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Pubblicato il 26/07/2014 alle 07:14:55
Sweet Life Society: lo swing non è mai passato di moda
di Antonio Ranalli
Circensi dell’elettroswing, i Sweet Life Society debuttano con l’album “Swing Circus” (Warner Music), con cui portano avanti un’efficace miscela di swing, electroswing e spettacoli circensi.

Circensi dell’elettroswing, i Sweet Life Society debuttano con l’album “Swing Circus” (Warner Music), con cui portano avanti un’efficace miscela di swing, electroswing e spettacoli circensi.

Da quattro anni i dj piemontesi Gabriele Concas e Matteo Marini portano avanti questo interessante progetto, che miscela sonorità elettronica e musica degli anni ’20 e ’30. A Torino la loro serata mensile “Swing Circus” è ormai un appuntamento di culto. A dimostrazione che in Italia la musica elettroswing sta vivendo momenti felici, trovando anche una dimensione decisamente più musicale e live anche con artisti del calibro di Simona Molinari e Pierluigi “Piji” Siciliani. Successi che dimostrano come in Italia ci sia ancora buon gusto per sonorità vintage e retrò, ma che guardano al futuro.

Come e quando nasce la vostra passione per la musica swing?

Definirla una “passione per la musica swing” non è esatto perché in realtà la nostra è una passione per il vintage in generale e per il modo di fare musica che c’era una volta, dai dischi calypso a quelli rocksteady, gospel e blues. La cosa che ci ha sempre colpiti, che poi è un elemento che cerchiamo di riprodurre nella nostra musica, è il modo di fare le cose nel modo più puro e sentito. E lo swing rientra in questo concetto. Tutto è nato dal farsi stupire da momenti, oggetti, musica, immagini, fotografie e film di varie epoche che possono con i mezzi moderni fondersi e creare un linguaggio nuovo che contiene una parte di memoria condivisa e una parte di novità e di futuro.

Quando avete deciso di unire questa passione per il vintage con la musica elettronica?

Inizialmente in maniera molto spontanea, giocando con il software Ableton Live, che ti permette con estrema semplicità di prendere qualsiasi file audio e di riutilizzarlo, cambiandogli il tempo, una nota ecc. Abbiamo iniziato prendendo canzoni di Ella Fitzgerald, Louis Armstrong e Billie Holiday, remixandole in maniera del tutto libera senza particolari fini. Dopo aver fatto diversi remix partendo da una traccia preesistente siamo passati a mettere su una vera band, che è la nostra orchestra, con cui suoniamo live le produzioni facendo questa commistione tra musica elettronica e musica suonata acustica.

All’inizio avete trovato difficoltà a proporre ai club e quindi al pubblico la vostra proposta musicale?

No, perché in realtà lo facevamo proprio per gioco. Non c’era nessuna strategia. Abbiamo sempre usato SoundCloud per farci ascoltare e la pubblicazione di un nostro remix è avvenuta proprio in questa modalità. Un’etichetta francese, la Wagram, ci ha poi chiesto di pubblicare questo remix nella compilation “Electro Swing volume 3”. In seguito sono arrivati i live in Italia e all’estero e da quel momento si è creata una strategia. Inizialmente è stato un impatto del tutto istintivo.

Com’è stato suonare al Festival di Glanstonbury?

Sono molti anni che suoniamo all’estero perché il nostro percorso è iniziato in senso lato in Francia. L’Inghilterra è uno degli stati più ricettivi, dove stiamo ottenendo ottimi risultati e facendo cose che qualche anno fa non ci saremmo mai aspettati di fare. In generale all’estero c’è una ricettività di tipo diverso. Il pubblico ha voglia di conoscere e si fida di quelle che sono le istituzioni musicali del posto, ovvero i promoter e i festival. In Italia invece devi sempre essere avvalorato dai media. Se il tuo pezzo non passa in radio e se la gente non ha un ritornello da cantare è molto difficile che qualcuno paghi dei soldi per venire a sentirti. Completamente diverso è il contesto fuori dall’Italia dove c’è una cultura musicale e una coscienza molto più radicata. La prima volta che abbiamo suonato a Londra, quattro anni fa, pur non essendo musicisti importanti, avevamo fuori dal locale una coda di persone che pagava 10 sterline per entrare. In quel caso promoter e locale erano una garanzia per chi ci veniva a sentire. Da lì siamo arrivati a Glanstonbury e ad altri festival molto importanti. L’esperienza di Glastonbury e quella degli altri festival inglesi è molto bella perché c’è un vero senso di condivisione e amore per la musica. Il festival è un’esperienza immersiva, fatta di tante cose e possibilità. Un’altra cosa bella è che pubblico e artisti si fondono: entrambi vivono il festival allo stesso modo. Gli stessi artisti si sporcano i piedi di fango e dormono in tenda. Si crea questo senso di verità e condivisione con il pubblico.

Entriamo nei contenuti di “Swing Circus”. Come sono nati i diversi brani?

Sono il risultato di alcuni anni di lavoro che abbiamo fatto in studio e dal vivo. Sono quattro anni che suoniamo con l’orchestra, con cui facciamo concerti regolari settimanalmente. All’interno del disco ci sono canzoni nate 6 mesi fa e altre scritte 4 anni fa. L’album si discosta completamente da quello che può essere un concept album. Qui c’è una selezione di canzoni venute fuori in questi anni. “Swing Circus” vuole essere un punto di partenza e anche un punto di arrivo. E’ il primo disco, che concretizza quattro anni di attività sotto il profilo live, e anche un cappello alle serate “Swing Circus” che facciamo ogni mese a Torino.

Nel disco ci sono diversi ospiti, dalle Sorelle Marinetti alle cantante soul britannica Hannah Williams. Come sono nate queste collaborazioni?

Sono tutte persone che abbiamo conosciuto nel corso delle nostre esperienze in Italia e all’estero. Nel disco hanno suonato 20 musicisti, tra i componenti della nostra band e altri che hanno ruotato intorno al progetto anche dal punto di vista umano. La featuring con le sorelle Marinetti non è nata a caso: con loro ci siamo conosciuti nel 2009. Dopo due anni di contatti gli abbiamo proposto la canzone e l’abbiamo realizzata.

Infine, cosa ne pensate del movimento elettroswing che si è sviluppato negli ultimi tempi in Italia?

In realtà la prima serata elettroswing in Italia l’abbiamo creata noi. A Roma l’hanno bellamente rubata. In Italia la scena è praticamente inesistente. Ci siamo noi, gli Swing Rovers di Palermo, e per certi aspetti Simona Molinari che fa alcune cose in chiave elettroswing. Stanno nascendo molti party e dj che stanno promuovendo questa musica. Sappiamo benissimo, come ci dicono tante persone, che adesso è una moda e come tante mode è destinata a passare. Le serate elettroswing nascono anche perché a tante persone piace vestirsi come negli anni ’30 e ballare i balli di quel periodo. Per quanto ci riguarda non ci si ferma. Bisogna ovviamente agire per creare qualcosa di più concreto.

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