiamento latin-rock con tanto di chitarra flamenco e fisarmonica (scritto non a caso con Gustavo Manzur, di origine colombiana), in cui si parla di solitudine ed emarginazione.
Si arriva quindi al primo grande successo della serata, la celeberrima “How Soon is Now?” degli Smiths (da “Meat is Murder”), introdotta da un riconoscibilissimo riff di chitarra (creato dal grande talento di Johnny Marr) che fa ballare e scatenare il pubblico presente. Si canta di timidezza volgare, di bisogno d’amore, di speranze svanite e di voglia di morire, e proprio la morte è uno dei temi più ricorrenti nei brani (e nei titoli) della serata. La title track “World Peace Is None of Your Business” è il brano più politico dell’ultimo disco (prodotto da Joe Chiccarelli e registrato in Francia), una ballata anarchica dove si parla di polizia e potere e si invita ironicamente a non preoccuparsi dei problemi del mondo perché “i ricchi devono diventare sempre più ricchi e i poveri restare poveri”, bisogna lavorare e pagare le tasse senza interferire e farsi troppe domande perché “ogni volta che votate supportate il processo”.
“I’m Throwing my Arms around Paris” è l’unico brano dal precedente “Years of Refusal” del 2009, in cui Moz dichiara tutto il suo amore per la città francese.
La prima sera canta anche la rockeggiante “Neal Cassady drops dead” (sempre dall’ultimo W.P.I.N.O.Y.B.) dedicata alla Beat Generation dove si cita anche Allen Ginsberg e si parla ancora di malattie e morte (la seconda sera verrà tolta per far posto a “You Have Killed Me”, e questa sarà l’unica variazione in scaletta tra i due concerti).
Dopo un lungo intro di piano di Manzur con Boorer alla chitarra acustica è la volta della lenta “Troubles loves me” (da “Maladjusted” del 1997, che significa letteralmente “Disadattato”), dove Moz quasi si compiace della sua attrazione fatale per i problemi e chiede di essere consolato e sostenuto, “accontentami, altrimenti uccidimi”, uno dei momenti più commoventi del concerto.
Presenta quindi uno ad uno i cinque elementi della band e parte “Istanbul” (da W.P.I.N.O.Y.B., scritta con Boz Boorer che scherzosamente viene fatto provenire da Kuala Lumpur), dove racconta di un padre alla disperata ricerca del figlio ad Istanbul, con echi di rock orientale. Moz parla di un vecchio pezzo degli Smiths “I know it’s over” (contenuto in “The Queen is dead”) che non canterà mai più ma era stato ispirato da “Cuore” di Rita Pavone, che ringrazia (“so thank you, Rita Pavone!”), prima di presentare “Kick the Bride down the Aisle” (dall’ultimo W.P.I.N.O.Y.B), un brano provocatorio dal testo misogino dove invita a dare un calcio alla sposa in chiesa il giorno del matrimonio per salvarsi prima che sia troppo tardi: “lei vuole solo uno schiavo che si spezzi la schiena per un salario minimo, ti intimerà di riordinare la tua stanza…”.
A questo punto ripropone “To Give (the reason I live)” una cover dal repertorio di Frankie Valli & The Four Seasons (il gruppo americano a cui Clint Eastwood ha dedicato recentemente il film “Jersey Boys” basato sull’omonimo musical del 2006), che nel ’68 è stata incisa anche dai Camaleonti con il titolo “Io per lei”e poi interpretata anche da Patty Pravo, Mina e Ornella Vanoni.
Arriva il momento più duro e difficile della serata, con i filmati dal titolo "Farm to Fridge" (dalla fattoria al frigorifero) che mostrano maiali, polli, galline, oche, mucche, ecc. mentre vengono uccisi e macellati dopo essere stati torturati in modo orribile, che fungono da sottofondo sonoro e visivo per la straziante “Meet is Murder”, celebre pezzo degli Smiths dove si dice che i “lamenti di giovenca potrebbero essere grida umane” (tempo fa Moz aveva paragonato la strage di Utoya ai massacri delle catene di fast food), perché “una morte senza motivo è omicidio”. Si può essere d’accordo o meno ma dopo aver visto questi filmati non è facile continuare a mangiare carne senza almeno chiedersi prima in che condizione vengono allevati e trattati gli animali.
Segue “Speedway” (da “Vauxhall and I” del 1994), un’invettiva contro la stampa dove Morrissey sembra parlare anche dei suoi problemi di salute (“tutte le dicerie che mi tengono a terra non ho mai detto che fossero completamente infondate”, “anche nella mia condizione malata sarò sempre sincero con voi”), con Boz Boorer che alla fine imbraccia anche il sax tenore.
In “I’m not a Man” (dall’ultimo W.P.I.N.O.Y.B.) Moz cita per contrasto tutto quello che un uomo secondo lui non dovrebbe essere (Don Giovanni, Casanova, un insensibile, grande e grosso divoratore di bistecche, maniaco del lavoro, soldato, guerriero, giocatore di hockey, ecc.) come per dire che se questi sono gli stereotipi con cui si è soliti descrivere un uomo allora “io non sono un uomo”, si parla anche del “cancro alla prostata” (sarà autobiografica?).
Il concerto si chiude ufficialmente con la bellissima “Asleep” degli Smiths, una lenta ballad cantata da Moz accompagnato solo dal piano, in cui si rivolge al pubblico dicendo “sono stanco e voglio andare a letto, non cercare di svegliarmi al mattino perché me ne sarò andato, non soffrire per me”, sembra quasi una preghiera, una supplica di chi è stanco non solo di cantare, ma anche di vivere.
Per fortuna esce e rientra quasi subito per l’ultimo bis, il singolo “Everyday is like Sunday” (dal primo disco solista “Viva Hate” del 1988), un inno del pessimismo leopardiano a dispetto dell’incedere epico e solenne (“ogni giorno è come Domenica, ogni giorno è silenzioso e grigio…come desidero ardentemente non essere qui, vieni vieni bomba nucleare…”), una ragazza sale sul palco per abbracciarlo (pare sia sempre la stessa entrambe le serate), Moz alla fine si toglie la camicia e la tira al pubblico adorante, rimane a petto nudo ed esce per l’ultima volta, la scena si ripete identica la sera successiva, il concerto dura un’ora e mezza esatta (breve ma intenso, con Moz ancora in forma smagliante nonostante tutto) e lascia dentro la voglia di rivederlo il giorno dopo e per tante altre volte ancora... "God Save (the King) Morrissey"!
Setlist (Roma, 13-14/10/2014):
- The Queen is Dead
- You have killed me (solo il 14/10)
- The Bullfighter dies
- Kiss me a lot
- Certain people I know
- Earth is the Loneliest Planet
- How soon is now?
- World Peace is none of your business
- I'm throwing my arms around Paris
- Neal Cassady drops dead (solo il 13/10)
- Trouble loves me
- Istanbul
- Kick the bride down the aisle
- To Give (the reason I live)
- Meat is murder
- Speedway
- I'm not a Man
- Asleep
Encore:
- Everyday is like Sunday
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