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Recensioni |
Pubblicato il 05/03/2014 alle 16:17:38 | |
Diodato - E forse sono pazzo... una babilonia dalla faccia pulita e con l'anima rock
Chi lo immaginava come l'educato ragazzo della porta accanto rimane sorpreso da quanta grinta pronta ad esplodere sotto la pacata apparenza che inganna. Il cd contiene anche la coraggiosa rivisitazione di Amore che vieni, amore che vai.
Chi lo immaginava come l'educato ragazzo della porta accanto rimane sorpreso da quanta grinta pronta ad esplodere sotto la pacata apparenza che inganna. Il cd contiene anche la coraggiosa rivisitazione di Amore che vieni, amore che vai.
Molte sono state le parole a riguardo di un Festival di Sanremo in calo di ascolti rispetto alle precedenti edizioni, tacciato di essere lento di ritmo e con più spazio alle chiacchiere rispetto alla musica.
Ma al di là delle polemiche, quel che resta a Festival concluso, è l'eco delle canzoni in gara. Il Sanremo del 2014 sarà ricordato, da chi si appassiona alla musica, per le interessanti nuove proposte. Raccontando i disastri della terra dei fuochi, è Rocco Hunt a vincere con il suo modo di rappare in doppiopetto, invece che vestito di larghe magliette da basket e cappellino con visiera.Tra gli interessanti talenti The Niro e Zibba, arriva al secondo posto sul podio dell'Ariston il progetto Diodato e la sua "Babilonia". Una ballata dal cuore nero, come lui stesso canta, che attraverso la voce candida del bell'Antonio, esplode nel ritornello per l'incertezza di un amore senza equilibrio. Diodato cresce a Taranto. Fin da bambino studia musica e all'età di 13 anni forma la sua prima band. Si laurea in Cinema al DAMS di Roma, ed è nella Capitale che inizia a dedicarsi sempre meglio alla sua prima passione che è la musica, esibendosi in moltissimi live nel corso degli anni. Il suo primo EP risale al 2007, e del 2010 è il primo singolo "Ancora un brivido", che gli vale il passaggio su alcune piccole radio italiane. Nel 2013 da alla luce il suo primo album "E forse sono pazzo", nato grazie alla collaborazione con quello che era diventato nel frattempo il suo produttore, Daniele Tortora. Da qui il primo singolo estratto "Ubriaco", il cui videoclip viene selezionato da MTV New Generation. L'estate dello stesso anno lo vede sul palco del Rock in Roma in apertura del concerto di Daniele Silvestri.
Nel suo progetto Diodato è alla voce, cori, batteria e pianoforte, supportato dalla sua potentissima band composta da Alessandro Pizzonia alla batteria e percussioni, Danilo Bigioni al basso, Daniele Fiaschi alle chitarre e Duilio Galioto alle tastiere, organo, pianoforte e mellotron. Diodato ha la faccia pulita e l'eleganza del bravo ragazzo che piacerebbe alle mamme italiane, ma la sua anima è dannatamente rock.
"E forse sono pazzo" si apre con la lussuriosa Mi fai morire, ed è già dalle prime note che si intuisce di che pasta è fatto il lavoro. Chi aveva immaginato Diodato come l'educato ragazzo della porta accanto rimane sorpreso da quanta grinta è pronta ad esplodere sotto la pacata apparenza che, come spesso si dice, inganna. Sessione ritmica incalzante e voce accattivante a sottolineare il tema del testo. Si prosegue con la già accennata Ubriaco: un bellissimo e sofferto tango che racconta in prima persona il tormento di un uomo così affogato in se stesso e nel vino da non accorgersi dell'amata ad un palmo da lui, pronta invece a riportarlo alla vita. L'album contiene anche la coraggiosa, nonchè riuscitissima rivisitazione di Amore che vieni, amore che vai di Fabrizio De Andrè. La stessa viene scelta per la colonna sonora del film di Daniele Luchetti "Anni felici" dell'Ottobre 2013, che vede protagonisti Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti.
Subsonica, Radiohead, Marlene Kuntz, e molto altro. Da questo lavoro viene fuori ogni sfumatura del Rock attualmente conosciuto. Tantissime sono le variazioni di ritmo e le influenze musicali contenute nell' azzeccatissima tracklist. Ottimo è l' alternarsi di pezzi più lenti come il brano che da il titolo all'album, E forse sono pazzo. La dolce malinconia di quel "...lasciami stare...", e l'uso del falsetto, lo fa sembrare uscito dritto da "Shag Tobacco" di Gavin Friday. E non so neanche tu chi sei: una passionale dichiarazione d'amore in cui descrive l'arrendevolezza verso quel sentimento che nasce all'improvviso soffocando ogni minima speranza di ragionamento. Solo una parola per Gli alberi: evocativa. Chitarre elettriche "distorte" la fanno da padrone; testi dettagliati e metriche originali a raccontare le storie quotidiane di chi, come fosse un Dorian Gray dei tempi moderni, guardandosi allo specchio, realizza di dover fare i conti con il tempo che passa. La disperazione per l'amore che sempre fugge e la sfacciata illusione di poter annegare nell'alcohol i tormenti della vita, consapevole che quei turbamenti non troveranno comunque riposo nella notte profonda. E' così che si racconta in prima persona nella bellissima I miei demoni: "cori vaticani" ad esorcizzare la dannazione di un'anima in pena che sembra protagonista dello scritto di un qualche defunto poète maudit perso nei fumi dell'alcohol."Patologia", "Panico", "Se solo avessi un altro", sono pezzi "ansiogeni" in un rock'n'roll in crescendo, dove canta la rassegnazione al tradimento e il lato oscuro dell'incertezza di una vita sempre al limite, contrapposta all'ordinarietà di chi si comporta tra le righe.
E poi naturalmente Babilonia. Non a caso il titolo del pezzo presentato a Sanremo potrebbe riassumere il concetto del disco: il caos, ma qui sicuramente ben organizzato e che è pur sempre movimento, regna sovrano nella musica e nei testi di Diodato, arrivando dritto al cuore di chi lo ascolta. Una delle migliori produzioni dell'ultimo decennio.
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